Incoming, miniera d’oro tutta da sfruttare

L’incoming è la miniera d’oro ancora parzialmente sviluppata dalle agenzie di viaggio. Sono diverse le competenze latenti che aiuterebbero a farne un business primario: di comunicazione, di relazione, di analisi del mercato. A quest’ultima abbiamo pensato invitando Valeria Minghetti, senior researcher del Ciset a NF16.
La certezza che il Belpaese è in cima ai desideri di viaggio di tutto il mondo, e nemmeno le tensioni fermano i flussi, può essere la buona ragione per approfondire. Il 2015 ha registrato un +4,3% degli arrivi internazionali e positivi sono i segnali di inizio 2016.
“Attendiamo ancora i dati di agosto, ma l’estate confermerà un andamento molto buono in generale, a conferma delle previsioni evidenziate dalla ricerca congiunturale Ciset a inizio stagione – argomenta la docente -. Ad attrarre gli stranieri, secondo gli operatori, oltre alla bellezza del nostro Paese e alle offerte, anche il fatto che l’Italia sia sentita come una destinazione sicura. Questo spiegherebbe il percepito forte aumento dei turisti francesi”. 
Come capitalizzare queste tendenze? Utile l’analisi che Minghetti fa a Bergamo, giovedì 29 settembre, sul profilo del turista che sceglie l’Italia, evidenziando valori economici (quanti sono, quanto spendono per provenienza), mercati emergenti e consolidati, le differenze tra incoming intermediato e indipendente. La forte concentrazione della domanda in 3-4 regioni “fa pensare a un prodotto tuttora ‘tradizionale’, basato sulla capacità attrattiva delle capitali culturali – spiega -. Ma le regioni del Sud e delle isole non hanno praticamente alcuna rilevanza, a parte un po’ la Campania, così come la fascia costiera adriatica centrale (Marche, Abruzzo) e altre regioni del Nord”.
Come trasformare le risorse in un prodotto attraente? “Molto spesso gli operatori, soprattutto pubblici, pensano che se una risorsa ha un valore intrinseco attragga turisti di default, e soprattutto che attragga tutti nello stesso modo: tedeschi, cinesi, statunitensi – conclude Minghetti -. Ma ogni cultura ne dà una “lettura” diversa, secondo propri filtri, e questo incide ai fini promozionali e di comunicazione”.

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