Ferry, il passivo schiaccia il business turistico

È improbabile che alcuna compagnia di traghetti chiuda il bilancio 2020 senza un passivo.  Sicuramente è uguale per tutta la mesta regola di un’annata al netto ribasso, molto più non solo di quanto si potesse immaginare in una stagione ‘normale’, ma anche rispetto alle previsioni post prima ondata del coronavirus, quando il peggio sembrava passato, il deficit di inizio anno messo alle spalle e le prospettive di ripresa del turismo estivo – per molte compagnie di navigazione che operano ferry la “spina dorsale” del business – con la stagione ancora da iniziare, di nuovo promettente.     
Va precisato che due sono le principali componenti degli affari svolti da quasi tutti i vettori di traghetti, che siano di corto raggio (anche servizi di durata di pochissime ore) o di short sea, con cui si intende navigazione di cabotaggio di media e lunga percorrenza (talvolta overnight, con permanenza a bordo di passeggeri e mezzi anche di notte).

Le attività
La componente più vistosa è tipicamente quella turistica di media e lunga permanenza (non il turista occasionale “toccata e fuga”, che per alcune grandi destinazioni è compressa in un lasso annuale di appena due-tre mesi al massimo (come la Sardegna e ancor più la Corsica, ma pure l’Elba), mentre per altre è dilatata fino a circa un semestre (tipicamente la Sicilia).
La seconda componente, che alla fine dell’anno è quella che, mattone su mattone, porta molto fieno in cascina, è quella dei residenti isolani che sono lavoratori sulla terraferma (o come dicono loro stessi, “in Continente”), che a sua volta si distingue in due sub-componenti: i “commuters” veri e propri, pendolari di giornata ovvero, se non quotidiani, che viaggiano avanti-indietro più volte nella stessa settimana; e gli “expatriates”, termine che non vuol dire necessariamente lavoratori all’estero, potrebbero essere anche siti in una località nazionale molto distante e scomoda da raggiungersi ogni weekend da parte dell’isolano per consentire frequenti ritorni a casa. 
Il tragico 2020 – anche e forse pure di più economicamente che non sanitariamente, perché qualcuno ipotizza che a fine anno i morti complessivi di qualunque causa siano stati quasi equivalenti a quelli del 2019 quando il Covid-19 non era ancora malattia letale – ha messo a dura prova i bilanci aziendali per entrambe le componenti, anche se probabilmente la componente turistica è stata più falcidiata di quella pendolaristica.
Se anche quest’ultima ha visto certamente un calo, perché le restrizioni da zona arancione e rossa hanno inciso sui movimenti pendolari, e lo smart working (e smart studying di liceali e universitari) ha letteralmente impazzato lo scorso anno, la bastonata più vigorosa è stata inferta alla componente del turismo; quante seconde case non sono state aperte per tutta la stagione?
Quei pochi proprietari che, malgrado tutto, la scorsa estate hanno osato raggiungere le proprie residenze di vacanza d’oltremare, probabilmente lo hanno fatto anche in aereo, e non solo in nave (perché a volte non era utile o necessario portarsi l’auto). 
Non esistono dati precisi aggregati sul fall down dei traffici passeggeri + auto dei traghetti nel 2020, e quelli singoli aziendali sono tenuti rigorosamente secretati, ma pensiamo di non andare affatto lontano nell’indicare in ben oltre il 50%  la diminuzione subita.
Niente a che vedere con il drammatico crollo assoluto del comparto cugino delle crociere, dove tutti gli osservatori professionali consuntivano un azzeramento pressoché assoluto del business nei porti italiani nel 2020, con -95% di passeggeri croceristi. E pensare che quel 5% di traffico lo ambirebbero tanti Paesi stranieri limitrofi, perché sostanzialmente le poche crociere dello scorso anno hanno girato quasi esclusivamente su itinerari tricolori con navi che hanno toccato scali nostrani. 
Ma i ricavi non sono tutto: per fare un bilancio aziendale, notoriamente, si deve valutare anche ciò che esce, oltre a ciò che entra.
I costi operativi delle navi da crociera sono stati tutto sommato mitigati parecchio dal lay-off di quasi tutte le unità, con parallela riduzione proporzionale dei costi del personale viaggiante (grazie anche alle Cig); anche se tenere disarmata una moderna nave da crociera, che comunque esige di tenere sempre accesi gruppi elettrogeni e altre parti dell’impiantistica, senza parlare della manutenzione quotidiana imprescindibile, non è come tenere una vettura ferma in garage a costo zero.

I costi operativi
Non altrettanto si può dire di molti traghetti; questi, anche per rispettare gli obblighi legislativi di esercizio regolare derivanti da contratti di servizio sottoscritti da compagnie private e pubbliche in convenzione con il Governo centrale e con quelli regionali, sono stati costretti a viaggiare ancora più vuoti del solito nelle stagioni morte (con pochi pendolari a bordo e nessun turista in vista), come succede per certi minivan scuolabus che devono percorrere tanti chilometri sino in cima alla montagna per portare a lezione presso il centro della valle il bimbo che vive nel paesello. 
Logico che questi servizi – anche se offerti dai privati – abbiano comunque la sicurezza di un plafond garantito alla voce sovvenzione pubblica, sebbene non sempre questa sia sufficiente a compensare tutti i costi operativi di un servizio di traghetti.
Non è certo un caso che la scorsa primavera le due associazioni di categoria degli armatori –  Confitarma e Assarmatori – si siano interessate col Mit per ottenere a favore dei loro associati varie forme di sgravi, ristori ed altre agevolazioni,  come quelle volte a garantire loro liquidità dalle banche e scudi protettivi nei confronti degli enti creditizi, essendo le shipping companies di ogni foggia, in un settore tipicamente capital intensive, storicamente esposte in fatto di debiti bancari.

Lo stralcio di alcune promesse
Tra l’altro – è notizia freschissima – l’ultima versione in bozza del comunemente noto Recovery Plan per gli armatori italiani ha stralciato certe voci d’investimento prima promesse.   Il programma di rinnovo della flotta vedrebbe perdere buona parte dei previsti 630 milioni di euro alla voce “stanziamenti rivolti alle navi traghetti e crociere operanti nel libero mercato”, che inizialmente contemplava di finanziare  50 nuove imbarcazioni da costruire o ordinare entro il 2026.                        .
 

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