Il turismo intermediato – fisico, via web e device e “ibrido” – al centro della scommessa turistica dell’Arabia Saudita. Come è noto, il Paese medio-orientale si era regalato nell’immediato pre-pandemia un’ambiziosa “Vision 2030”, che identificava nel turismo uno dei punti chiave di sviluppo.
Incoming, outgoing, diritti umani: a che punto siamo
E il focus sulla travel industry è solo un discorso rimasto in sospeso e per nulla dimenticato, come dimostrano gli sforzi per l’innovazione tecnologica della più importante Ota del regno, Almosafer, che conta di poter ripartire dai livelli record fatti registrare nel 2019. In tal senso, un nuovo studio su 2.100 cittadini sauditi e 900 di altre nazionalità ha evidenziato le dinamiche in gioco. L’analisi ha infatti rilevato che circa l’83% degli intervistati prevede di viaggiare a livello internazionale già quest’anno, principalmente per le vacanze, su destinazioni come Sarajevo, Dubai, Il Cairo e le Maldive. Ma in tema di turisti internazionali l’Arabia Saudita ha tare storiche che ne limitano l’incoming, tenendolo per il momento lontano dai 100 milioni di visitatori annui che vorrebbe accogliere entro 9 anni: parliamo delle politiche sugli alcolici e – ancor prima – delle controversie sui diritti umani e delle oggettive restrizioni per le donne. Fino all’anno scorso, addirittura, le autorità vietavano a ristoranti e mall di riprodurre musica: e sebbene i governanti abbiano attenuato alcune di queste restrizioni, gran parte delle riforme non si applica ai residenti, che quindi preferiscono di gran lunga le destinazioni straniere, limitando molto il turismo interno.
I player in campo, tra locale e globale
E sarà (anche) la tecnologia online a determinare i destini dell’Arabia Saudita come destinazione turistica. La crescita annuale prevista per il canale web del regno saudita per i prossimi anni è del 28% annuo, secondo un recente rapporto della società di ricerca Euromonitor International, che prevede per il 2025 volumi – per le Ota locali – pari a 12,6 miliardi di dollari (47 miliardi di real). Ad oggi, Almosafer dichiara di movimentare una quota del 60% delle prenotazioni alberghiere, ma deve affrontare la concorrenza dei giganti globali e delle Ota regionali, tra le quali Rehlat, Holiday ME e Flyin. Per quanto riguarda le app per device mobili, torna invece un nome noto anche da noi: Booking.com è infatti leader anche in Arabia Saudita, con Almosafer al secondo posto e Rehlat al terzo. Discorso valido, quest’ultimo, per tutto il Medio Oriente, dove Booking è in testa ai download con il marchio di metasearch Wego.
Un modello ibrido, tra tecnologia e human touch
La società madre di Almosafer, Seera Group, vuole far emergere Almosafer – interamente acquisita nel 2018 – come un ibrido di human e digital provider, scommettendo sul fatto che i sauditi sceglieranno un mix di consulenza da suddividere tra adv umani e strumenti online, in particolare per i viaggi internazionali. “I sauditi prenoteranno da soli un viaggio di routine tra, diciamo, Riyadh e Dubai – ha detto Muzzammil Ahussain, vice presidente esecutivo di Almosafer -. Ma quando avranno in programma di visitare una destinazione sconosciuta, soprattutto a livello internazionale, vorranno parlare con qualcuno che è un saudita come loro e che può guidarli attraverso le complessità, che si tratti di visti, valuta o attività di prenotazione. E i nostri negozi non sono come le agenzie tradizionali, ma offrono esperienze immersive“. Almosafer ha lavorato per diventare una “agenzia di viaggi omnicanale” con una piattaforma tecnologica integrata nei punti vendita, e dal 2019 ha aperto circa 50 store in tutta l’Arabia Saudita, espandendosi recentemente anche al vicino Kuwait, dove sta perseguendo l’espansione. “Prenderemo in esame altri paesi vicini come il Bahrein – ha detto Ahussain -. Ma in questo momento non vogliamo aprire in mercati internazionali più distanti”.
Voce del verbo modernizzare
L’azienda collega oggi tutti i suoi agenti allo stesso software gestionale, compresi quelli delle relazioni con la clientela e gli assistenti che lavorano via chat e WhatsApp per rispondere a tutte quelle domande che i chatbot non possono gestire. Qualunque cosa un cliente visualizzi sul sito o sull’app di Almosafer, può trovarla anche nel negozio fisico, che però ospita anche alcuni prodotti non disponibili online perché il mercato non è ancora pronto. Ad esempio, i clienti devono parlare con un agente per prenotare la maggior parte dei tour e delle attività nazionali in Arabia Saudita. Un elemento, quest’ultimo, che spiega bene la necessità di modernizzare e digitalizzare molti operatori. Ottenere l’accesso diretto ai database è un’altra priorità per Almosafer: a novembre, Hilton ha firmato un accordo di distribuzione di connettività diretta con Seera Group, dando accesso ai canali di vendita per le sue 6.300 proprietà in tutto il mondo. E poi c’è il capitolo social: prima della pandemia, Almosafer faceva molto affidamento sui social media e sugli influencer, oltre che sulla pubblicità tradizionale. La società prevede ora di utilizzare un mix di questi canali, oltre al performance marketing con annunci su Google man mano che il settore dei viaggi si riprenderà. Seera Group ha investito anche nella gestione delle relazioni con i clienti e nei meccanismi di fidelizzazione via software, oltre che su una piattaforma, chiamata anche data lake, pensata per unificare le informazioni sui clienti contenute in più database. Il viaggio è ancora lungo, per l’Arabia Saudita, ma la modernità è meno lontana di quello che si possa pensare.