Stop al turismo invernale: 13 milioni di turisti in meno

L’Istituto Demoskopika ha valutato quanto pesa la decisione di posticipare l’apertura degli impianti sciistici. L’appello degli operatori del comparto

Non usa giri di parole Assoturismo, lo stop stagione è nuovo colpo per il turismo invernale. L’aver rinviato, praticamente senza preavviso, l’apertura degli impianti sciistici è un fatto grave, che avrà un pesante impatto economico, infatti, il posticipo dell’avvio della stagione al 5 marzo farà scomparire altri 3,3 milioni di presenze turistiche nelle località montante, per una perdita di ulteriori 400 milioni di euro circa di fatturato.

A stimare l’entità del danno dovuto allo stop degli impianti è il Centro Studi Turistici per Assoturismo Confesercenti, sottolineando come il provvedimento peggiori l’intero bilancio, già disastroso, della stagione invernale 2020-2021, che si avvia verso un calo complessivo dell’85% dei pernottamenti, per un calo totale di 18 milioni di presenze turistiche e 2 miliardi di euro di fatturato.

“Non si può cambiare idea a 24 ore dall’avvio della stagione, gli operatori delle località del turismo invernale hanno già investito e assunto personale. Le imprese hanno bisogno di pianificare l’attività con un ragionevole anticipo – afferma Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti -. Annunciare l’avvio della stagione turistica invernale e poi stravolgere completamente i programmi all’ultimo minuto è un comportamento inaccettabile, che mette in difficoltà non solo le attività ricettive e dei servizi turistici nelle località coinvolte, ma anche i rifugi alpini e tutta la filiera del turismo montano, la cui tenuta è una risorsa fondamentale per l’intera economia dei territori. Questo modo di agire ha creato un danno gravissimo agli operatori, che poteva essere evitato e che andrà urgentemente compensato al di là dei ristori”.

Gli operatori del turismo bianco non ci stanno all’ennesimo rinvio dell’apertura degli impianti da sci, “il fatto più triste – osserva il presidente di Assoturismo-Confesercenti E.R, Filippo Donati – è constatare come non ci sia da parte del ministero una benché minima considerazione della necessità per gli operatori del turismo di una pianificazione delle loro attività, di una tempistica certa; cambiare idea un giorno prima dell’avvio della stagione, oltre a non portare guadagno, mette in serie difficoltà non solo le attività ricettive e dei servizi turistici nelle località coinvolte, ma anche i rifugi alpini e tutta la filiera del turismo montano, che in questi mesi hanno investito per garantire tutta la sicurezza sanitaria indispensabile per ripartire e che hanno già assunto in personale e acquistato prodotti. Non ci si rende conto delle conseguenze di tali scelte sulla già difficile economia dei territori montani, che rischiano di essere abbandonati se non si garantiscono un Ristory adeguato, liquidità immediata e la revisione del pagamento della Tari all’effettivo numero di giorni di apertura di un’attività. La speranza è quella di rivedere queste zone ripopolate di turisti e un ritorno in totale sicurezza alla quotidianità del lavoro di tutta la filiera”.

Tra i tanti casi quello di Livigno, che a sole 12 ore dalla riapertura degli impianti, ha visto sfumare per l’ennesima volta i sacrifici di dure giornate, settimane e mesi di lavoro. Si torna a parlare di disdette, rimborsi, contratti stagionali firmati che di nuovo non vedranno inizio, ordini di merce e materiali che non verrano utilizzati, investimenti di tempo e denaro di imprenditori locali che non vedranno il loro sacrificio ripagato: la montagna è ferma, e tra le vie del Piccolo Tibet si respira un’aria di grande delusione.
“E’ incredibile come a pochissime ore dalla tanto attesa riapertura tutto si sia dovuto bloccare ancora una volta: sono bastate poche righe di una nota stampa per infrangere i sogni dei tantissimi lavoratori che hanno speso denaro ed energie proprio in attesa di questa mattina – commenta Luca Moretti, presidente di Apt Livigno -. Non ce lo aspettavamo, ci sentiamo davvero presi in giro: la montagna, i suoi lavoratori, le sue famiglie, meritano più rispetto. Livigno per prima si è messa duramente al lavoro, ormai un anno fa, per cercare di contenere la diffusione della pandemia, adeguando attività, strutture, impianti e anche la sua offerta nel rispetto dei numerosi decreti, così da diventare un luogo sempre più sicuro per gli amanti della montagna, dovere ritrovare un po’ di spensieratezza in questo momento così difficile“.
Moretti afferma anche che, ciò che “più dispiace è vedere come il Governo non abbia avuto rispetto del nostro lavoro e delle centinaia di migliaia di euro spesi nelle ultime settimane per riuscire a riaprire tutto, non si parla solo degli impianti, ma anche di tutte quelle attività ricettive e commerciali, dei ristoranti, delle scuole sci e di tutta la macchina che la neve muove. Tutti hanno fatto i loro investimenti per arrivare pronti ad oggi: più che chiedere ristori, bisognerebbe chiedere i danni in questa situazione“.
Numeri alla mano, a partire da oggi, nei prossimi giorni sarebbero dovute arrivare a Livigno circa 5.000 persone, “mentre molte altre erano arrivate con qualche giorno di anticipo nel weekend e si sono trovate a ripartire questa mattina; 2.500 skipass sono già stati venduti e ritirati e ora dovranno essere rimborsati. Bisognerebbe che chi fa le leggi pensasse di più a ragionare anche con i numeri e con le diverse situazioni: se rapportiamo il numero dei posti letto offerti dalla località, nel caso di Livigno circa 15.000, ai chilometri quadrati nei quali queste persone si disperderebbero per praticare i diversi sport e attività, si farebbe davvero in fretta a capire che la possibilità di creare assembramenti si riduce a una percentuale davvero bassissima, più bassa di quella che si crei un assembramento fuori da un negozio di un centro commerciale. Senza contare che per evitare situazioni come queste Livigno, così come tantissime altre località montane, ha attivato la vendita online degli skipass, ha allestito casse automatiche e punti di ritiro per permettere di evitare lunghe code, si è attrezzata in ogni modo per garantire il rispetto della capienza massima del 50% degli impianti, ma a nulla è servito tutto questo: la sensazione, purtroppo, è che la montagna debba uscire da questa illusione e considerare ormai chiusa questa stagione mai iniziata, con molte migliaia di euro in meno nelle tasche, numerose attività locali che non sanno se mai riusciranno a riaprire e tantissime famiglie in gravi e serie difficoltà”.
Questa mattina sono scesi in campo anche i maestri di sci delle scuole livignasche con una protesta pacifica che li ha visti riuniti sulle piste per dare voce alle oltre 200 famiglie che vivono grazie allo sci e che fanno parte di quel numero molto più alto di persone che vivono grazie alla neve e alla montagna e che da circa un anno, ormai, vivono di speranza.
L’Istituto Demoskopika ha valutato quanto pesa concretamente la decisione di posticipare l’apertura degli impianti sciistici, si parla di 12,4 milioni di turisti in meno il che porterà a generare mancati incassi per oltre 9,7 miliardi di euro per quanto riguarda il periodo dicembre 2020-marzo 2021. A rischio, riporta Ansa, almeno 9mila lavoratori stagionali.

In particolare cinque regioni risultano maggiormente penalizzate, Trentino-Alto Adige, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Veneto, per loro, riporta la fonte, la perdita di spesa turistica rappresenta l’86,2% dei mancati introiti complessivi italiani, cioè 8,3 miliardi di euro.

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