Il riscatto dei parchi? Quando (tutti) torneranno ad investire

“È ancora presto per parlare di riscatto”. Non ha dubbi in merito Luciano Pareschi, presidente Associazione Parchi Permanenti Italiani nell’analizzare la situazione del comparto. Non è solo una questione di numeri, che, “in valore assoluto, sono buoni”, afferma a Guida Viaggi, in quanto si deve tener presente che “gli operatori sono ancora alle prese con gli effetti della crisi pandemica, che ha messo a dura prova la liquidità delle imprese: rispetto al 2019, hanno perso in media il 75/80% del fatturato nel 2020 e il 50% nel 2021”.

Senza novità un parco si ferma

Non è tutto, in quanto un elemento da non trascurare è che “i più grandi hanno alle spalle fondi di investimento internazionali o realtà finanziarie consolidate che possono fronteggiare la situazione, ma dobbiamo pensare anche alle realtà più piccole”, afferma. E così a suo dire “di riscatto si potrà parlare quando tutte le imprese del settore saranno nuovamente nelle condizioni di poter tornare ad investire. Gli investimenti in innovazione sono una leva competitiva imprescindibile per il comparto: senza novità un parco si ferma, perde attrattività. Fino al 2019 il settore investiva in media il 25% dell’intero giro d’affari legato alla biglietteria”, asserisce il manager.

Investimenti completati

Qual è stato, quindi, l’atteggiamento assunto dai parchi per questa stagione in tema di novità ed investimenti? Pareschi rivela che è stato “piuttosto conservativo, anche se molte realtà hanno potuto finalmente completare gli investimenti pianificati per il 2020 e il 2021, presentandosi all’appuntamento con la stagione 2022 con importanti novità. Stiamo valutando lo sviluppo di gruppi di acquisto interni all’associazione: questo è un momento molto delicato e mai come ora è necessario fare sistema, soprattutto in un settore che non ha alle spalle una lunga cultura associativa”.

Quanto poi al cliente finale, ogni parco ha sviluppato “le proprie campagne commerciali, anche se, in generale, con l’allentamento delle restrizioni legate alla pandemia, la risposta del pubblico è stata nel complesso positiva”.

L’accordo pilota da replicare

I nodi da sciogliere sono ancora tanti. Nell’immediato Pareschi fa presente che si deve “agevolare l’accesso al credito, approfittando delle opportunità disponibili, spesso sconosciute agli imprenditori o troppo complesse da cogliere senza il supporto di un’associazione di categoria. In Veneto, regione nella quale opero direttamente con Caribe Bay, stiamo già lavorando con il benestare del presidente Luca Zaia e l’appoggio fondamentale del direttore Federico Meneghesso per consentire ai parchi permanenti di accedere ai bandi a rotazione di Veneto Sviluppo. Si tratta di uno strumento già ampiamente utilizzato da Federalberghi che permette di ottenere contributi a mutuo agevolato e a fondo perduto per gli investimenti in innovazione”, spiega il presidente.

L’obiettivo? “Definire un accordo pilota riservato all’associazione Parchi Permanenti Italiani da replicare tale e quale o con gli adattamenti del caso nelle altre regioni. Si tratta di un’opportunità importante che ci permetterebbe anche di attrarre nuovi associati, incrementando le dimensioni e il peso dell’associazione nei confronti delle istituzioni”.

In attesa dell’attenzione delle istituzioni

Tra i temi del momento c’è quello della crisi di governo e gli interrogativi che ognuno si pone è se andrà a complicare ancora di più la situazione di ogni comparto. Rispondendo alla domanda, Pareschi tratteggia in modo molto nitido – con un po’ di amarezza – quella che è la situazione: “A differenza di quanto accade sul territorio, dove siamo riconosciuti per la nostra attrattività turistica e l’indotto, a livello centrale non godiamo di particolare attenzione da parte delle istituzioni: siamo spesso equiparati ad altre categorie, come gli spettacoli viaggianti, che seppur apparentemente simili alle nostre realtà, si basano su logiche totalmente diverse. Durante l’ultimo biennio l’associazione ha portato avanti un’importante campagna di sensibilizzazione e ci auguriamo che questa crisi e il conseguente cambio di interlocutori non vanifichino gli sforzi compiuti”.

