Istat ha fotografato il turismo italiano nel 2020, è tutto raccolto nel rapporto Viaggi e vacanze in Italia e all’estero. A quanto rivelato “i viaggi dei residenti in Italia nel 2020 toccano il loro minimo storico: sono 37 milioni e 527mila (231 milioni e 197mila pernottamenti), con una drastica flessione rispetto al 2019 che riguarda le vacanze (-44,8%) e ancora di più i viaggi di lavoro (-67,9%).
Per le vacanze in estate il calo si attenua (-18,6%). Ciononostante, quasi 7 persone su 100 rinunciano alla vacanza estiva (erano il 37,8% nel 2019, sono il 30,9% nel 2020 quelle che fanno almeno una vacanza tra luglio e settembre).
I viaggi all’estero crollano (-80,0%) mentre le località italiane sono colpite in misura minore (-37,1%) e sono meta del 90,9% dei viaggi”, sottolinea il rapporto.
In pratica “il turismo dei residenti subisce l’impatto della pandemia da Covid-19, registrando una crisi di drammatica entità. I viaggi con pernottamento quasi si dimezzano rispetto al 2019 (-47,3%) e scendono a 37,5 milioni, raggiungendo il livello minimo registrato nella serie storica dal 1997. Le notti trascorse in viaggio si attestano a poco più di 231 milioni (-43,5%). La domanda turistica è investita dagli effetti della pandemia dopo una fase di lenta ripresa iniziata nel 2016. Peraltro – prosegue il rapporto – la ripresa non era ancora riuscita a riportare i livelli di viaggi e notti al picco del 2008 (prima della crisi economica che aveva avuto avvio proprio in quell’anno), nonostante il trend positivo delle vacanze che, nel 2018, avevano toccato il valore massimo dell’ultimo triennio.
Il calo più consistente si rileva nel segmento dei viaggi per motivi di lavoro, che si riduce a un terzo di quelli svolti nel 2019 (-68% di viaggi e notti) e rappresenta appena il 6,7% degli spostamenti e il 3,8% delle notti trascorse in viaggio. Il declino dei viaggi di lavoro è un fenomeno di natura strutturale, iniziato ben prima della pandemia. Nel 2019 questo tipo di viaggi si era ridotto ad appena il 40% di quelli registrati nel 2009, anno precedente l’avvio del calo. Se per alcune tipologie la riduzione è stata influenzata soprattutto dal ciclo economico (riunioni d’affari, attività di rappresentanza, installazione o vendita, attività nell’edilizia e nell’artigianato, ecc.), per altre riflette un cambiamento nella comunicazione professionale, che si avvale in misura crescente della possibilità di incontrarsi online, soprattutto negli anni più recenti”.
“Sempre nel 2020, anche a seguito di restrizioni o espliciti divieti, sono particolarmente colpite le attività congressuali e di convegni o seminari, che quasi si azzerano (-84,9%), le attività di rappresentanza, vendita, installazione o simili (-72,4%) e le missioni di lavoro (-64,7%). Le riunioni d’affari subiscono il calo minore, pur dimezzandosi (-47,7%) e diventano la prima motivazione dei viaggi di lavoro (26,8%)”.
Nell’anno della pandemia anche le vacanze “subiscono un ingente calo (quasi il 45%), scendendo a circa 35 milioni, da 63,5 milioni nel 2019. I viaggi per motivi di vacanza sono circa il 93% del totale (96,2% delle notti) e in prevalenza riguardano vacanze “lunghe”, di 4 o più notti (che rappresentano il 52% dei viaggi e l’83% delle notti). Queste ultime risultano colpite dallo shock pandemico al pari delle vacanze brevi (entrambe -45% circa rispetto al 2019), con un calo lievemente meno accentuato in termini di notti (-41,2% le lunghe, -45,2% le brevi). Complessivamente i pernottamenti di vacanza persi nel 2020 sono circa 160 milioni (-41,8% sul 2019)”.
