Turismo italiano post Covid: scenari e competenze

A introdurre gli scenari possibili per la ripartenza del settore turistico italiano è Roberto Necci, presidente del centro studi Federalberghi Roma. Il turismo, infatti, costituisce il 6% dell’intera produzione industriale italiana e questo valore raddoppia se si considera l’indotto che ne deriva. I dati statistici della Banca d’Italia indicano poi che gli introiti dipendono in parti uguali da turismo domestico e internazionale.

“Le dinamiche regionali però sono ben differenti – chiarisce Necci – le singole legislazioni variano a seconda del territorio e in aggiunta le città d’arte quali Roma, Firenze o Venezia mostrano una maggiore dipendenza nei confronti dei turisti stranieri”. I dati mostrano, infatti, che in specifiche zone di queste città l’incidenza del turismo che era del 90% é in totale deperimento e i turisti italiani non sarebbero minimimamente capaci di sostituire la clientela straniera anche in termini di capacità di spesa”.

Proprio per questo Necci crede nella necessità di un intervento a livello strutturale di natura straordinaria. “Senza l’adeguato sostegno il settore non sarà in grado di arrivare intatto alla data della ripresa”.
Il livello di fragilità economica dell’Italia non é solo dovuto all’emergenza Covid, ma anche alla situazione pregressa da cui il Paese non si era risollevato dal 2009 e il crack Lehman Brother. Il debito pubblico italiano é uno dei più alti al mondo anche se c’é un dato inaspettato. “I consumatori italiani sono paradossalmente molto ricchi per un’eccessiva tendenza al risparmio che é anche drenante dei comportamenti di consumo”.

Per di più il capitalismo italiano ha bisogno di un cambiamento fondato sulla fiducia in capacità trasversali, “non ci sarà più spazio per l’improvvisazione e per la famosa gavetta nel settore turistico”, continua Necci. I giovani, infatti, sembrano avere le competenze necessarie e l’elemento chiave per il successo, ovvero la motivazione, vanno spesso incontro a situazioni che reprimono il loro entusiasmo e portano alla demoralizzazione delle loro competenze. “I giovani sono delle eccellenze in formazione che non andrebbero sottovalutate e le loro prime scelte lavorative e di tirocinio dovrebbero essere dettate dalla valorizzazione delle loro qualità e non dalla pura necessità”, conclude Necci. 

Gwen Marletta 

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