La gamification nuovo modello di turismo

La gamification potrebbe essere la chiave di volta per promuovere il territorio in modo nuovo. Un modo ancora poco conosciuto, che non richiede grossi budget di investimento, ma ha dei grandi impatti in termini di resa numerica. Basta prendere ad esempio cosa avviene tra social e videogame. Un passo da farsi, dettato dalla necessità di dover “mettere in atto strategie per non trovarti più così a terra. Risk management – dice Paola Frigerio, leisure, marketing & network director di Frigerio Viaggi -. E’ un dovere trovare alternative per calmierare la situazione, se incappiamo in un altro lockdown come possiamo arrivare al cliente finale e fargli vivere le esperienze legate al territorio?”. Con 30 anni di lavoro alle spalle, la soddisfazione per la manager è proprio quella di vedere il cliente e la sua felicità, “ora l’asticella è più in alto, siamo comunque tutti bloccati a casa e come si fa il turismo bloccati a casa? Una delle possibili risposte è la gamification – afferma – Forse ad oggi se ne sente parlare ancora poco, ma da qui agli anni a venire le cose cambieranno. Certo resta fermo il concetto che è meglio essere in presenza, però questa è una possibile ripartenza che può portare revenue e aprire le porte a un nuovo modello di turismo”. La manager parte da una considerazione e cioè il fatto che “l’occhio inizia a desiderare ciò che vede”.

Il caso del Rijksmuseum

Frigerio porta ad esempio una case history di successo che riguarda il museo di Amsterdam, il Rijksmuseum e il suo direttore che ha deciso di investire nella digitalizzazione. L’idea è stata quella di salvare le opere dal punto di vista digitale, in caso di catastrofe, rendendo di dominio pubblico, senza diritti d’autore, le opere più importanti del museo. Un’operazione che ha dato buoni frutti. “Pensiamo alla Gioconda, tutti sanno che opera sia, ma magari non tutti sanno dove si trovi, pertanto grazie alla digitalizzazione conservo le opere, ma le faccio anche circolare liberamente e più questo avviene più cresce il desiderio delle persone di recarsi al museo, in quanto l’occhio desidera ciò che vede”, ribadisce la manager. “Questo è un esempio di utilizzo in modo corretto delle immagini attraverso i canali social per promuovere il museo e le sue opere, un modello che può essere applicato a tutto, il direttore del Rijksmuseum ha fatto da apripista. Il suo è un caso di eccellenza di uso sperimentale dei social royalty free”.

Il caso Father and Son

Il secondo caso portato ad esempio è quello di Fabio Viola, professore che investe, insegna e programma videogiochi. Nel 2017 è stato contattato dal museo archeologico di Napoli, per sviluppare l’idea del “museo fuori dal museo”. Ne è nato il videogioco di grande successo Father and Son, con 4 milioni e mezzo di download, ha portato al museo di Napoli 40mila utenti in tre anni. Il gioco è un viaggio che porta alla scoperta delle bellezze della città e del suo museo. In più ha introdotto un concetto nuovo, per i giocatori che si recano al Museo di Napoli in presenza ci sono dei contenuti aggiuntivi, il che ha stimolato ancora di più.

Nuovi modelli di business

“L’industria del videogioco e i social hanno creato nuovi modelli di business, sfruttando il tempo libero delle persone, arrivando a raggiungere, informare, coinvolgere fino a monetizzare il pubblico per un valore globale di 500 mld di dollari all’anno”. Nel periodo pandemico hanno migliorato fatturato, performance e revenue. Numeri alla mano, la manager fa presente che “i videogiochi nel 2019 hanno prodotto 150 mld di dollari, nel 2020 197 mld. Sono usati da 3 miliardi di persone nel mondo. I social nel 2019 hanno fatturato 277 mld di dollari, nel 2020 330 miliardi. Sono utilizzati da circa 5 miliardi di persone, oltre il 55% di noi usa almeno un social network. Perché sono un modello e un competitor per i territori? La sfida è conquistare il tempo delle persone, che è un bene più finito dei soldi”. Si sta parlando di esperienze virtuali, ma si creano anche delle community. Spesso si pensa che i videogiochi siano appannaggio solo dei ragazzini, ma “se si dà uno sguardo agli utilizzatori si scopre che l’età media è di 37 anni, hanno profonde aspettative come trovare nel quotidiano un tasso di coinvolgimento che hanno nel loro gioco. Si tratta di una eredità culturale, di aspettative, sogni, estetica e collaborazione”. Le persone “provano sentimenti veri in un mondo virtuale, dove l’unità di misura è il tempo.

Qual è il messaggio lanciato dalla manager? “Guardare cosa hanno costruito queste due mega industrie, magari mixandole. Per farlo è necessario cambiare la forma mentale, non so se ci riusciremo, ma dobbiamo almeno parlarne”. Se ci pensiamo un attimo “a livello storico chi ha fatto promozione all’Italia quando ancora l’Italia non era tale? Gli stranieri – dice Frigerio -, Pensiamo a Goethe, al gran tour in Europa, alle scritture e ai dipinti che parlavano di Italia”.

