C’è una nuova sfida per le adv. A lanciarla, senza neanche saperlo è Amazon, il big dell’e-commerce, non tanto per il suo sbarco più o meno strutturato nel mondo del travel con la piattaforma Amazon Explore, in cui i t.o. partner possono vendere ogni tipo di esperienza virtuale, ma perché ha alzato l’asticella delle aspettative del cliente finale. Come è successo? Il fenomeno è noto e si è rafforzato durante tutto il 2020, complici pandemia e lockdown che hanno portato gran parte delle persone ad approcciarsi alla tecnologia con maggiore slancio. Il nostro modo di comunicare e di fare acquisti è cambiato e si è rafforzata l’identità del cliente digitale. Un profilo più volte tratteggiato, ma tra tutti gli aspetti che lo caratterizzano è bene concentrarsi su uno in particolare: Amazon lo ha abituato ad un certo tipo di servizio e di risposta in tempi molto brevi, creando in lui aspettative alte che tende a proiettare su ogni settore merceologico, travel compreso. Il nocciolo della questione è qui, ma le adv sono pronte a cogliere la sfida?
A portare l’attenzione su tali temi è Paola Frigerio, leisure, marketing & network director di Frigerio Viaggi, la manager è consapevole che “i punti di commissione non possono essere più il differenziale. Servono nuovi prodotti ed esperienze digitali”, ma anche la capacità di “tener conto delle aspettative delle persone”, soprattutto ora perché quel famoso cliente digitale “è abituato ai grandi dell’e-commerce che lavorano bene e hanno creato attese e aspettative nel cliente di oggi”. Pertanto per essere online si devono avere caratteristiche precise, senza più prescindere da semplicità e fruibilità, ammonisce convinta.
I suggerimenti dal mondo del fashion
Dal turismo al fashion, il passo non solo è breve, ma anche a doppio senso di marcia, offrendo spunti utili per il canale agenziale. Le riflessioni della manager trovano una corrispondenza nel pensiero di Gianluca Monteleone, member of executive committee Boggi Milano, che, durante un webinar organizzato da Global Blue, dal tema “Nuove competenze, nuove abilità che si richiedono per il futuro: in che modo ci si può attrezzare“, pone l’accento sui servizi, che devono “essere erogati sempre meglio in quanto Amazon ha alzato l’asticella e costringe tutti a fare meglio. Nel nostro settore, prima della pandemia, una consegna in 4-5 giorni era accettabile, ora dopo questi mesi di lockdown non lo è più, visti i tempi di consegna di Amazon”. Attenzione, però, perché non vuole dire che quanto fatto fino adesso sia sbagliato, ma solo che “il mercato è cambiato per questo dobbiamo fare molto meglio quello che abbiamo sempre fatto, con maggiore innovazione, il che ci è permesso dalla tecnologia”. Diversamente dal pensiero comune, il manager crede che il Covid in realtà non abbia cambiato nulla, ma che sia “un acceleratore di cambiamento, che ha amplificato la necessità di evolvere verso un modello di impresa sempre più ibrido, flessibile e aperto all’innovazione”. In pratica “non è cambiata la traiettoria, ma la velocità. La pandemia non è responsabile dei nostri problemi, lo siamo noi”, perché già esistevano.
“Il veloce mangia il lento”
Proattività, curiosità, velocità, agilità sono alcuni dei requisiti che deve avere il retailer di oggi per essere pronto a cogliere i cambiamenti in uno scenario dove mutano i paradigmi. “Una volta era il grande che mangiava il piccolo, ora è il veloce che mangia il lento”, fa presente Franco Barbieri Ripamonti, fondatore e trainer di Poliedro-Formazione oltre l’aula.
Concentrandoci sulla figura del retail si è visto un cambiamento “anche nell’ambito del ruolo, il sales assistant è percepito come un influencer – afferma Barbieri Ripamonti -. Si relaziona dentro e fuori lo store a 360°. Lo store manager è diventato un customer experience manager che deve considerare le competenze differenti”. Il retailer deve essere proattivo, “non ci possiamo aspettare che il cliente entri nello store, lo si deve cercare fuori e farlo entrare. Si deve personalizzare la relazione, il che vuol dire ascoltare e porre domande”.
Tra le competenze c’è anche la digital transformation, “se ne parla da tanto, ma ci sono competenze ancora assenti – osserva Barbieri Ripamonti -. Per esempio sul fronte del remote selling”. A detta di Monteleone una azienda moderna deve costruirsi “una figura di personal shopper che sia disponibile real time sempre, cioè se il cliente vuole fare una vendita da remoto alle 21.00 di sera devo essere pronto, devo avere flessibilità, cioè la capacità di lavorare su un orizzonte temporale più esteso”. Il suggerimento è affidare al cliente una agenda di appuntamenti, il personal shopper Boggi lo ha lanciato mesi fa ed è affidato ai migliori clienti. E questo perché la qualità della vendita passa dalla vicinanza, dal servizio. Oggi la relazione è “facilitata dalla tecnologia, da casa sia per il cliente sia per il venditore”. Si parla così di social shopping, che si può fare con piattaforme come Instagram, grazie alle quali si può far vedere “ai clienti in preview un contenuto, una collezione, in un contesto diverso dal negozio e con una modalità relazionale nuova”, suggerisce Monteleone.
Tra le soft skills c’è “il coraggio dell’utopia, avere un’anima da startupper”, dice Barbieri Ripamonti. Un’altra parola chiave è engagement, cioè coinvolgimento, in più “il sales assistant deve saper leggere i comportamenti del cliente”. Un buon ingrediente è la curiosità per capire come funzionano certi strumenti dell’ecosistema digitale e vedere se sono coerenti con la propria realtà.
Martina Cassani, HR Innovation Analyst – Ahcg, introduce ulteriori elementi quali servizio, proattività, propositività, autoimprenditorialità. “Questo l’atteggiamento da avere, con un’attenzione allo human to human che è possibile anche nel digitale. Le aziende cercano sempre di più nelle competenze un aspetto a 360°”. La proattività si sposa con la figura di singoli venditori che devono essere abilitati ad agire con strumenti adeguati, portando all’interno del negozio “la logica del retail crm”, asserisce Monteleone. Il venditore conoscendo il suo cliente avrà il compito di stimolarlo nel modo giusto.
Quanto asserito è stato detto in relazione agli store del mondo del fashion, ma si adatta perfettamente a tutti i settori merceologici, tra cui il turismo. Se ci si pensa bene gran parte delle riflessioni sono state più volte fatte anche in relazione al canale agenziale, come la necessità di andare a cercare il cliente fuori dalla propria agenzia. In questo ultimo anno molti meccanismi sono cambiati, l’agire da remoto è diventata una soluzione figlia dei tempi e non è detto che anche in ambito agenziale certe idee non possano essere applicabili per esempio per tratteggiare il sales assistant del futuro.
Stefania Vicini