“Nessuno tocchi la flessibilità”. E’ questo il messaggio che arriva forte e chiaro alla travel industry dai viaggiatori, che dopo il lungo stop hanno modificato – in alcuni casi radicalmente – le loro preferenze e i loro comportamenti di acquisto. In primis, per l’appunto, sulla maggiore flessibilità concessa nei mesi della ripartenza, e che ora chi progetta una vacanza si aspetta di default.
Flessibilità: “Qui per restare”
A confermare il trend è arrivato l’ultimo rapporto di ricerca di viaggio di Phocuswright “U.S. Traveler Behavior: Must-Haves for Moving Forward”, che spiega come alcuni adattamenti ai tempi del Covid siano considerati dai viaggiatori necessità temporanee che non vedono l’ora di lasciarsi alle spalle. Per altri trend dettati dalla pandemia, invece, vale il contrario: e la flessibilità, insieme alla sicurezza sulla spesa sostenuta, rimangono fondamentali. Sette viaggiatori su dieci, spiega l’analisi, danno oggi più che mai priorità al booking flessibile e al suo corollario, fatto di politiche di cancellazione sottodata, riprotezioni e rimborsi.
Chi paga?
E i costi di tali politiche? La maggior parte dei traveller ritiene che l‘onere dovrebbe ricadere sulle compagnie di viaggio: all’interno del 70% del “flexibility first”, solo tre persone su dieci sarebbero disposte a pagare un supplemento per il vantaggio della flessibilità. In sostanza, la maggior parte dei viaggiatori si aspetta che i fornitori confermino le politiche di prenotazione implementate durante l’apice della pandemia, rendendole il “new normal“.
Do ut des: carte di credito e programmi fedeltà
In cambio di flessibilità sul booking, i viaggiatori hanno però indicato di essere disposti ad utilizzare una particolare carta di credito, magari branded, per usufruire di offerte flessibili, specie tra gli over 55. Anche l’eventuale obbligo di adesione a programmi fedeltà trova il consenso dei potenziali clienti, o meglio di metà di essi, specie tra i 35 e i 54 anni. Meno accettabili sono invece considerate – come detto – le politiche che prevedessero un’extra-fee (30%).
Ma il prezzo non è scomparso
Ma la flessibilità non fa sparire del tutto il parametro dei prezzi, naturalmente, così come quello della reputazione e dell’allure delle destinazioni. Lo rileva un sondaggio globale di Skyscanner su 24.000 viaggiatori, che nel riportare il fattore economico tra i primi driver di scelta conferma però come la maggior parte dei clienti delle compagnie aeree interpellati dalla società online abbia evidenziato l’esigenza di flessibilità, tranne i viaggiatori giapponesi – che hanno premiato la chiarezza sulle informazioni relative al Covid – e quelli tedeschi, che puntano maggiormente sulla cancellazione gratuita del volo.