Eventi, congressi e fiere, il Dpcm blocca tutto

Fino al 14 luglio niente fiere e congressi “e ferme anche le discoteche”. Lo scopriamo in anteprima nel Dpcm che tutti sapevano sarebbe stato siglato per oggi dal premier Giuseppe Conte. Slitta quindi dal 15 giugno alla metà di luglio la riapertura di un’accozzaglia incomprensibile di imprese in cui viene dimenticato a sorpresa un mondo immenso, che solo per gli eventi e i congressi conta 13.000 aziende, ha un fatturato da 25 miliardi e un indotto da 85 miliardi per 650.000 posti di lavoro.

È stata una settimana di attenzione su questo comparto al culmine di un periodo difficile che ha visto Federcongressi & Eventi, agguerritissima, bussare sulla spalla di coloro che nel Dpcm sulla riapertura hanno pensato a tutti, finanche alle sagre, ma non a loro. Finalmente seduti al tavolo della consultazioni hanno rilevato come fosse impossibile non avere delle linee guida unitarie (non diverse di Regione in Regione) indispensabili per l’attrazione di congressi internazionali nel nostro Paese. Tutto sembrava giungere finalmente a  termine in una risolutiva Conferenza Stato Regioni, quella del 9 giugno, per la riapertura il 15 giugno, con una serie di regole omogenee nel Paese e soprattutto senza limiti di numero di partecipanti agli eventi, in osservazione delle giuste distanze, un fattore ritenuto indispensabile, visto che il limite di 200 persone per una fiera e per una sala meeting di un tre stelle era stato all’inizio considerato allo stesso modo.

Alessandra Albarelli, presidente Federcongressi & Eventi, aveva partecipato l’8 giugno ad un affollatissimo webinar in cui si parlava di linee guida per ripartire in sicurezza, con certezze oggi andate in fumo. Non si era sbilanciata sul successo in arrivo. Attendeva l’ufficializzazione che oggi è mancata. “Vogliamo ripartire subito – aveva detto la presidente Albarelli – ci occorre per lavorare al 2021. Gli eventi rappresentano un’industria basilare per l’Italia, si tratta di incontri per stringere contratti industriali per tutte le filiere produttive. Fermare gli eventi significa fermare il lancio di innovazione, formazione medica, tecnologica – incalzava – le scoperte scientifiche, le startup sono analizzate sempre in ambito dei congressi che rappresentano una piattaforma indispensabile di sviluppo”.

Fermo il Fashion Week e tanti altri settori che come la moda si trovano ora a procrastinare. Tutto è da riprogrammare in un mondo che vede ridotti i propri standard numerici da 1 a 3. Avere congressi da 1000 e non più da 3000 per una strutture significa rivoluzionare il proprio portfolio clienti, costruirsi nuovi target, per risalire la china mentre siamo di nuovo all’incertezza vera nemica di ogni pianificazione economica.

Nella bassissima stagione estiva di questo comparto, il 14 luglio (forse, è bene dirlo a questo punto) si riapre.
Nella mattina dell’11 giugno dal Centro Congressi la Nuvola di Roma, convinto della riapertura dal 15 giugno, durante la trasmissione televisiva di Rai 3 Agorà, il presidente del Convention Bureau Roma e Lazio, Onorio Rebecchini, già guardava oltre. Tra i punti fermi per l’avvenire aveva individuato, in rappresentanza della categoria, una adeguata promozione sul piano internazionale, una collaborazione tra pubblico e privato per far arrivare nel territorio congressi internazionali, un aiuto alle imprese “in forma di tax credit, agevolazioni e contributi, ma anche il riutilizzo dei gettiti delle tasse di settore sul comparto”. Infine, aveva chiesto, some sempre fanno gli imprenditori, meno burocrazia: “Abbiamo dei luoghi meravigliosi, se riuscissimo a facilitarne l’accesso batteremmo la concorrenza delle altre capitali europee senza dubbio”. Arrivati a sera questa visione prospettica in questa immensa struttura architettonica vuota, bellissima, immobile,  si è completamente sbriciolata. 

Letizia Strambi

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