Bene il mercato interno

I numeri sono buoni in relazione al trend della domanda. Al momento quella del mercato interno, “che rappresenta la componente più importante, con una media di 20 milioni di visitatori ogni anno, è allineata ai livelli del 2019, mentre per quanto concerne l’estero i flussi sono ancora ridotti, a causa degli effetti della pandemia e delle ripercussioni legate all’attuale crisi geopolitica”.

Tra inflazione e rincari

Il mix di fattori quali inflazione, caro energia, aumento dei prezzi rappresentano un ostacolo non indifferente per il comparto, basti dire che “i parchi sono realtà energivore e subiscono direttamente e in modo molto forte l’aumento dei costi. Parallelamente, non possono incrementare eccessivamente i prezzi perché entrerebbero innanzitutto in competizione con altre forme di intrattenimento e, in secondo luogo, perché hanno una funzione sociale: i parchi offrono allegria e divertimento, contribuendo al benessere fisico e psicologico, per questo devono essere accessibili alla maggior parte delle persone”.

Le campagne di recruiting

Un altro tema di cui si è molto dibattuto è quello della mancanza di personale nel settore turistico. Come ha impattato nel caso dei parchi? Il presidente spiega che in generale, “tutti i parchi hanno riscontrato problematiche nelle campagne di recruiting, per quanto concerne il lavoro stagionale”. A suo dire “è necessario riformare il mercato del lavoro, optando per la riduzione della pressione fiscale, affinché le aziende siano incentivate ad assumere e possano offrire salari più alti”. Quanto alle possibili soluzioni, nell’immediato, i parchi hanno cercato di sopperire alla carenza di personale, “ottimizzando l’organizzazione interna, anche attraverso la digitalizzazione, che ha permesso di automatizzare alcune attività, come i pagamenti e la biglietteria. Salvo alcuni episodi isolati e limitati nel tempo, non ci risultano ridimensionamenti dell’offerta, in termini di orari e disponibilità di attrazioni”.

L’avanzata dei fondi stranieri

Il settore dei parchi è anche “capital intensive”, pertanto “la drastica riduzione degli incassi a fronte di costi fissi che non potevano essere tagliati in caso di lockdown, come quelli legati alla manutenzione, e ristori esigui, ha spinto molte realtà imprenditoriali italiane a cedere in tutto o in parte le proprie aziende a fondi di investimento stranieri, ben consapevoli del potenziale del comparto. Più che di defezioni, quindi – precisa il presidente – si parla di perdita di asset strategici per il turismo, che passano sotto il controllo delle multinazionali dell’intrattenimento”.

In attesa del 2024

Resta difficile fare una previsione su quando il comparto potrà tornare ai numeri pre-pandemia. Tra i motivi c’è la “frammentarietà del settore e le profonde differenze che intercorrono tra le imprese che lo compongono. Ci auguriamo di lasciarci alle spalle la crisi entro il 2024, ma è evidente che ci sono in gioco molte variabili, dalla crisi geopolitica all’andamento della pandemia, fino al clima, che, per strutture all’aperto come le nostre, sta diventando una variabile fondamentale”, commenta Pareschi.

I numeri del comparto

Dal canto suo l’associazione Parchi Permanenti Italiani, aderente a Confindustria, rappresenta un comparto composto da circa 230 aziende tra parchi tematici, faunistici, acquatici e avventura. Nel 2019 ha generato un giro d’affari di 450 milioni di euro riferiti alla biglietteria, la cifra sale a 1 miliardo, considerando l’indotto interno ai parchi, come la ristorazione e il merchandising, e a 2 miliardi con l’indotto esterno, relativo ad esempio a centri commerciali, hotel e altri servizi in prossimità dei parchi.

A livello di occupazione, il settore impiega 25mila persone tra dipendenti fissi e stagionali, 60mila con l’indotto. Numeri alla mano nel 2019 sono stati 20 milioni i visitatori provenienti dall’Italia, a cui si aggiungono 1,5 milioni di stranieri, per un totale di 1,1 milioni di pernottamenti in hotel”.

Stefania Vicini

Tags: ,

Potrebbe interessarti