I parchi divertimento, così come altri anelli della filiera turistica, sono un settore che ha la sua specificità e quindi esigenze ben precise. Basti dire che “ogni parco ha un modello di business differente”, osserva Giuseppe Ira, presidente dell’Associazione Parchi Permanenti Italiani e di Leolandia. La battaglia portata avanti in questi mesi di crisi, ancora in atto, dovuta alla pandemia, è stata quella di farsi riconoscere dal governo, quali “attori di primo piano nella composizione dell’offerta turistica del territorio. Manca una vision corretta sulla specificità del nostro comparto – afferma Ira -, i parchi sono aziende capital intensive, sostengono investimenti importanti a inizio anno per il rinnovo dell’offerta e hanno bisogno di liquidità immediata”. A tal proposito il presidente non nasconde che “le banche non sono sempre state dalla nostra parte e l’assenza di un supporto governativo ci ha fortemente penalizzati, specialmente all’inizio dell’emergenza. A ciò si aggiunge il tema della tassazione, particolarmente sentito proprio in queste settimane”.
In questo momento le imprese “hanno bisogno di liquidità”, lo dice chiaramente Ira, “attraverso la concessione di finanziamenti a lungo termine e la dilazione delle scadenze legate agli oneri con l’agenzia delle entrate. Un altro aspetto importante è la tutela istituzionale, che passa dal riconoscimento della nostra specificità: un parco permanente è contraddistinto da dinamiche assimilabili a quelle di una struttura ricettiva turistica. Al contrario, siamo assimilati al settore dei circhi e degli spettacoli viaggianti e da questo derivano provvedimenti inadatti e privi di efficacia”.
Alle spalle c’è un’estate influenzata dai protocolli promossi dalla stessa associazione “per garantire la sicurezza di clienti e visitatori. Abbiamo dovuto sostenere notevoli investimenti sia prima dell’apertura, per riorganizzare i flussi e gli spazi, sia durante la stagione, per applicare i protocolli e formare il personale”. A pesare sui flussi di cassa anche “il contingentamento degli ingressi, per evitare il rischio assembramenti. Una parte del pubblico ha reagito positivamente, anche se i flussi da fuori regione e dall’estero sono diminuiti sensibilmente. Da destinazione turistica i parchi si sono trasformati, speriamo temporaneamente, in attrazione di prossimità”, constata il manager.
I parchi sono abituati a ragionare con questi numeri: “Nel 2019 sono stati visitati da più di 1.500.000 stranieri a fronte di circa 1.100.000 pernottamenti. Quest’anno la presenza straniera è stata marginale e limitata ai parchi situati in prossimità di destinazioni turistiche. E’ mancata la domanda proveniente da Stati Uniti e Emirati Arabi, tra i mercati più sensibili all’offerta”. Il mercato interno? “Non ha compensato la carenza di stranieri, specialmente al Nord, dove sono mancati i consueti arrivi dal Centro-Sud Italia”.
In tutto ciò come cambia il rapporto di lavoro con le adv? Ira fa presente che i reparti commerciali dei parchi “hanno attivato le procedure per assistere il trade anche da remoto, costruendo pacchetti standard e proposte su misura”.