“Il 2021? Sarà migliore del 2020. Lo dicono i travel manager e ne sono convinto anch’io. Del resto, è difficile fare peggio”. Andrea Guizzardi, direttore dell’Osservatorio Business Travel commenta le gravissime ripercussioni della pandemia sul business travel, la cui spesa scende a 7,6 miliardi di euro, in diminuzione del 63% sull’anno da poco trascorso.
“Il mercato nazionale (3,2 miliardi di euro) realizza la performance “migliore” (-56%), quello internazionale (4,4 miliardi) si riduce di due terzi (-67%) anche complice la forte riduzione dei prezzi del trasporto e il deprezzamento del dollaro contro l’euro (-2%) – spiega -. La maggiore variazione negativa si ha nella spesa internazionale dell’industria (-68%) dove il crollo dei viaggi legati a meeting, fiere e eventi aziendali, i più costosi, ha anche inciso sul segmento nazionale (-58%). Il terziario, meno esposto ai viaggi intercontinentali, mostra una contrazione di spesa decisamente inferiore (-60%). Il 63% delle aziende italiane indica nel secondo semestre 2021 il momento in cui si tornerà a viaggiare”.
“Il mondo cambierà? Certo! Come? Nessuno è in grado di dirlo”, prosegue il professore di statistica economica dell’Università di Bologna. “Gli effetti del coronavirus non sono uguali a quelli provocati al tempo dalla Sars. Il Covid ha colpito la globalizzazione e l’internazionalizzazione dei mercati, portando alla chiusura delle frontiere che ha totalmente bloccato il business travel. Oggi il mercato è debole. Come evolverà la situazione nei prossimi mesi è una preconizzazione difficile da farsi a causa della complessità degli scenari internazionali, di nazionalismi e tensioni che non si sa quando finiranno. I viaggi d’affari costituiscono un ambito basato su procedure complesse, attualmente viziate da restrizioni protezionistiche e quarantene. Il tutto, poi, è privo di armonizzazione”.
Al di là della stretta attualità, molte sono le domande sul tappeto per i mesi a venire.
Come esemplifica Guizzardi, “le compagnie aeree hanno ridotto drasticamente le tratte ma mantengono gli slot. C’è da chiedersi quale interesse possano avere nell’aumentarle nuovamente. Inizialmente punteranno sul load factor, non sul ritorno allo schedule preCovid. E probabilmente le tariffe aumenteranno. In attesa del vaccino ci siamo abituati a vederci e a lavorare a distanza ma si tratta di un obbligo, non di una scelta e danneggia la comunicazione.
Quando questi vincoli spariranno, si tornerà a comunicare in presenza e a viaggiare. Ma quanto tempo dovremo ancora aspettare?”.
Troppe incognite e poche risposte fondate, secondo l’esperto di business travel, che spiega come non bastino “tre anni per ritornare alla situazione preCovid. Non si tratta di statistica ma di matematica. Bisognerebbe crescere del 30% ogni anno per riguadagnare il terreno perso. Difficile. Mai vista una crescita simile. L’aereo ha perso nel 2020 oltre il 70%, l’auto il 44. Per quanto riguarda le motivazioni del viaggio, le riunioni hanno subito un crollo del 70 mentre l’attività tecnica si è assestata su -42. Su un orizzonte triennale, dunque, camere e rotte non torneranno ai livelli ante-pandemia. I trasporti potrebbero monetizzare aumentando il prezzo unitario ma spingere sul pricing rischia di essere un fattore limitante. In termini di valore, tutto dipenderà dalla globalizzazione. Nei prossimi mesi viaggeranno prevalentemente i tecnici ma saranno trasferte meno costose mentre molto probabilmente migliorerà la situazione per le attività commerciali. Il mercato nazionale recupererà prima ma si tratta di viaggi con poco valore aggiunto. E il Mice, come tutti i movimenti collettivi, rimarrà indietro. Il 2021 sarà in crescita, come sostengono i travel manager, pur permanendo un quadro complessivo di grande variabilità, e ci vorranno 7-8 anni per tornare ai livelli pre Covid. Nel breve termine il quadro è positivo ma probabilmente il modello di prima non tornerà mai più”.
Come cambierà, allora, la domanda? Secondo il professor Guizzardi il valore aggiunto per i viaggi d’affari sarà la sicurezza e le assicurazioni rivestiranno un ruolo fondamentale, per gli hotel forse più che per altri segmenti.
“I travel manager – spiega il docente – si sono sentiti limitati nel loro ruolo a causa del taglio del budget, arrivato in certi casi fino al 60%. Il sentiment è “ora non conto più nulla”. A fronte di un insindacabile crollo della spesa, è il momento per dimostrare in azienda l’importanza del travel management. L’interesse della dirigenza nel comprendere come risolvere il problema di fare viaggiare è aumentato. È crollato il budget disponibile – sostiene – ma sono aumentati il valore aggiunto dell’intelligenza nella gestione e dei servizi accessori, per esempio la sicurezza. Il travel manager ha l’opportunità di interagire con il board e dimostrare che il suo lavoro è importante. Inoltre, l’azienda si potrà rendere conto che esternalizzare quel lavoro costa molto e che è un errore ritenere la risorsa solo un tagliatore di costi – aggiunge Guizzardi -. È infatti emerso un output diverso dal saving: garantire la sicurezza è una task per autentici manager. Bisogna vedere la safety & security come un’opportunità. Il travel manager di domani sarà più professionale di quello di ieri. La competenza nel risk management rappresenta un’ottima carta per un curriculum più robusto e un supporto per un migliore inquadramento”, dice il docente.
Paola Olivari