Sono 29 anni con il Tci per Luigi Cremona, curatore della guida e curatore anche dell’edizione di quest’anno, “Alberghi e ristoranti d’Italia 2022”, che è stata presentata a Milano lo scorso lunedì. “Quest’anno ci sono importanti cambiamenti – dice Cremona -, questi due anni ci hanno messo sulla strada di perseguire altri obiettivi oltre a quello di mangiare e dormire bene. Stiamo cambiando il format, la prima mossa è stata inserire più itinerari e meno alberghi e ristoranti. Sono più racconti, è più un accompagnamento del turista. Questo sarà ancora più evidente nelle prossime edizioni”. Cremona racconta le novità della guida, ma fa un passo in più, sottolineando che, “ciò che è cambiato non è solo questo, ma è il valore che stiamo cercando di dare alla sostenibilità, ma come si tratta? Non è facile – riconosce – in quanto stanno cambiando i parametri, quello che era valido un giorno adesso forse non lo è più alla luce di quanto sta accadendo”. L’esempio che fa è quello degli spaghetti al pomodoro ritenuta la ricetta forse più semplice, virtuosa e sostenibile, ma forse non è così vista quanta energia si consuma per la sua cottura, andando così contro i principi della sostenibilità. Su questo si basa il suo ragionamento o percorso che vuole proporre al lettore e all’ascoltatore.
La sostenibilità economica
Il curatore pone l’accento sulla sostenibilità economica, “un valore che la guida ha perseguito da sempre, cercando di dare il valore sostenibilità economica al turista”, il che vuol dire “permettere ad una famiglia di andare a mangiare e a dormire e pagare una cifra corretta in proporzione a ciò che ha ricevuto. Però la sostenibilità economica deve essere per tutta la filiera”, non solo per il turista, dice Cremona. Deve esserci anche quella dei ristoranti, “ma può essere sostenibile un ristorante che è aperto solo tre sere alla settimana – si domanda -, la pandemia ha moltiplicato queste considerazioni”. Come si è visto in questi due anni sono state inserite le turnazioni serali, due turni alla sera per sostenersi meglio e così quello che prima era poco accetto dalla clientela, come la turnazione, oggi diventa “una modalità virtuosa di mangiare fuori perché è più sostenibile per il ristorante”.
Un altro esempio è il menù degustazione, anni fa era molto poco utilizzato, “anzi si sosteneva che era a danno del cliente che aveva tutto il vantaggio ad avere un menù di 40 o 50 portate, a favore della scelta”. Il curatore però porta a riflettere sul fatto che “ogni ricetta coinvolge mediamente circa una decina di ingredienti, 40 ricette sono centinaia di ingredienti”. Si deve considerare poi che “più aumenta il numero delle proposte più è facile lo scarto, la deperibilità e si va contro la sostenibilità, parlando di materie prime”. Dal punto di vista delle risorse umane cambiano a seconda di quante proposte si devono gestire, se dieci o quaranta.
Lo spreco degli spazi
Cosa vuol dire tutto ciò? Che la sostenibilità “è un valore particolare che va conservato in tutta la filiera. Uno spreco percepito da tutti è quello realtivo al cibo, ma oltre a ciò, ci sono altre forme di spreco, per esempio “quello degli spazi, pochi se ne rendono conto, ma i ristoranti sono spesso ubicati nelle aree più importanti della città, che hanno un valore elevato dal punto vista commerciale e sono vuoti tutto il giorno, tranne due o tre ore alla sera. Non è un caso che se nelle aree metropolitane stiano sorgendo numerose proposte che, se non sono aperte 24 ore al giorno, lo sono dalla mattina alla sera per cercare di utilizzare lo spazio ad ogni ora”.
Lo spreco dell’acqua virtuale
C’è poi lo spreco dell’acqua, tanti ristoranti stanno cercando di ridurlo, ma il problema non consiste solo in questo, perché come sottolinea Cremona, “noi sprechiamo molto più pesantemente l’acqua virtuale“. Per esempio “per fare 1kg di frutta ci vuole qualche centinaio di litro di acqua, 1kg di mele sono 700 litri di acqua in media ed è tanto, per fare un 1kg bistecca ce ne vogliono quasi 50 volte di più, quindi migliaia di litri di acqua. Lo spreco dell’acqua virtuale è ancora più pesante, per questo è importante dare più spazio ai ristoranti che utilizzano più verdura nei loro menù, perché la verdura consuma meno acqua ed è fatta di carbonio e acqua. Il carbonio lo prende dall’aria e lascia l’ossigeno, dà un duplice vantaggio”.
La produzione di CO2
Un altro esempio numerico ci porta a riflettere sul fatto che “ognuno di noi in media produce 5 milioni di tonnellate di anidride carbonica senza accorgersi, come? facendo la doccia al mattino se ne produce 1 kg, andando in macchina ogni 5km si produce un altro kg, cucinando produciamo tanta CO2, nella cucina abbiamo uno spreco di energia pazzesco, il che ci deve far riflettere”, esorta Cremona. Un altro dato che dà l’idea della portata è che, “per mangiare consumiamo 100 volte l’energia che ci serve”.
Cosa si dovrebbe fare? Il suggerimento è di “riprogrammare la mente – dice Cremona -. Siamo cresciuti senza accorgerci di ciò che consumiamo, siamo una fonte di spreco inesauribile, la pandemia e questa situazione energetica ci devono far riflettere”. Secondo il curatore della guida del Tci si dovrebbe “fare un campagna, mettendo la sostenibilità nei programmi di formazione dei giovani per farli crescere ed abituare a interagire in un modo diverso”.
Stefania Vicini