Una delle prime indagini svelate in occasione della fiera di Londra ha riguardato il tema scottante del post Brexit. L’esito sembrerebbe allarmante, con il rischio ipotizzato che circa 20 milioni di inglesi possano voltare le spalle all'Europa come destinazione di vacanza. Da tenere presente che nel 2017, secondo i dati dell'Office for National Statistics, i britannici hanno effettuato 46,5 milioni di vacanze "overseas", di cui il 75% aveva come meta una destinazione europea.
“Se non ci saranno degli accordi precisi nel dopo Brexit, i turisti anglosassoni dovrebbero pagare 52 sterline di visto Schenghen per soggiornare in Spagna, Grecia, Portogallo e Italia”, rende noto l’indagine promossa dal World Travel Market. Il visto permetterebbe infatti l'accesso per 90 giorni nelle destinazioni europee. Condotto su un campione composto da 1.025 vacanzieri, il sondaggio ha mostrato che il 58% dei rispondenti prenderebbe in considerazione una meta alternativa in caso di pagamento del visto. E si affaccia l’opzione due: nel caso in cui fossero esentati dal pagamento, “gli inglesi dovrebbero comunque versare 7 sterline per il permesso d’ingresso con un piano Ue separato che entrerebbe in vigore nel 2020”, rende noto l’analisi.
Una prospettiva che non trova d’accordo l’ambasciatore italiano a Londra, Raffaele Trombetta, da noi intervistato. "Troverei alquanto strana l'introduzione di un visto per i turisti Uk che nel post Brexit si sposteranno per vacanza nel nostro Paese e, più in generale, in Europa". "Con il mercato britannico – ha aggiunto l’ambasciatore – siamo legati da un discorso di vicinanza e di partnership consolidate negli anni. Sono oltre 4 milioni i turisti che ogni anno vengono a visitare l'Italia". Sulle principali leve di attrazione per i flussi britannici, l'ambasciatore cita il cibo. "In chiave 2019 – ha dichiarato – abbiamo in programma tutta una serie di eventi legati a Leonardo che affronteremo come sistema Italia insieme all'Ice".
Sull’argomento si è espresso anche il ceo di Etoa (European Tour Operators Association), Tom Jenkins: “Il problema oggi è un altro. Con la Brexit – ha dichiarato Jenkins – non temiamo tanto l'introduzione di visti che, a mio parere, non ci sarà, ma la burocrazia connessa all'ingresso dei turisti Uk che dovranno seguire, per l'immigrazione, una corsia non Ue". Jenkins spiega che è già stato stimato che questa procedura allungherà i tempi di 90 secondi a passeggero. "Per comprendere il fenomeno bisogna immaginare quando ci sono 200 o più persone da gestire. I Paesi europei dovranno attrezzarsi con più personale per evitare le code. Ci aspettiamo una decisione a livello Ue per comprendere meglio l'impatto".
Il tema si innesca in una fase fervida per il business incoming del nostro Paese. L'Italia, secondo Jenkins, deve superare problemi legati alla logistica, ma per il resto "a livello di qualità e varietà d'offerta non ha nulla da invidiare ad altre destinazioni ed è molto apprezzata, in particolare dai turisti provenienti dai mercati lontani".
Tra le problematiche ricorrenti che riguardano l'incoming gestito dall'Italia torna come sempre quello dei bus turistici a Roma.
"La capitale italiana – ha detto Jenkins – è sicuramente molto congestionata, ma non è una soluzione 'bloccare' i pullman dei turisti. Attualmente – e illogicamente – il solo mezzo che i turisti americani o giapponesi hanno per girare in città è rappresentato dai taxi, con i conseguenti disguidi a livello di traffico e di inquinamento".