Si parla tanto di attrattività dell’Italia sul fronte immobiliare-alberghiero ma la verità sembrerebbe un’altra. Gli investitori sono tiepidi nei nostri confronti e a parte Milano, Milano e ancora Milano, insieme a Roma, Firenze e Venezia, il resto d’Italia conta ancora troppo poco nelle mappe dello sviluppo. Iter burocratici infiniti, strutture piccole, scarsa sinergia con le istituzioni, prezzi alti, carenze infrastrutturali e vincoli ambientali tra i punti di debolezza.
“Le Sgr parlano di futuro dell’investimento nel settore leisure ma quelli concreti sono pochi, tanti iniziati si sono poi arenati tra lungaggini burocratiche e altri impedimenti – esordisce Carlo de Romedis, ex direttore generale di Italia Turismo, ora responsabile della divisione alberghiera in Coldwell Banker Commercial, che ha organizzato in ambito Re Italy un panel dal titolo: “Il prodotto Mare Italia: forza e debolezza, operatori a confronto” -. Questo panel intende esplorare con i gestori alberghieri quali aspetti bloccano la crescita”.
Il manager ha citato un dato che fa riflettere: “Su 11 miliardi di investimenti nel settore immobiliare, soltanto il 10%, quindi un miliardo, riguarda l’hospitality, di cui il 13% al di fuori delle città e il 70% si concentra nelle 4 città famose”.
Qui i dettagli sulle testimonianze di Palmiro Noschese, area director Italy di Meliá Hotels International, Raniero Amati, co-founder di JSH Hotels Collection, Ivo Pezzei, director business development di Falkensteiner, Roberto Micciulli, ceo e amministratore delegato di Italian Hospitality Collection, Stefano Maria Simei, direttore commerciale di TH Resorts. l.d.