Un’America del turismo decisamente diversa da un anno fa, quella che abbiamo incontrato a Ipw a Denver.
Fugati tutti i timori di ostilità verso i viaggiatori da parte dell’amministrazione Trump, le preoccupazioni di oggi dell’industria riguardano sostanzialmente questioni di competitività e ricerca di fondi per mantenere l’organizzazione di promozione. Proprio come accade (o dovrebbe accadere) in un’azienda, la destinazione Stati Uniti si preocupa di non stare al passo del- la crescita mondiale del turismo e del rischio che una concorrenza limitata nel tra-sporto aereo causerebbe all’economia.
Ed ecco che pur nell’epoca repubblicana e con gli scudi alzati dalle principali aerolinee a stelle e strisce, gli Open Skies con gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar sono stati riconfermati. A prova del fatto che “business is business”, la firma dell’accordo viene salutata con estremo favore dalla Us Travel Association, la quale rappresenta le imprese di turismo. Il presidente Roger Dow si è detto colpito positivamente dall’intesa raggiunta, che risolve un’aspra controversia iniziata nel 2015 da Delta, American Airlines e United, nell’intento di proteggersi dall’avanzare dei vettori arabi sulle rotte verso gli Usa. “Un’ampia scelta di compagnie aeree, domestiche oppure internazionali, rappresenta una componente cru- ciale per la creazione di posti di lavoro, Pil (che Trump vuo-le fare crescere del 3%) e crescita delle esportazioni – ha osservato Dow -. Apprezziamo profondamente che l’amministrazione abbia strutturato un contesto che onora questi ragionamenti e sembra accontentare tutte le parti”.
Il Governo degli Usa ha firmato con il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi quello che si definisce un “Registro di discussione” dove sono precisati i comportamenti e gli impegni dei Paesi rispetto alle attività di connessione aerea, con la finalità di “risolvere le preoccupazioni sollevate dai vettori statunitensi”. Il documento sancisce le intenzioni di entrambe le parti di riaffermare il patto del 2002, che aveva rischiato di essere stralciato.
Market share long haul
Le perplessità sulla perdita di market share nel mercato delle destinazioni di lungo raggio è l’altro tema di confronto con la Casa Bianca. La quota è scesa dal 13,6% all’11,9% negli ultimi due anni. “Le perdite economiche, in termini di spesa turistica, sono pari a 32 miliardi – argomenta Dow da Ipw a Denver -. Anche 100mila posti di lavoro sono a rischio”. Per attirare l’attenzione della política su questo punto è nata la nuova lobby intersettoriale Visit Us Coalition.
Rifinanziamento Brand Usa
Dal 2020, Brand Usa non riceverà più i fondi direttamente dal Governo, ma verranno allocati in un paniere insieme alle risorse destinate a molteplici enti. La nuova procedura torna a gettare qualche ombra sulla continuità dell’ente di promozione turistica. Anche se, effettivamente, si tratta di prassi, in quanto ogni cinque anni l’organismo creato da Barack Obama è oggetto di riconferma governativa. Autorizzato nuovamente nel 2015, il Congresso ha più recentemente assicurato che il sistema di finanziamento rimane l’Esta dei viaggiatori fino al 2027. E questa è una buona notizia. La novità consiste nel fatto che la raccolta non verrà assegnata esclusivamente a Brand Usa, bensì finirà in un paniere poco gestibile in autonomia.
Dal 2013, l’ente pubblico-privato ha contribuito ad aumentare i visitatori internazionali di 5,4 milioni di unità, che hanno speso 17,7 miliardi di dollari.