Faccia a faccia tra agenzie di viaggio e Generazione Z

E’ un target totalmente dipendente dal digitale, multi tasking, in cerca di stimoli e di personalizzazione nell’acquisto. La generazione Z o iBrains, che identifica le persone nate dopo i millennial, rappresenta un campo ancora poco esplorato dal settore travel in Italia e con due caratteristiche da tenere in considerazione. Ha pochissima concentrazione e dagli interlocutori pretende velocità.
Ma attenzione, non sono propriamente distratti, come spiega l’account manager di GfK Stefano Villa: “L’attenzione è fatta di micro momenti, ad ogni angolo del percorso diminuisce e viene catturata da altro”. Elemento quest’ultimo che detta legge per le nuove strategie di marketing e comunicazione, in considerazione del fatto che “non cercano il brand, la marca sono loro stessi e un marchio sconosciuto attira fiducia anche più di quello noto, perché accompagnato da un’e-sperienza unica e perché ispira nuove opportunità da cogliere”. E’ dunque una società di persone che risponde ad altri parametri di loyalty: “Deve instaurarsi una relazione utile e profittevole con l’azienda – continua Villa, che ha XX anni -. Inoltre, non ci fidiamo di chi non cambia; siamo alla ricerca dell’unicità. Siamo una collettività: ‘noi’ al posto dell’io è il nostro linguaggio”.
Di come cambia la shopping experience e se la distribuzione turistica è pronta a vendere viaggi alle nuove generazioni di ventenni abbiamo parlato all’ultimo MARTEDIturismo, 32esima tavola rotonda di Guida Viaggi, con la collaborazione di GfK. “I giovani stanno tornando in agenzia – ha spiegato Fabrizio Marazzi, group account manager technology di GfK –, ma il punto vendita deve cambiare il suo approccio. I consumatori iBrains cercano ispirazione e opportunità da cogliere e il negozio non deve esclusivamente raccontare la propria storia, ma instaurare una conversazione su e con loro, utilizzando il linguaggio corretto per quel target, facendolo interagire, più di quanto si sia fatto in passato”. Chi saprà rispondere in modo adeguato, avrà un bacino d’utenza pronto a spendere e che interagisce con entrambi i canali – online e offline – in modo dinamico.

Shopping experience, come cambia
Entro il 2020, cioè fra soli due anni, il 40% dei consumatori europei, statunitensi e dei Paesi Bric sarà composto proprio da questi centennial, che Wikipedia colloca tra i nati dalla seconda metà degli anni novanta fino al 2010. Di fatto è il primo gruppo immerso totalmente negli smartphone e nei social media, i più nativi digitali di tutti che guideranno un’altra “disruption” nel commercio. “Sempre connessi, vivono in corsia di sorpasso”, osserva l’analisi globale di GfK. Per incontrare i loro gusti dobbiamo comprendere come sta cambiando l’esperienza di acquisto: “Le tecnologie che stanno influenzando la shopping experience sono la realtà aumentata, quella virtuale, il riconoscimento facciale e la robotica”, argomenta Marazzi. Questo produrrà un impatto sui negozi che dovranno migliorare il “look and feel”, diminuire o aggiornare lo staff, personalizzare di più il marketing. Mentre i colossi dell’e-commerce nativi come Amazon aprono location fisiche, la grande distribuzione spinge le vendite online: vedi Walmart negli Stati Uniti, che cresce del 40% sul web e si allea con Google pur di sovrastare il rivale. Una rincorsa a presidiare i canali, prima che un gigante degli acquisiti fagociti l’altro.

Digitalizzare
il negozio

“Integrare tecnologia nel punto vendita per differenziarsi dai concorrenti rinforzerà la shopping experience e anche il brand – continua il manager -. Siamo alla digitalizzazione del negozio nell’automotive: a Berlino, Londra e Mosca la casa automobilista Audi apre autosaloni senza macchine esposte, ma dove si prova l’esperienza di personalizzarla”.
Il futuro dello shopping sarà quello di offrire in negozio tutte le innovazioni introdotte dall’online. Perché? Perché le giovani generazioni vogliono provare prima di possedere, e per soddisfare esigenze di maggiore personalizzazione: “Il nuovo consumatore dice che sarebbe più fedele a un marchio se gli desse consigli o l’aiutasse a dar forma ai prodotti che intende acquistare”.
Da gennaio Rayban nel distretto di Soho, a New York, permette di costruire i propri occhiali dopo la visita oculistica. Sonos, specializzato in strumenti audio, fa ascoltare solo la musica e si acquistano i costosi apparecchi esclusivamente online. Nel Regno Unito, su Johnlewis.com si ordinano i regali e si ritirano nel punto vendita.

Fotografia
delle adv italiane

Come si presenta di fronte a questi cambiamenti della shopping experience il settore delle agenzie di viaggio? Il ritratto è di una categoria piuttosto tradizionale, ancorata a pratiche consolidate e poco digital. Di qui la prima spaccatura con i nuovi consumatori. “Il telefono è per la distribuzione turistica ancora il mezzo di contatto più utilizzato, mentre l’indirizzo e-mail ha un ruolo da protagonista – spiega Daniela Mastropasqua, industry lead travel & hospitality di GfK -. Facebook, Instagram e i gruppi Whatsapp rappresentano i social media principali. 
Il 73% ha un software gestionale (era il 64% nel 2009, ndr), ma solamente il 29% compi-
la una scheda cliente con i dati quando questo entra in negozio. Un 30%, poi, lo archivia in un software Crm e il 45% asserisce di effettuare campagne di marketing con questi contatti”.

Altri dati utili ad inquadrare il comparto: l’84% è aperto anche il sabato, l’88% ha vetrine su strada (era il 91% dieci anni fa) e il 24% ancora tre di esse. Il 74% ha un sito internet, o forse la notizia è quel 26% che non ce l’ha ancora.                                  

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