Calo delle nascite di nuove startup, diminuiscono gli investimenti piccoli, ma aumenta il valore medio dei round a beneficio di realtà già consolidate. Prevalgono i servizi b2b dedicati al turismo domestico prevalentemente leisure. Lombardia, Lazio e Toscana ospitano oltre il 50% delle startup italiane del travel, il Sud perde il 15%. Sono alcuni dei dati emersi dalla Survey 2021 di Startup Turismo, un appuntamento fisso per l’associazione che la conduce ogni anno presso i suoi associati, in collaborazione con l’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo del Politecnico di Milano. La Survey offre una fotografia del settore dal momento che l’associazione rappresenta l’80% delle startup turismo attive in Italia.
Atteggiamento conservativo
Il dato più eclatante che emerge è quello della generale diminuzione di nuove startup nell’ambito travel: nel 2020-2021 si è verificato un calo del 50% nella costituzione di nuove realtà rispetto al 2018-2019. “Si sta verificando ciò che temevamo – commenta Karin Venneri, presidente di Startup Turismo – ovvero che il deal flow si è fortemente ridotto. Mentre il numero di startup innovative cresce in altri settori, come Ict o farmaceutico/sanitario – grazie anche a importanti investimenti – la crisi del turismo scatenata dalla pandemia ha scoraggiato gli investitori. Il loro atteggiamento è stato conservativo, portandoli a investire in startup esistenti e già in parte consolidate, invece che in nuovi progetti”.
La presidente sottolinea che “sono mancati gli investimenti di taglio medio-piccolo, proprio quelli che nutrono il sistema e contribuiscono a fare nascere nuove realtà e se questa tendenza non subirà un’inversione tra qualche anno non ci saranno più nuove realtà sulle quali investire e potrebbe esaurirsi quella spinta all’innovazione che le startup apportano all’intero settore del turismo”.
Polarizzazione geografica
Un altro dato importante è la forte polarizzazione nella distribuzione geografica delle startup, prima del Covid distribuite sull’intero territorio nazionale e oggi concentrate in tre regioni, Lombardia (scelta da oltre 1/4 delle startup travel italiane) Lazio e Toscana, che insieme ospitano più del 50% di quelle esistenti. Il Sud Italia è l’area che ha perso di più, con un calo del 15%. “Paradossalmente hanno rallentato le regioni che maggiormente si sostengono con il turismo e si è ricreato quel divario che si era colmato negli ultimi anni grazie anche a finanziamenti di natura pubblica – rileva Venneri -. Come associazione stiamo lavorando proprio per riprendere questo percorso interrotto, individuandone le cause e trovando nuovi modelli che rispondano alle esigenze post pandemia”.
Manca un acceleratore specializzato
Sicuramente il turismo risente anche della mancanza di un acceleratore specializzato, a differenza di quanto accade in altri settori, come food ed energia. “Anche su questo fronte stiamo lavorando per sostenere i nostri associati – commenta Venneri – com’è del resto nella mission dell’associazione”. Secondo la Survey, infatti, oltre il 50% degli investimenti è autofinanziato dai founder, mentre poco meno del 20% si deve ai Business Angels, seguiti da enti territoriali, fondi di investimento e incubatori/acceleratori (solo per 13,4% delle startup travel).
I cambi di business
A 18 mesi dall’inizio della pandemia, la situazione rispecchia quella del settore turistico generale: circa 1/3 delle startup ritiene di aver subito una perdita di oltre il 50% del fatturato da settembre 2020 a settembre 2021, ma, data anche la maggiore mortalità e una minore natalità, il fatturato medio è in crescita del 38% vale a dire da 235K a 360K di euro. Sono anche raddoppiate le startup che hanno saputo trasformare il Covid in un’opportunità di business e quelle che ne hanno neutralizzato l’impatto negativo.
Andrea Zuanetti, responsabile Centro Studi Associazione Startup Turismo, sottolinea: “È evidente che il modello organizzativo delle startup, agile e snello, consente di affrontare meglio i cambiamenti. Dalla Survey di quest’anno emerge, infatti, che 2/3 delle startup hanno sviluppato un nuovo prodotto o servizio durante l’emergenza, un esempio su tutti, le startup attive nei servizi di hospitality che hanno introdotto routine di sanificazione delle camere per le strutture ricettive. Un terzo delle startup ha operato un pivot, modificando il proprio modello originale per meglio adattarsi al mercato”.
Le misure di sostegno
Alla richiesta di esprimersi sui sostegni messi in campo dal Governo, emerge che circa il 40% delle imprese non ha alcuna opinione in merito perché, di fatto, non è stata varata nessuna misura specifica per le startup, ovvero le misure non potevano essere adottate da realtà naturalmente sbilanciate verso l’investimento e con pochi ricavi. Tra le startup che ne han fatto uso – ad esempio quelle con dipendenti che sono ricorse alla cassa integrazione – i sostegni del Governo in generale sono giudicati piuttosto positivamente, con l’eccezione del voucher turismo, che non è stato accettato da più di metà delle startup coinvolte.
Non abbiate paura
Venneri conclude con un messaggio positivo: “Il turismo ripartirà e non sarà ‘come prima’ anche grazie all’innovazione che le startup hanno saputo apportare. Per il resto, abbiamo un’ottima domanda interna, siamo il quarto Paese più visitato al mondo e le ricerche sul web dicono che l’Italia è la meta più desiderata a livello mondiale: dunque agli investitori direi di non avere paura, in fondo anche Bill Gates ha comprato i Four Seasons Hotels”.