Enoturismo: la competitività frutto di denominazioni e territorio

“La competitività enoturistica delle aziende vinicole è frutto anche del gioco di squadra tra denominazioni e territorio". A dirlo Roberto Ghio, presidente del Consorzio Tutela del Gavi, che prosegue: “I consorzi di tutela contribuiscono a creare e rafforzare la peculiare ‘reputazione’ del comprensorio, rappresentata da un insieme di elementi quali natura, vino, personaggi, storia, tradizioni, innovazione. Questo lavoro integrato ricade positivamente sulle singole aziende che possono così concentrare i loro sforzi sull’ottimizzazione dell’accoglienza, oltre naturalmente sulla produzione vinicola”.

Lo conferma la ricerca "Enoturismo: i consorzi del vino e il territorio" condotta dal master in Economia del Turismo dell’Università Bocconi in collaborazione con il Consorzio Tutela del Gavi e The Round Table e curata dalla prof.ssa Magda Antonioli.
  
Dall'analisi delle attività e delle strategie attivate dai 124 consorzi di tutela del vino con particolare riferimento alle scelte operate in campo enoturistico – rilevate attraverso un mix tra survey quantitativa, review del posizionamento digitale ed interviste esplorative – emerge infatti che "i consorzi riconoscono all’unisono un proprio ruolo strategico, oltre a quello sulle fasi di qualità della produzione, anche sugli aspetti turistici della filiera – sostiene Magda Antonioli -: in primis (45%) facendo da collante, soprattutto in un momento storico come quello che stiamo attraversando, al loro interno tra i produttori propri associati, ma anche verso gli stakeholder esterni, pubblici e privati. In seconda battuta, dedicandosi anche alla promozione diretta (35%) oltre che del prodotto-bottiglia, dei luoghi e della cultura del territorio".

Per la totalità dei rispondenti l’enoturismo costituisce un’opportunità importante per il settore vitivinicolo, elemento strategico in ottica di promozione e di diversificazione delle entrate, sia per il mercato domestico (79%), che per i mercati esteri (77%) in primis per Stati Uniti e Germania. Questi Paesi sono da un lato tra i principali importatori del prodotto vitivinicolo italiano (con una nutrita partecipazione dei consorzi agli eventi trade che si tengono in quegli stessi territori) e dall’altro costituiscono i principali bacini di domanda, short e long haul, per l’incoming turistico italiano: sono state infatti 58,6 mln le presenze tedesche in Italia nel 2018 e 14,5 mln quelle statunitensi secondo dati Istat, 2020.

Oltre alle eccellenze resta ancora lunga la strada da fare per rendere il prodotto enoturistico Italia appetibile, soprattutto ai turisti stranieri e ai millennial, che si informano per l'80% in rete prima di scegliere una destinazione per le proprie vacanze.

Il 78% dei consorzi intervistati dichiara di promuovere già l’attività enoturistica delle aziende associate (praticata da almeno parte delle cantine nel 95% dei casi) e, più in generale, il territorio, oltre al solo prodotto vitivinicolo. In particolare, i canali maggiormente utilizzati sono i propri profili social (82%) ed il proprio sito Internet (71%), l’attività di ufficio stampa con media, guide ed “influencer” (63%), la partecipazione ad eventi trade (60%), materiale informativo cartaceo in italiano (60%) o in altre lingue (51%), l’organizzazione o la partecipazione ad eventi consumer (49%). 

In realtà il quadro del posizionamento digitale dei consorzi che emerge dalla ricerca è parzialmente differente: vi sono ancora alcuni sprovvisti di un proprio sito internet e un 39% dei casi in cui il portale presenta qualche difficoltà di funzionamento.
Con riferimento all’accessibilità, il 50% dei consorzi ha un portale in doppia lingua (italiano/inglese), mentre è inferiore al 20% la percentuale di consorzi il cui sito web è tradotto in 3 o più lingue (con una prevalenza di tedesco).

Analizzando i contenuti, la ricerca rileva che il 66% dei consorzi ha una pagina o una sezione sul proprio sito web dedicata alla promozione della destinazione ed in diversi casi il contenuto è già pensato per un consumatore finale che possa definirsi anche turista con informazioni sulle attrattive dell'area. Percentuali analoghe si riscontrano sui social media, dove è il 44% dei consorzi a pubblicare post esclusivamente a tema vino, mentre gli altri danno spazio a quegli elementi di destinazione appealing.

"Scende invece di molto la percentuale dei consorzi che promuove online l’attività enoturistica delle aziende associate (visite in vigna o in cantina, degustazioni) o che consente all’utente web di prenotarle direttamente. Allo stesso modo, difficilmente si riscontrano informazioni utili all’organizzazione di una visita, quali la presenza di indicazioni “logistiche”, come parcheggi, orari di apertura, o servizi volti a migliorare l’accessibilità da parte di particolari categorie di utenti, informazioni che peraltro coincidono con alcuni dei vincoli contenuti nel Decreto ministeriale", certifica la ricerca.

Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc, parte dai numeri: “In Italia abbiamo 124 consorzi e 525 denominazioni nel mondo del vino, di cui 120 sul mercato. Tutte insieme rappresentano il 90% del mercato italiano. Questo ci dice che il consorzio è lo strumento fondamentale per la promozione. Hanno cambiato pelle mille volte negli ultimi anni perché via via che crescevano le esigenze, abbiamo svolto compiti diversi”. Rispetto al turismo, secondo Ricci Curbastro, cosa manca è una maggiore attenzione all’accoglienza. Sulle strade del vino è stato fatto tanto lavoro, “ma sono nate staccate dai consorzi e questo ha creato dicotomia tra consorzi e strade. Quello che sta succedendo oggi è che le strade sono diventate l’ufficio turistico del consorzio ed è il loro futuro”. Secondo passaggio, per il presidente, è trasferire queste idee al ristoratore, che deve puntare su una carta dei vini del territorio e abbinare visite in cantina. L’enoturismo, inoltre, va visto in modo moderno: basti pensare a Napa Valley o all’esempio del Cile, con una cantina che ha 120 dipendenti destinati all’accoglienza degli ospiti. 

I dati e i commenti sono emersi nel corso del webinar dedicato al premio Gavi "La buona Italia 2020"; vincitore è stato il consorzio tutela del vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg.

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