Il promotore diventa “consulente a progetto”

Un promotore a progetto. Una tesi ardita? Non più di tanto, piuttosto sembra essere una evoluzione figlia dei tempi. Ad analizzare come è cambiata la figura del commerciale, oggi, è Gian Paolo Vairo, founder & ceo di TrustForce.

Il manager fa presente che "c’è un profondo cambiamento in atto. Si sta passando da un promotore integrato con l’azienda (intesa come tour operator, ndr) e parte di un progetto in cui la rete commerciale era l’anello di congiunzione con la distribuzione, ad un promotore più separato dall'azienda, una sorta di appendice territoriale della stessa – osserva il manager -. Da dipendente o collaboratore diretto sta diventando sempre più un consulente, una figura che deve lavorare in autonomia”.

Lo scenario attuale è dettato dal fatto che la maggior parte dei t.o. presenti sul mercato “guarda al commerciale con un approccio a breve termine e questo determina un turn-over troppo intenso”, prosegue il manager. "Da una strategia a lungo termine con annesse attività formative e di sviluppo professionale", secondo Vairo “si è passati ad un rapporto più tattico tra azienda e promotore, dove su quest’ultimo si investe a breve termine. Serve al t.o. soprattutto per gestire il rapporto con le agenzie e non più per trasferire i valori dell’azienda”, constata Vairo.

Cosa avviene dal fronte dei t.o? “Ogni anno si interroga sulla figura del promotore, se serva o meno” e la risposta dipende dal risultato della stagione. Non solo, ciò che si avverte è “una minore volontà di investire in questa figura”, per un motivo che Vairo definisce “tecnico" legato al fatto che "le adv sono sempre le stesse e un mercato che non cresce non richiede un maggior numero di figure commerciali. Oltre a non crescere, i t.o. usano il promotore come un consulente a progetto che deve portare risultati in tempi brevi, (anno su anno), obiettivamente molto più difficili da raggiungere”.

In questo nuovo scenario cosa deve fare il promotore? "Serve un cambio culturale e di passo. Da un lato deve essere capace di modificare il proprio approccio, sfruttando anche i canali social, ma soprattutto deve diventare flessibile, ovvero capace di promuovere prodotti e servizi tra loro diversi. Infine, deve modernizzarsi, profilando e approfondendo la conoscenza del proprio mercato".

Attenzione però, perchè per fare tutto questo, "deve attrezzarsi da solo, non si può aspettare che sia l’azienda a dargli gli strumenti”. E’ questa la novità rispetto a prima e non necessariamente è un aspetto critico del quadro, è solo espressione di un cambiamento, appunto. s.v.
 

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