L’annuncio della riapertura di parchi a tema e terme il 1° luglio solleva qualche perplessità. “Apprezziamo gli indirizzi formulati dalle Regioni, che confermano gli alti standard di sicurezza garantiti dalle aziende termali”, commenta Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme, sulle nuove linee guida definite dalla Conferenza delle Regioni. “Allo stesso tempo – sottolinea Boaretto – è utile ricordare che gli stabilimenti termali italiani sono aperti già oggi per le prestazioni incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (es. fangobalneoterapia e inalazioni) e per attività riabilitative e terapeutiche. Un ulteriore segnale positivo – aggiunge Boaretto – verrà dalle decisioni che il Governo si appresta ad assumere, che, stando alle prime anticipazioni, consentiranno di riprendere a breve i flussi turistici e sanitari idonei a far ripartire il settore dopo un anno di grosse difficoltà”.
“Non capiamo bene infine – conclude Boaretto – a quali ipotesi di termalismo si faccia riferimento quando si parla di riaperture al primo luglio. Ci auguriamo solo che eventuali profili di limitazioni alle attività termali presenti ad oggi nei testi normativi vengano aboliti al più presto”.
Federturismo chiede chiarezza sulle riaperture, sostenendo che non si può andare in ordine sparso. “Nonostante la notizia della riapertura degli spostamenti tra le Regioni e la ripresa delle attività ci facciano intravedere un primo spiraglio di luce dopo un anno di fermo, rimaniamo perplessi sulla confusione che si sta generando sulle differenti date di riapertura“, dice il presidente di Federturismo Confindustria Marina Lalli.
“Francamente non capiamo perchè i parchi a tema e gli stabilimenti termali possano riaprire solo a luglio perdendo così un mese decisivo come giugno in termini di arrivi turistici – fa presente Lalli -. I parchi tematici svolgono, tra l’altro, un ruolo di traino per molte destinazioni che senza la loro apertura rischiano di rimanere con alberghi e ristoranti vuoti. Quanto agli stabilimenti termali confidiamo che si tratti chiaramente di una svista atteso che le terme, per la loro attività caratteristica, ovvero le cure mediche termali, sono rimaste aperte anche in periodi di lockdown e quindi sarebbe curioso chiuderle proprio adesso”.
Così come se le sale al chiuso possono ospitare il 50% degli spettatori rispetto alla capienza, fino a un massimo di 500 persone, “viene da chiederci – domanda il presidente – perché la stessa disciplina non si possa applicare anche all’industria dell’intrattenimento prevedendo protocolli specifici e ad esempio chiedendo un pass sanitario che provi l’immunità. E’ il tempo della responsabilità e chiediamo chiarezza nel rispetto delle regole, perché siamo già in forte ritardo rispetto ai nostri competitor e non possiamo permetterci che interi settori che rischiano di non sopravvivere fino a luglio continuino ad essere dimenticati”.
Secondo l’associazione “evidenze scientifiche solide e di caratura internazionale, più volte richiamate in questi giorni dalla stessa politica a supporto della decisione di riaprire progressivamente il Paese, hanno evidenziato che i rischi di contagio all’aria aperta sono infinitamente inferiori ed è stato provato che la presenza del cloro nelle piscine elimina in pochi attimi l’agente virale. “La disparità di trattamento rispetto ad altre categorie – dichiara Giuseppe Ira, presidente Associazione Parchi Permanenti Italiani, aderente a Confindustria, e del parco tematico Leolandia (Bg) – è configurabile in una vera e propria concorrenza sleale, che genera rabbia e risentimento negli associati. Contingentiamo gli ingressi per evitare ogni rischio di assembramento e abbiamo predisposto severi protocolli di sicurezza che hanno già ampiamente dimostrato la loro efficacia lo scorso anno. Negli Usa i parchi sono stati aperti in febbraio, non appena è partita la campagna vaccinale, e in Gran Bretagna hanno deciso di riaprire subito i pub all’aperto e tutti i parchi di divertimento”.
“Chiediamo l’immediata equiparazione ai comparti merceologicamente simili – prosegue il presidente Ira – altrimenti dovremo intraprendere azioni eclatanti. Abbiamo sempre mantenuto un profilo dialogante e collaborativo, ma evidentemente non è servito a nulla: le categorie che hanno urlato scompostamente hanno ottenuto più attenzione e parziali risposte.”.
L’annuncio delle aperture ritardate al 1° luglio si lega ad un altro nodo che attanaglia i parchi e il futuro del comparto: formalmente, infatti, il settore rientra ancora nella categoria “Circhi e Spettacoli Viaggianti” facente capo al dicastero dei Beni Culturali, e da questo, fa sapere l’associazione, dipende la sistematica inadeguatezza degli interventi predisposti a sostegno della categoria nel corso degli ultimi 14 mesi.
Nel 2020 il 20% dei parchi ha rinunciato completamente all’apertura e si sono persi 10.000 posti di lavoro stagionali. Il rischio, alla luce delle decisioni del Governo, è di rendere ancora più precaria la posizione di centinaia di imprese italiane e migliaia di lavoratori. Nel 2019 il settore ha generato un giro d’affari superiore ai 400 milioni di euro, cifra che sale a 1 miliardo di euro considerando hotel, ristorazione, merchandising, manutenzione e tante altre voci collaterali.
Sulla questione interviene anche l’amministratore delegato di Gardaland, Aldo Maria Vigevani: “In attesa dell’ufficializzazione con il prossimo Dpcm, non ci spieghiamo per quale motivo i parchi divertimento, che svolgono la propria attività quasi esclusivamente all’aperto, vengano associati, in termini di data di ri-apertura, alle fiere e ai congressi che si svolgono indoor. Addirittura, se venisse mantenuta questa scadenza per le riaperture, i parchi verrebbero ritenuti più pericolosi delle palestre o dei cinema che sono al chiuso – prosegue Vigevani — Tale logica sarebbe esattamente contraria alla situazione internazionale, vedi Inghilterra e Usa, dove i parchi, appunto all’aperto, sono tra le prime attività a riprendere”.
Lo scorso anno Gardaland ha inaugurato la stagione il 13 giugno e “grazie ad un robusto ed efficace protocollo di sicurezza non è stato registrato nessun contagio tra i suoi ospiti, i quali hanno confermato l’efficacia delle misure a più riprese attraverso migliaia di interviste online. Gardaland, con oltre 1.500 dipendenti diretti e 10.000 occupati nelle aziende dell’indotto del Lago di Garda, rappresenta una colonna portante dell’economia italiana”, conclude l’a.d.