E’ sufficiente scorrere i post su Facebook nei gruppi di agenzie per accertarsi di quanto sia sentita la fame di cash flow. Il trade ha bisogno di incassare e in particolare di trattenere per sé, per la sua attività tanto martoriata in questi due anni, un margine che sia significativo e che giustifichi le ore di lavoro, le arrabbiature, le mille difficoltà che opprimono la sua attività giornaliera. Se da sempre la battaglia con i fornitori di servizi è stata sul calcolo della commissione sulla quota commissionabile, ora è per il trade sempre più difficile accettare che la fetta di parte non commissionabile venga sottratta dal calcolo. Tanto più in una fase in cui gli adeguamenti carburante e le tante voci “straordinarie” inficiano più che in passato i suoi guadagni.
I calcoli
Senza nota polemica, ma come semplice dato di fatto Maurizio Bosia, presidente di VeryNet, ammette: “I margini diminuiscono perché aumenta la parte non commissionabile come adeguamenti e tasse”. C’è poi un altro aspetto che ribalta la prassi dei cosiddetti “tempi d’oro”, quando il tour operator che aveva più prodotto da vendere elargiva più soldi per contenere il rischio d’impresa. Oggi è esattamente il contrario: “C’è qualche operatore che ha ridotto di un punto le commissioni perché ha più prodotto e dà più chance di vendita all’agenzia”. Una decisione che può diventare anche retroattiva rispetto al venduto dell’anno in corso che dovrebbe, in teoria, sottostare alle regole delle precedenti scalette commissionali.
I casi rari
C’è anche il caso di qualcuno che corrisponde la commissione su tutto il pacchetto, tasse e quote di iscrizioni comprese, ma si tratta molto spesso di operatori di nicchia, con una determinata tipologia di prodotto e le agenzie non possono sempre incanalare le richieste su quel fronte. “In realtà in molti casi – sottolinea Bosia – ci si trova a dover ricevere una commissione sul 60% del valore pratica”. E qui basta, ancora una volta, scorrere i commenti del trade per leggere di commissioni di 5, 8 euro su pratiche al di sotto dei mille euro.
La domanda più frequente
Quale è la domanda più frequente che si riceve dai propri affiliati? “Chi mi fa guadagnare di più – replica Bosia -. Questo è quello che sento chiedere costantemente”. Il problema, secondo il presidente, non dipende dai player di settore, ma dal fatto che si vende poco e quindi si deve trovare un capro espiatorio. “Di persone che chiedono informazioni ce ne sono – rassicura – e i viaggi importanti si concludono, ma è la classe media che vive nell’incertezza, tanto più che si assiste ad incrementi sui prezzi che possono arrivare al 30%”.
Numeri alla mano
Per spiegare la situazione Mario Malerba, presidente di Team Valore, fa l’esempio di una pratica di 2000 euro: “L’aereo viene commissionato a parte rispetto al resto del pacchetto, poi bisogna escludere le tasse che non sono commissionabili, l’assicurazione, la quota di iscrizione e così da 2000 si passa a 1600 euro, ma il rischio delle agenzie, così come quello del tour operator è sui 2mila euro di pratica. E facendo i conti il 10% di commissione su 2mila euro è 200 euro mentre su 1600 diventa 160, con un 20% di perdita netta”. Malerba conferma anche la tesi secondo cui diversi operatori stanno riducendo le commissioni. Come reagiscono le agenzie? “Alcune non riescono a reagire, non hanno le capacità per farlo, altre dicono al proprio interlocutore che lo venderanno il meno possibile”, replica il manager, che dichiara: “Bisogna valutare la rete vendita come un collaboratore, senza svilirne la professionalità”. In alcuni casi viene poi a mancare la valvola di sfogo del fai da te in agenzia, perché su questo fronte molti agenti di viaggi si sono arresi, dichiarando che si corrono troppi rischi e quindi sono tornati al classico lavoro di intermediazione.
Laura Dominici