Svela la sua ricetta vincente per la distribuzione organizzata. E’ una formula che ha collaudato in tutti questi 23 anni di carriera che adesso Massimo Segato è pronto ad applicare al Gruppo Uvet. E’ il modello in cui crede, basato su relazioni tra le parti, soluzioni win win per tutti e parole chiave quali inclusività, il filo conduttore dei suoi pensieri. Il manager nel Gruppo Uvet è responsabile della Divisione Distribuzione, che include il network a marchio Uvet Travel System, le agenzie di proprietà, le agenzie associate in partecipazione a marchio Last Minute Tour e i consulenti di viaggio a marchio Personal Travel Specialist. Semplificando, Segato ha un duplice compito in azienda, è responsabile della parte distributiva, ma anche del tour operating per quanto riguarda le vendite, “il che è un vantaggio in quanto accorcia molto la catena e permette di scaricare a terra le scelte fatte quasi in tempo reale”, commenta. Il manager crede in valori precisi e difende parole quali “trasparenza”, soprattutto nei rapporti con le adv.
Sono caduti i dogmi
La fotografia che scatta al mercato è nitida. “Vive una incertezza di fondo”. E questo perchè “sono caduti tutti i dogmi degli ultimi decenni, l’illusione di una crescita continua – dice -. Ora si è senza punti di riferimento, parliamo, ci sono opinioni, sensazioni, ma manca un confronto con uno storico recente. Prima si costruiva il budget in base allo storico dell’anno prima, adesso non lo si può più fare. Tutto ciò ha un impatto nella testa delle persone”. Quindi cosa si deve fare? A suo dire “nelle dinamiche di mercato e nel rapporto tra produzione e distribuzione avrà la meglio chi porterà inclusività“.
Cambiano le regole del gioco
Segato non ha dubbi: “Bisogna fare squadra, non con le parole, ma con i fatti”. Siamo in un momento storico in cui il cliente, “ha un potere di acquisto limitato, ma intanto – in generale – si sta deposizionando il potere del marchio. Quindi ciò che si deve fare ora è far comprendere al mercato se, al di là del brand, ci sia sostanza o meno. Cambiano le regole del gioco”.
Uvet, come tutti, ha vissuto due anni difficili. Poi ha avuto delle sue complessità specifiche. Un accenno al vettore, per riconoscere ed affermare che è stato fatto “un buon lavoro prima dell’arrivo del Covid. Dal canto suo la compagnia del Gruppo Uvet è sempre stata in crescita per fatturato, personale, Ebitda e utili, la gestione di Uvet era vincente, poi c’è stata la pandemia, gli aerei fermi nel 2020. Quello aviation – osserva Segato – è uno dei business più complessi che abbiamo nel travel. Poi da febbraio di quest’anno il business ha iniziato a girare”. In particolare sono buoni i segnali per la parte global del bt dove “il livello di emissione sfiora il 90% dei volumi del 2019. L’emissione quotidiana supera i 2 milioni di biglietteria, cifra, che una adv medio-grande, fa in un anno di Bsp. Poi è partita la parte Mice, gli eventi, soprattutto il settore pharma, che per noi è importante e man mano il tour operating e la distribuzione”.
La ricetta
Qual è ora l’obiettivo per il network? “Avvicinare la forbice tra le aspettative delle adv e la capacità nostra di risolvere i loro problemi”. E’ questa la formula di Segato, la sua ricetta per la distribuzione organizzata, che ha messo in pratica da 23 anni nel settore. Una bussola che trova conferma anche all’interno del Gruppo Uvet. “Bisogna creare i presupposti per avere successo attraverso i vantaggi che si portano ai nostri affiliati, in pratica o si vince tutti o si perde tutti. Non esiste che uno vince e uno perde, ma solo soluzioni win win”. Che vengono applicate su tre fronti: in termini di contrattualistica, come iniziative di prodotto, avendo elementi di competitività da dare ai clienti e come convenzioni legate alle complessità gestionali. Per esempio il network ha deciso con i t.o. di casa, di portare “le adv affiliate Uvet nel cluster Selection, che prevede un livello di servizio che di regola è riservato alle adv alto spendenti”.
I numeri del network
Parliamo di numeri. Alla domanda su quante siano ad oggi le adv Uvet, Segato dichiara che sono “intorno alle 500”. Di queste “55 sono dirette e con dipendenti e in Aip”. Le affiliate sono circa 450. Il manager ci tiene a precisare che quel “circa” ha un suo perchè ben preciso. In quanto per circa una quarantina di adv si deve ancora comprendere se sono aperte oppure no. Può sembrare strano, ma succede che non sempre rispondano al telefono e quando lo fanno “dicono che lavorano part time e che devono decidere ancora cosa fare”. Una situazione che è una chiara fotografia di mercato, in cui è normale che un imprenditore “si sia preso del tempo per decidere sul da farsi”, riconosce il manager. Adesso quel “di cui” si fa fatica a quantificarlo, per comprendere quanto può valere, cioè se quelle adv si devono “considerare aperte o meno, bisognerà attendere fine 2022. D’altra parte è anche difficile stabilire quante siano le adv ad oggi a livello nazionale – osserva il manager -. C’è chi dice 6.500, alcuni dicono numeri maggiori, ma è chiaro che parliamo di stime”.
Valorizzare le trasversalità
Segato è molto trasparente nel suo racconto e non nasconde che Uvet Network abbia vissuto una serie di discontinuità durante la pandemia. Alla domanda su quale sarà la linea di condotta che intende portare avanti, fa sapere che l’obiettivo è cercare di valorizzare le trasversalità. Uvet ha in sé diverse anime, bt e leisure, che “sono state parzialmente sfruttate in termini di vantaggi per le adv, pertanto l’idea è di rendere concreto il potenziale che questa situazione esprime”. Per farlo saranno aperti “i dialoghi con i manager delle altre business unit per mettere a fattore comune gli elementi che possono essere utili alle adv. E’ il modo che conosco per avere successo. Le prime donne fanno poca strada, se si lavora di squadra si ottiene che le persone lavorano più volentieri e questo spirito si estende ai clienti e agli affiliati, in quanto la dialettica non è più contrappositiva”.
