Bitcoin, le criptovalute alle porte del travel

Bitcoin su, giù, su… Poi ci mette lo zampino Elon Musk, il cofondatore di Tesla, tra i supporter della moneta, che parla via Twitter di un valore alto e stimola molti investitori a vendere. Insomma, una situazione da mal di mare.

Prendiamo a esempio lo scorso 22 febbraio, quando Bitcoin è scesa del 17% a quota 47.400 dollari il giorno dopo il record storico (58mila) prima riprendere a salire, fluttuando in una manciata di ore di oltre 10mila dollari.
Durissimo l’intervento del ministro del Tesoro Usa ed ex presidente della Federal Reserve Janet Yellen, che definisce la criptovaluta un asset “altamente speculativo” e invita a fare attenzione.

Comunque sia, da quando la moneta digitale decentralizzata (Bitcoin è solo una delle migliaia di criptovalute esistenti ma è quella di maggior valore), ovvero non controllata da banche o da un governo, è comparsa sulla scena circa un decennio fa, anche la travel industry ha iniziato ad accettarla come forma di pagamento. E molta strada è ancora da percorrere.

Una delle prime, nel 2013, come spiega Phocuswire, è stata la ota CheapAir, utilizzando inizialmente un processore di terze parti per convertire i Bitcoin in dollari per poi realizzare in proprio la tecnologia per gestire lo scambio.

“Sarebbe più facile se tutti i fornitori accettassero le criptovalute”, spiega il co-fondatore e ceo Jeff Klee. “Per superare il problema abbiamo deciso di costruire la nostra infrastruttura, anche se la criptovaluta rappresenta ancora solo percentuali a una cifra delle vendite. Apprezziamo molto i nostri clienti Bitcoin. Tendono a essere fedeli e a comprare prodotti più costosi”.

Per l’ota australiana Travala, Bitcoin è la criptovaluta principale, seguita dal suo token Ava nativo e da altre 25 opzioni. Il 70% delle prenotazioni viene pagato icon questi strumenti.
“Siamo solo all’inizio di quella che sarà una vera rivoluzione finanziaria in cui la gente passerà alle criptovalute”, sostiene il co-fondatore e amministratore delegato Juan Otero. “Pagare è praticamente istantaneo, senza commissioni e tutela la privacy. Vengono superati tutti i problemi e i costi della carta di credito tradizionale”.

Una passeggiata di salute, dunque? Non tutti la pensano così e Thomas Helldorff, vice president of Airlines & Travel, Vertical Strategy at Worldpay avverte come la criptovaluta non sia priva rischi soprattutto riguardo – come appunto si è osservato nelle ultime settimane – alle oscillazioni legate al valore. Un rischio che potrebbe erodere il margine.

Il suggerimento? Che siano le banche oppure i governi a emettere la propria valuta digitale, operazione che faciliterebbe un’elaborazione dei pagamenti più moderna fornendo la stabilità di essere sostenuta da valuta reale. Attualmente, valute digitali di questa concezione sarebbero allo studio in Cina, a Singapore e in Svezia.

“È uno strumento di pagamento certificato digitalmente che non si può alterare, falsificare, cambiare”, sostiene il manager, che suggerisce a compagnie aeree e altri fornitori di iniziare a prepararsi per questo cambiamento.
Collegando le valute digitali della banca centrale a un contratto “intelligente” – un meccanismo inerente alle criptovalute basate su blockchain – il processo dei pagamenti tra viaggiatori, intermediari e fornitori sarebbe più veloce e seamless.

Che possa davvero questa essere una soluzione?

Paola Olivari

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