Quanto alla “durata media dei viaggi aumenta leggermente e si attesta a 6,2 notti (6,3 per le vacanze), per effetto di soggiorni di vacanza di 4 notti e più mediamente più lunghi rispetto al 2019 (da 9,3 notti a 9,8). La durata media dei viaggi di lavoro rimane stabile a 3,5 notti”.
Tra i punti messi in evidenza dal rapporto si ha che “gli effetti della pandemia e delle conseguenti misure di contenimento sono evidenti sia per i viaggi sul territorio nazionale sia per quelli diretti all’estero. Le mete italiane subiscono il contraccolpo minore, registrando tra il 2019 e il 2020 una variazione negativa del 37% (-27,2% in termini di notti, circa 76 milioni in meno). Per le destinazioni estere, invece, si tratta di un vero e proprio tracollo: la riduzione dei viaggi è dell’80% e i pernottamenti persi rispetto al 2019 sono oltre 100 milioni (-78,2%)”.
Inoltre, “l’impossibilità di spostarsi fuori dal proprio comune in alcuni periodi dell’anno è visibile anche nella decisa riduzione delle visite in giornata (-48,5%), che si è attestato a poco più di 41 milioni”.
Numeri alla mano “oltre 11 persone su 100 hanno rinunciato a fare un viaggio. Infatti, la percentuale di residenti che, in media, hanno effettuato almeno un viaggio in un trimestre è quasi dimezzata, passando dal 24,2% del 2019 al 13,1% del 2020. Anche la media nazionale dei viaggi pro capite (0,6) si dimezza (erano 1,2 nel 2019), tuttavia mantiene il valore più elevato nel Nord-Est (1) mentre è più bassa nel Sud (0,2)”.
Il Nord-Est mantiene il suo primato, “anche nel 2020 è la destinazione più scelta (30,2% dei viaggi totali) e, al contempo, si conferma l’area dove risiede la maggior parte dei turisti (19,7%, 29,8% in termini di provenienza dei viaggi). Il 17,5% dei turisti vive nel Nord-Ovest, area che origina il maggior numero di viaggi (32,2%) e il 13,2% nel Centro (22,3% dei viaggi), mentre le quote più basse riguardano i turisti residenti al Sud (5,3%, 9,2% in termini di viaggi) e nelle Isole (6,6% di turisti, 6,5% di viaggi)”.
Il commento di Associazione Italiana Confindustria Alberghi
Il rapporto dell’Istat mette in luce la crisi di questo settore e in particolare del sistema alberghiero italiano, sottolinea una nota di Associazione Italiana Confindustria Alberghi. Come la stessa Istat evidenzia il settore alberghiero è di gran lunga il più colpito, anche più di altre forme di ricettivo che pure soffrono la crisi. Il dato è impietoso, gli alberghi hanno perso il 57,8% in termini di arrivi (viaggi) e il 62,2% come presenze (notti).
Segmenti più colpiti il turismo internazionale, il turismo d’affari, fiere e congressi. Di fatto azzerati. E la situazione per il 2021 certamente non è migliore. La realtà è sotto gli occhi di tutti: l’attività alberghiera è ancora ferma. Un vero shock pandemico, come lo definisce Istat, che mette a rischio imprese e lavoratori che nel settore alberghiero sono oltre 180.000.
E’ necessario ripartire, programmare da subito i prossimi mesi, come ha sottolineato ancora ieri il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, anche per contrastare la concorrenza internazionale, che sta sottraendo potenziale al nostro Paese.
“Noi siamo pronti, il settore è in grado di fornire tutte le garanzie in termini di sicurezza e capacità di fare come ha ampiamente dimostrato anche nei momenti più bui della pandemia – dichiara Maria Carmela Colaiacovo, vicepresidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi -. Ha fatto investimenti importanti per essere pronto ad accogliere in sicurezza gli ospiti. Al Governo chiediamo una road map per la ripartenza ed un tavolo per le misure di supporto al settore che stiamo chiedendo da mesi. Misure ad hoc, che permettano alle aziende alberghiere italiane, grandi e piccole, di resistere al terribile shock di questi mesi e riuscire a superare questa crisi. Il settore alberghiero è a rischio. L’Italia non può permettersi di perderlo”.