Il concetto di networking attuale
Detto ciò, il modello di network tradizionale è ancora attuale? Il manager osserva che il mondo della distribuzione turistica ha caratteristiche precise. “La dimensione media dei t.o. è maggiore rispetto a quella che c’è nella distribuzione il che impone alle adv di unirsi in qualcosa che permetta loro di avere un dialogo di pari dignità. Il concetto di networking attuale nel post-Covid va adattato alla realtà, certi atteggiamenti non inclusivi non sono i più adatti – afferma -. Il network deve essere in grado di esprimere valori e vantaggi percepibili verso le adv affiliate e verso il mondo dei partner fornitori. L’errore da non fare è essere percepito come tassa da pagare, le negoziazioni contrattuali sono un gioco finito ieri, che il network deve trasformare in valore e generare un flusso virtuoso per le adv”.
Un messaggio chiaro alle adv
Segato non nasconde che nei mesi addietro ci siano state “voci non confortanti, molto di più nel leisure rispetto al bt, dove abbiamo rinnovato tutti i contratti con le aziende, accorciando i tempi per i pagamenti”. A suo dire quello del business travel è un settore dove “si guardano di più i fondamentali, i bilanci – spiega il manager -. E’ un settore più complesso, ma allo stesso tempo più semplice”. Per il leisure “il nostro obiettivo è ridipingere questa immagine un po’ appannata, facendolo non con proclami, ma concentrandoci su quello che stiamo facendo. Vogliamo dare un messaggio chiaro alle adv, lavorare con il team sul consolidamento delle basi del network e restituire alle adv il valore che si aspettano. Poi ripartiremo con il discorso dello sviluppo“.
Segato osserva che sono stati anche anni difficili per le “relazioni con i fornitori, ma c’è apertura da parte loro. Le aziende vivono di cicli, gli ultimi due-tre sono stati complicati, ma chi lavora con noi fa un ragionamento a lungo termine e adv e fornitori stanno dimostrando questa maturità”.
Come fare margini
Concretamente oggi come si porta le adv a fare margini? Facendo sistema con alcuni partner fornitori, ma anche portando avanti “una progettualità congiunta in termini di prodotti da vendere”. C’è poi un aspetto su cui il manager pone l’accento ed è il prodotto centralizzato, “allotment con alta marginalità a disposizione delle adv affiliate, su questo prodotto sarà dato grande impulso, in quanto genera importante marginalità. Vogliamo creare operazioni di marketing, di indirizzo delle vendite attraverso operazioni che vogliono consolidare il traffico”.
In questi due anni di pandemia il digitale ha avuto molto rilievo e si è temuto che potesse prendere il sopravvento sugli spazi di vendita fisici, invece, “da fine 2021 ha iniziato a flettere” ed è tornata “la frequentazione dei negozi fisici“. Non è avvenuto solo in ambito turistico, ma in generale come comportamento nel retail. E questo perchè “il consumatore vuole recuperare la socialità anche nei momenti di acquisto. E’ una sorta di spirito di Rinascimento ed è un momento importante per le adv soprattutto se riusciranno a trasferire valore aggiunto al cliente grazie ad una vendita qualificata”. Il cliente oggi vuole essere rassicurato, “preso in braccio – dice Segato – e l’adv deve far comprendere che è in grado di assisterlo”. Il manager racconta che, parlando con alcuni punti vendita, è emerso che ci sono clienti che oggi “tendono a discutere meno se devono pagare 30 euro in più perché hanno compreso che se si fidano di una persona non ha senso discutere. E questa è una opportunità straordinaria per le adv”.
I Pta lo scenario del futuro
Le ultime due domande sono su due argomenti di cui si è discusso molto negli ultimi tempi. La pandemia e la crisi che ne è derivata hanno portato a pensare che la figura del Pta potesse avere uno sviluppo notevole in questo periodo, offrendo una nuova opportunità ad agenti di viaggi che hanno perso il lavoro o che erano stati costretti a chiudere la propria adv. A detta del manager “la partita non è ancora chiusa, in quanto si deve capire quante adv restano da qui a un anno. I Pta sono ex banconisti che portano avanti il mestiere sotto altra forma, sarà lo scenario del futuro, con meno adv, ma ognuna sarà il centro stella a cui fare riferimento”. Si tratta di ex agenti che apprezzano il fatto “di avere meno orari rigidi, che possono seguire meglio il cliente, certo, fanno le adv 24 ore su 24, ma durante la giornata possono anche fare altro, pertanto la loro può diventare una scelta di vita, potrà essere un filone che avrà ulteriore impulso“.
L’Aip? C’è tempo per il boom
L’altro tema è quello dell’Aip. Anche in merito a questa formula si è pensato che potesse avere un forte impulso nel settore, ma secondo il manager “si è corso troppo”. Il motivo va rintracciato nel fatto che “una adv storica abituata a lavorare in autonomia non sceglie l’Aip perché vuole avere la gestione della adv. Chi culturalmente ha questa formazione professionale piuttosto la chiude l’adv”. A suo dire è stata fatta “una iper semplificazione del tema. Concettualmente ci poteva anche stare pensare che ci sarebbe stata una crescita dell’Aip, ma nella realtà no. L’Aip ha un futuro, ma con figure più giovani, ma non mi aspetto un boom”.
Stefania Vicini