Ma che fine ha fatto la Cina? E’ questa la domanda che il turismo globale si sta ponendo, in questi mesi di lenta riapertura che stanno vedendo il gigante asiatico sonnecchiare e non dare particolari cenni di risveglio, almeno per quanto riguarda l’outgoing.
Dove eravamo rimasti
Subito prima della pandemia, la Cina era stata senza dubbio il primo motore della crescita del turismo mondiale, con 166 milioni di arrivi internazionali provenienti da Pechino e dintorni, che l’hanno classificata come primo mercato di origine, per una spesa turistica di 277 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto agli Stati Uniti (157 miliardi) e il triplo della Germania (104 miliardi).
Eppure, 19 mesi dopo, la Cina rimane in gran parte chiusa ai viaggi leisure sul lungo raggio, in entrata e in uscita, nonostante 75 Paesi abbiano aperto le loro frontiere – seppur con le inevitabili cautele – ai viaggiatori cinesi. Eppure, il divieto di vendita di pacchetti vacanza per l’estero rimane in vigore in Cina, mentre il turismo domestico ha subìto negli scorsi mesi un importante stop a causa della variante Delta, rendendo ulteriormente incerta la riapertura. Forse ancora più sorprendente è il fatto che il lancio del vaccino in Cina non abbia aumentato la fiducia quanto in altri luoghi: oltre la metà dei viaggiatori cinesi intervistati da Dragon Trail dichiarava, nella scorsa primavera, di non voler effettuare viaggi long haul.
La domanda (repressa) c’è
E come se non bastasse, oltre all’incertezza sui tempi del ritorno della Cina nel turismo globale, c’è da chiedersi se nel frattempo i papabili “outgoinger” non abbiano mutato i loro desiderata. Ebbene, la risposta è che la domanda repressa c’è, ed è in crescita. A rilevarlo, tra gli altri, è stato un nuovo sondaggio di Dragon Trail, che descrive un quinto dei viaggiatori cinesi come “ansioso di viaggiare non appena ce ne sarà la possibilità”, mentre il 43% viaggerebbe con cautela (a marzo era il 31%) e il 32% aspetterebbe ancora (era il 39% sei mesi fa).
“Molte persone, in particolare le generazioni più giovani, vogliono davvero viaggiare – ha affermato Alina Xiang, ceo di East West Marketing, una società di marketing turistico-digitale specializzata nei mercati dei viaggi outbound da Cina e India -. Ecco perché durante la pandemia, i ‘viaggi’ cloud da casa erano un argomento caldo sui social media cinesi: le persone esploravano le destinazioni attraverso lo streaming live e i social media”.
A luglio, la Cina ha anche annunciato il lancio di un biennio 2021-2022 Grecia-Cina del turismo culturale, con un piano per aumentare i flussi turistici tra i due Paesi, varianti del Covid permettendo. “Non possiamo solo pensare a ciò che abbiamo perso durante la pandemia, ma pensare a quando le cose torneranno alla normalità, a come riconquistare il mercato e come possiamo essere i primi a riportare nel business i viaggiatori cinesi”, ha detto Xiang.
Il turismo interno e la wishlist
Sul fronte del turismo interno, il sondaggio di Dragon Trail di pochi giorni fa ha rilevato che il 71% degli intervistati programma di viaggiare durante l’imminente festa nazionale di ottobre. Le principali destinazioni? Zhejiang, Guangdong, Fujian, Yunnan, Pechino, Hunan, Shandong, Sichuan, Shanghai e Jiangsu. Al top dei trend, troviamo i viaggi immersi nella natura (74% di gradimento), quelli sun&beach (56%) e i parchi a tema (51%), seguiti dal turismo culturale e dalle vacanze in hotel.
Destinazioni: sentiment negativo per tutti, Italia compresa
Quanto alla percezione di sicurezza delle varie destinazioni del mondo, l’aumento dei casi e l’allentamento dei controlli in tutto il mondo hanno fatto sì che le percezioni negative siano aumentate per tutte le destinazioni. Singapore è ancora considerata la destinazione internazionale più sicura, ma l’incertezza e le valutazioni di “non sicuro” sono complessivamente aumentate. Il Giappone, valutato come una delle destinazioni più sicure nel sondaggio di marzo scorso, è ora sceso a una valutazione più vicina al Regno Unito o agli Stati Uniti. Le destinazioni con le percezioni di sicurezza più stabili sono la Thailandia (47% “non sicura”) e il Canada (54% “non sicura”). Gli Stati Uniti rimangono il paese con la percezione di sicurezza più bassa, valutata dall’87% come “non sicura”. L’Italia, in questa speciale classifica di “sgradimento”, è al 53%.
Ripresa vera solo dal 2026
E poi c’è la politica. Non c’è dubbio che le relazioni diplomatiche e commerciali tra la Cina e l’Occidente siano peggiorate nell’ultimo anno, per non parlare dell’aumento dei crimini d’odio anti-asiatici che potrebbero scoraggiare il futuro viaggiatore cinese. Ma nuovi dati suggeriscono che la politica non abbia influito sull’interesse del viaggiatore cinese per le destinazioni a lungo raggio preferite prima della pandemia. L’Asia, l’Europa e il Nord America sono ancora le prime tre macroaree preferite dai viaggiatori cinesi.
In definitiva, l’appetito del viaggiatore cinese rimane importante, e il vero potenziale del mercato outbound cinese deve ancora essere sfruttato. “Solo un cinese su dieci ha viaggiato fuori dal proprio Paese – rimarca Xiang -, eppure una percentuale così ridotta ha fatto un’enorme differenza per il business del turismo globale”. I megatrend di Skift 2025 prevedono che la Cina e il Medio Oriente ridefiniranno le destinazioni più visitate in assoluto, in virtù di una classe media in crescita, spostando così il potere d’acquisto dei viaggi verso Est. Quello che è certo è che il viaggiatore cinese outgoing tornerà, ma ci vorrà del tempo e un ulteriore sforzo per tornare ai numeri pre-pandemia, che secondo le ultime previsioni di ForwardKeys, saranno a livello soltanto nel 2026-2027.