Thomas Cook in crisi? E’ la prova che gli sconti non “pagano”

Chi è causa del suo mal, pianga se stesso. E’ questo il messaggio che sembra trasparire dalle parole con le quali Nick Wyatt, responsabile del settore turismo di GlobalData, ha commentato i risultati economici deludenti di Thomas Cook. Il tour operator ha infatti recentemente annunciato una perdita, tasse comprese, da 163 milioni di sterline, con i ricavi scesi del -76% rispetto allo scorso anno con un utile operativo derivante dall'attività di t.o. inferiore di ben 88 milioni di sterline, che Thomas Cook ha giustificato con gli sconti da essa applicati su larga scala sul late market.

Il manager di Global Data ha spiegato che “questi risultati illustrano bene la necessità di un ripensamento delle politiche sui prezzi”. E’ stato lo stesso Wyatt a spiegare il senso del suo giudizio: “Al momento, i viaggiatori credono di poter acquistare una vacanza fantastica ad un prezzo economico, se hanno la pazienza di aspettare abbastanza a lungo prima di comprare”.
Il perché di questo sentiment? E' presto detto: “Le forti scontistiche degli ultimi anni – rimarca Wyatt – hanno alterato le aspettative dei consumatori: ciò che i consumatori pretendono – ad esempio- per una vacanza da 600 sterline, supera di gran lunga quello che si aspettavano 10 anni fa. Thomas Cook, insieme a molti altri operatori, è vittima di questo enorme sforzo sui margini”.

"L'ineluttabilità degli sconti – ha rincarato Wyatt – ha creato un senso del rischio in virtù del quale i consumatori non prenotano più quanto prima possibile e 'aspettano'. Sarebbe importante – anche se rischioso – cambiare rotta per primi, ma l'introduzione di una maggiore disciplina dei prezzi e la riduzione degli sconti aiuterebbero le aziende a migliorare i margini. Thomas Cook può cambiare questa dinamica di mercato e alterare l'equilibrio, ma è ancora da vedere se sarà abbastanza coraggiosa da farlo". g.m.
 

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