Il caso Monteriggioni

C’è un altro caso interessante su cui riflettere, è il caso di Monteriggioni luogo in cui sono stati ambientati tre capitoli del videogioco Assassin’s Creed. La località toscana è stata ricostruita così come è, però, è stato introdotto un personaggio di fantasia e la sua villa è stata motivo di attrazione e richiamo per molti stranieri che si sono recati a Monteriggioni per poterla visitare, come attestato dalla stessa pro loco. Peccato però che non esista. “Il 15% delle persone che si reca lì sono veicolate dal videogioco”, dice Frigerio. Il successo è stato tale che “il Comune ha deciso di mettere il camminamento a pagamento ed ha inserito un riferimento al personaggio di fantasia”. Detto ciò, la domanda che la manager si pone è se “le adv abbiano mai pensato di fare una fiera di videogiochi? O di proporre il territorio come base del loro videogioco?”. Forse bisognerebbe iniziare a tener conto che “l’Italia è presente in 500 videogiochi. Bisognerebbe iniziare a promuovere certi luoghi dell’Italia meno nota”.

Il videogioco della Farnesina

Si chiama “ITALY. Land of Wonders” ed è un videogioco per far conoscere l’Italia, il suo patrimonio culturale e le sue meraviglie al pubblico straniero, in particolare ai giovani. A lanciarlo è la Farnesina. Adatto ai grandi e ai piccoli è stato realizzato dall’azienda Infinity Reply, Gratuito, è disponibile in 11 lingue in tutto il mondo nelle versioni per iOS e Android, smartphone e tablet. Nel suo viaggio, il giocatore incontrerà 5 Custodi che lo guideranno alla scoperta di Natura, Gastronomia, Arte, Spettacolo e Design, i 5 settori fondamentali del nostro patrimonio culturale. Alla fine del percorso, la sorpresa: il giocatore prenderà il posto di Elio, il protagonista, diventando simbolicamente il nuovo Guardiano del Faro, con la missione di proteggere le bellezze del nostro Paese, ma prima dovrà superare 100 livelli di puzzle game, ognuno con la sua ricostruzione 3D di un luogo simbolo dei tesori dell’Italia. Pensato per chi già conosce l’Italia, ma anche per chi ha voglia di scoprirla, si propone anche come guida di viaggio. Non ultime le musiche, con composizioni ispirate a grandi classici della musica italiana, dal melodramma al barocco a famose colonne sonore, che fanno da cornice.

Lo spunto

Uno spunto su cui riflettere è come mai l’Italia non rientri nei dieci posti più instagrammati del mondo? Se pensiamo che “il 40% dei millennial Uk pre pandemia sceglieva il luogo delle vacanze in base al grado di instagrammabilità del posto”, si comprende l’impatto che tutto ciò può avere in termine di promozione, ma anche che stanno cambiando i criteri alla base della scelta e che c’è altro ad influenzarla, oltre al prezzo. “Per esempio andavano in Spagna, negli Usa, ma non in Italia perché non l’avevano incontrata nei loro luoghi da Instagram”. Certamente all’Italia non mancano le occasioni o gli Instagram spot. Frigerio fa l’esempio della Torre di Pisa e della classica foto che si fa di fronte. “Così si coinvolgono le persone e si attirano, si può arrivare ad un alto grado di conoscenza. E’ un bacino ancora poco conosciuto – dice Frigerio -, ma si deve cercare qualcosa di nuovo, bisogna creare un circuito di valore vero, parlare con i territori che devono aprirsi a queste nuove modalità, si devono legare a una storia. Bisogna essere più pro attivi verso una situazione di novità vera. Tra l’altro servono pochi budget. Se vogliamo cavalcare questa onda dobbiamo cercare di attivare più persone ancora prima che facciano il viaggio, gli utenti dei videogiochi sono miliardi (oltre 3 mld nel mondo) e allora come mai non hanno ancora creato gli hotel per gli amanti dei videogiochi?”. Frigerio fa notare che stiamo parlando di un target che è cambiato, “che non sta più davanti al pc della sua cameretta”. Poi fa un passo in più e lancia un altro sasso, facendo notare che “Tik Tok ha fatto diventare i suoi utenti content creator”.

Un discorso digitale ibrido

Come può il turismo attraverso questi strumenti (social e videogiochi) usarli e vedere se è in target e se un discorso digitale ibrido possa fare capolino o meno? Secondo la manager la risposta è affermativa. “La pandemia ha permesso di constatare quanto le persone abbiano voglia di viaggiare, il poter visitare da casa ha dato buoni riscontri”. Come si è arrivati a tutto ciò? Una parola chiave è “protagonismo”, cioè, fa presente la manager, “mettere le persone al centro, in quanto hanno voglia di essere protagoniste, di essere libere di fare scelte e personalizzare le esperienze. E’ una tecnologia bottom up, che fa ciò che dico io”. Insomma, la manager non ha dubbi sul fatto che la rivitalizzazione del turismo passi dalla gamification. Ci si rifà al concetto di playble city, “di città giocabile in tutto ciò che c’è, l’utente dispone di una tecnologia bottom up che gli serve per essere protagonista nella sua città. In pratica quando ho del tempo libero e sono in città, passeggio e mi chiedo cosa posso fare?  aiuto c’è un’app che mi fa giocare”.

Stefania Vicini

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