App un gioco che vale la candela. Specchio della nostra società, di una filosofia di fondo che esaspera certi concetti e di una “strategia”, solo apparentemente invisibile, che porta l’utente verso orizzonti forse sconosciuti, ma interpretabili.
In ambito turistico cresce l’offerta ed il mercato è saturo. Basti pensare che “lo spazio sul telefono è sempre meno per poter scaricare le app – osserva Pietro Ferraris, presidente Startup Turismo e founder di Map2App – e così il numero di app cresce e il numero di download cala. Gli utenti sono sempre meno volenterosi a scaricarsi app che servono sempre di più sui brevi periodi”. Aspetto da non sottovalutare e che va “a vantaggio di quelle app che coprono un ambito più ampio”. Sono 4 gli ambiti in cui un’applicazione si esprime: 1) ispiration-discovery; 2) fase di booking, 3) fase di post booking, comprende la sfera dell’acquisto delle ancillary, dal biglietto per il museo al ristorante, all’esperienza locale. Per esempio con Musement, la vendita dell’esperienza si aggancia alla fase del so dove sto andando, per questo cerco cosa fare in loco. Lastminute.com “ha investito molto sulla fase del post booking, per poterlo fare da mobile”. Quarto ambito è l’on destination.
La tendenza attuale è sviluppare in un’unica app tutti e quattro i punti. Una prima risposta ad uno spazio di memoria che si riduce sempre di più e un modo per superare un limite, ossia il fatto che le app non siano omnicomprensive. Ferraris cita Kayak, un metasearch, che come tale ha solo la fase di booking, “ma ha introdotto la possibilità di inserire la voce ‘ovunque’, quando si scrive la destinazione, il che la lega alla fase dell’ispiration”, indice del fatto che gli ambiti si stanno attraversando in modo trasversale.
Un panorama vasto
Quante app ci sono? Centinaia di migliaia e il travel rappresenta il 15%. Si comprende quindi come sia difficile emergere. Il segreto? “Creare un valore che non esiste già”, risponde Ferraris. L’user medio “è sempre più competente e la sfida è stupirlo”, aggiunge Stefano Corti, social media manager, community manager, scouting di Startup Turismo. Velocità ed immediatezza sono i must. L’app che vince è quella più veloce. “Ruota tutto intorno alla concezione del tempo, ad averne sempre di più a mia disposizione”.
E la qualità è preservata? Corti osserva che in alcuni casi la velocità non va a scapito di quest’ultima, pensiamo a McDonald’s, la velocità di servizio al tavolo tramite le colonne digitali non toglie nulla all’hamburger, “in altri casi andare di pari passo è una bella sfida”.
Il target
Il target delle app qual è? L’età vincola sull’uso delle app mobili. Per l’Italia parliamo di una fascia che va dai 20 ai 45 anni, più uomini (55%) che donne (45%), ma le percentuali dipendono dai mercati di riferimento. “La Spagna – osserva Ferraris – è più simile all’Italia, mentre nel caso di mercati quali Uk e Germania l’età si amplia verso l’alto”.
Cosa si chiede oggi ad un’app? Se si considera il popolo dei Millennials sono un target certamente più attivo, ma si confronta con il problema del “trust ad acquistare da app. Le conversioni da web sono più alte”, basti pensare che lo schermo del pc è più grosso e quindi il confronto di soluzioni differenti, per esempio sul fronte voli, diventa più complicato da mobile in quanto lo schermo è più piccolo. Quindi siamo di fronte ad un problema pratico e di fiducia. Fatto salve alcune tipologie. Per esempio Hotel.com, nato “come mobile search, dove si può trovare un hotel all’ultimo minuto on destination”, quando sono già in viaggio e quindi quando ho con me il mio dispositivo mobile pertanto mi è più facile cercare l’hotel “oggi per oggi”.
Diverso il caso di Booking.com. Questo ci fa comprendere che “progettare servizi che l’utente vuole all’ultimo minuto ha senso da mobile”.
Il valore
E’ interessante osservare che un’app raggiunge “il suo massimo valore grazie alle capacità del telefono, in relazione alla posizione, a come ci si sposta, alle notifiche in real time”, sottolinea Ferraris. In pratica l’app offre ciò che il web non è in grado di fare e in questo caso lo batte.
Per esempio se l’applicazione sa che devo andare a Londra, mi proporrà “il trasferimento all’aeroporto e dall’aeroporto al centro città”, ciò che non può accadere con il web. Pertanto aggiungo valore se lo strumento “mi dà delle info che il web non può avere”.
A che tipo di bisogno rispondono le app? Alla prenotazione non tanto, visto che questo tipo di azione converte meno rispetto al web. Piuttosto “la fase di ispiration è sempre più importante”, sottolinea Ferraris. Ed è legata al tempo che ho a disposizione, “se ho del tempo libero guardo per le prossime vacanze. L’on destination è ben gestita da mobile, in quanto mi offre suggerimenti o servizi quando sono in loco”. Tra i trend nuovi da tenere d’occhio c’è la fase del discovery via mobile. Infatti, “le ricerche da mobile hanno sorpassato quelle da desktop”. E questo perché il mondo si sposta verso le app, “l’user medio ha in mano un telefono non un laptop – osserva Corti -. Tutto si sta incentrando sul concetto del ‘durante’ il momento del viaggio, sul servizio e sul fatto che ci si muove con il telefono in mano”. Allora tanto vale che ci si concentri su questo strumento, che attraverso le app mi permette di leggere la realtà che ho di fronte anche da un punto di vista culturale e turistico. “L’app che mi racconta è un’opportunità”. Pensiamo, per esempio, alla realtà aumentata.
Il fronte hotellerie
C’è stato un periodo in cui la moda per il singolo hotel era quella di fare l’app e il sito, “ma andrà a sparire – ipotizza Ferraris – in quanto è un investimento piuttosto oneroso”. A quanto si apprende nel mondo dell’hotellerie la produzione di singole app per singoli hotel “è un trend contenuto”. Ci sono app che tendono a sostituirsi alla funzione del concierge, ma ci si chiede se è una figura che sparirà davvero? E’ una visione futuristica, ma che potrebbe accadere per alcune catene, ipotizza Ferraris. Quali i trend in atto? Per esempio, dopo la fase della prenotazione della struttura, quella di dare una guida della location. Il che implica un maggior tempo di utilizzo dell’app. L’applicazione mi informa sulle news, sugli eventi nella zona. Ci sono casi di esperimenti che offrono la possibilità “di ordinare in camera, grazie ad un servizio di concierge. Ci sono startup che lavorano per offrire servizi all’interno dell’hotel, ma è difficile in quanto si lavora con un mondo frammentato e il grosso delle revenue viene dalla prenotazione”, sottolinea Ferraris. E’ interessante osservare che Musement ha lanciato il servizio Chatbot nel settore tour&activities. Gli utenti che tramite Facebook Messenger chiedono a Musement informazioni su cosa fare in una città sono messi in contatto con un concierge virtuale, un’intelligenza artificiale, (un bot) che, utilizzando un linguaggio naturale, consiglia le migliori attività.