Si tratta di un segmento che ha un deciso impatto economico, almeno pre-Covid: è il turismo archeologico. Secondo un’indagine di Boston Consulting che ha analizzato 358 musei statali, sono stati 117mila i posti di lavoro generati come indotto dalle attività svolte e 278 milioni di euro di ricavi da visite e attività. Esistono, tuttavia, dei “ma”. I dati sui visitatori dei musei e delle aree archeologiche italiane, rivela il Ciset, “mostrano un livello di concentrazione enorme su due attrattori: il circuito Colosseo-Foro Romano-Palatino e quello di Pompei-Ercolano che nel 2018 registrano oltre 11 milioni di visitatori. Più in generale, comunque, i dati Mibac mostrano come i visitatori tendano a fermarsi presso alcune grandi icone del patrimonio: i primi 5 attrattori tra musei e aree archeologiche statali raccolgono, infatti, oltre il 30% degli oltre 55 milioni di visitatori. Ancora meno distribuiti gli introiti: in questo caso i primi 5 attrattori (Colosseo, Pompei, Uffizi e Accademia a Firenze e Castel Sant’Angelo) rappresentano addirittura quasi il 60% degli introiti, con Pompei e circuito del Colosseo che generano il 41%”.
L'importanza del turismo archeologico è testimoniata dagli addetti ai lavori: “Il turismo culturale e quello archeologico in particolare sono segmenti in crescita e la pandemia ha solo rallentato un trend che dovrebbe riprendere vigore con la riapertura dei confini – afferma Nadia Pasqual, marketing e pr di tourismA -; ho assistito alla nascita di nuovi operatori specializzati, ma anche di operatori storici che hanno arricchito la loro programmazione di viaggi culturali con proposte specifiche di itinerari archeologici. Anche le destinazioni stanno cominciando a intercettare questo segmento e sempre più numerose partecipano a tourismA per proporre il loro patrimonio archeologico al pubblico e agli operatori”.
Il Covid ha naturalmente determinato alcuni cambiamenti: “Nei musei e nei parchi archeologici l’ingresso è contingentato. Ogni sito ha stilato una serie di linee guida insieme agli esperti”, testimonia Ugo Picarelli, fondatore e direttore della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico (Bmta), la cui 23ma edizione si terrà a Paestum dal 19 al 22 novembre 2020, “l’unico evento del Centro-Sud Italia nel 2020”, sottolinea Picarelli. “Anche il mondo fieristico va ad applicare queste regole – prosegue il manager -, intensificando le modalità digitali, per esempio quelle inerenti l’accredito online, già presenti prima della pandemia. Dobbiamo adottare la mentalità per cui con il virus si deve convivere, almeno fino a quando non ci sarà un vaccino. Il Paese ha bisogno di ritornare al suo quotidiano”.
Ma quali sono le difficoltà che si riscontrano? “In un contesto oggi di patrimonio diffuso, soprattutto nel Mezzogiorno c’è un gap infrastrutturale. L’alta velocità è il primo requisito. Matera si salva – risponde Picarelli – perché è servita da Bari e Brindisi, ma il sistema ferroviario tirrenico lascia a desiderare, nonostante gli sforzi di Trenitalia. Superata Salerno l’alta velocità finisce e la tratta diventa regolare”.
C’è anche un altro problema: “Noi dipendiamo dalle multinazionali del tour operating che determinano i flussi, ma la domanda nazionale non è poca cosa ed è da conquistare. Il turismo scolastico è un’altra domanda da intercettare”. In più bisognerebbe cercare di legare il prodotto culturale a quello enogastronomico, poiché “si tratta di due facce della stessa medaglia”. Ancora: “Al di là dell’attenzione del Governo e del ministero, ci vuole una politica turistica legata all’offerta culturale. Bisogna dare identità nuova alle adv che fanno incoming: devono essere dmc culturali”.
L'approfondimento sul numero 1593 di Guida Viaggi, in distribuzione questa settimana.
Nicoletta Somma