Moby verso il concordato

"La guerra delle perizie. Delle lettere di diffida, delle trattative sul filo tra avvocati, appena riprese. E poi il rischio di concordato fallimentare. Le istanze di default avanzate da alcuni fondi speculativi, titolari di poche posizioni su un bond da 300 milioni collocato nel 2016 ad un tasso del 7,75%. Il gruppo Moby è al centro di una partita su più livelli, il cui esito non è scontato. A parlarne Il Corriere della Sera, che così prosegue: "Lo scenario peggiore per la famiglia dell’armatore Onorato è portare i libri in tribunale. Con una richiesta di concordato per tutelarsi dalle richieste dei creditori. Che non si sono mai palesate, ma restano possibili sul medio termine visto lo scenario di crisi prospettica avallato dal tribunale di Milano appena un mese fa. Giudizio richiesto a seguito delle istanze di fallimento (che il foro milanese ha rigettato) avanzate da alcuni fondi che hanno comprato a sconto sul secondario, al 30% del valore nominale, 1,4 milioni di obbligazioni approfittando del rischio derivante dalla possibile incapacità di rimborso".

Solo qualche giorno fa, ricorda il quotidiano, il gruppo – che controlla Cin-Tirrenia che opera in regime di continuità territoriale con le maggiori isole italiane assicurando il collegamento grazie ad una convenzione dello Stato che vale 75 milioni ma in scadenza a luglio 2020 – aveva trovato l’armatore danese Dfds pronto ad acquistare i due natanti più prestigiosi della flotta per 137 milioni, assicurandole una plusvalenza di 75 milioni rispetto al valore di libro. "Soldi necessari per Moby per rimborsare circa 66 milioni di debito bancario verso gli istituti con cui è esposto (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Ubi, BancoBpm e Mps) – prosgue Il Corriere – la cui prima rata di rimborso è prevista a febbraio dell’anno prossimo. Moby ha sempre onorato le sue scadenze, non ha debiti nei confronti di Agenzia delle Entrate, Inps e Inail, non presenterebbe certo le condizioni di società a rischio default secondo la disciplina della legge fallimentare che però sta mutando rapidamente ed è attesa alla nuova normativa, dell’agosto prossimo, sulla crisi d’impresa che mira a tutelare i creditori molto prima che un’azienda sia costretta a portare i libri in tribunale".

La transazione con i danesi si è però arenata perché "Unicredit, che agisce in qualità di 'agente di sicurezza' non solo delle banche ma degli obbligazionisti coinvolti, ha ritenuto di non dover liberare le due navi dalle ipoteche", spiega il quotidiano. "Ritiene che ciò determini un impoverimento del patrimonio aziendale a garanzia del debito. I legali di Moby ritengono invece sia un’occasione da cogliere e a supporto hanno portato una serie di perizie, che Unicredit contesta perché non le ritiene indipendenti. La decisione ha comportato l’impossibilità da parte dei danesi di acquistarle e rischia di portare Moby dritta al fallimento, come rivela anche l’armatore Vincenzo Onorato, che parla di '5mila famiglie a rischio come alcune tratte passeggeri e merci da dover cancellare perché non più sostenibili'. Salterebbero alcune per Cagliari ed Arbatax. Servirebbe riannodare il negoziato, anche perché il 31 ottobre scadevano i covenant, clausole vincolanti per l’impresa. Da qui l’apprensione di Onorato che sostiene di essere vittima di una manovra dei fondi speculativi per sottrargli il controllo dell’azienda".

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