Ci scuserà Shakespeare se per una volta il travel disturba Amleto ma la questione è nebulosa. Nel 2021 il ministero della Transizione ecologica ha definito le modalità attuative delle disposizioni relative alla figura del mobility manager determinando, nei fatti, l’obbligo di tale figura per le unità locali con più di 100 persone che vi operano stabilmente.
Punti di contatto
Le aziende si sono spesso adeguate incaricando l’ufficio travel di questa nuova mansione. Ma come è andato il processo? Quali sono i punti di contatto tra la gestione trasferte e mobilità aziendale? Skill personali, processi aziendali, normative di riferimento sono interscambiabili?
Il Corso di alta formazione in Data analysis and reporting for business travel intelligence, attivato all’Università di Bologna, ha affrontato questi temi nell’ultima sessione formativa.
“In generale – commenta Silvia Verzini, consulente Business Travel Management e responsabile comunicazione del corso -, l’approccio formativo classico è focalizzato principalmente sul cercare le peculiarità o le differenze tra ruoli e processi. L’obiettivo del nostro Corso, diversamente, è rintracciare i punti di contatto, le interazioni tra ruoli e processi in modo da suggerire percorsi di organizzazione sinergici tra le due mansioni che siano anche sostenibili e innovativi per le aziende”.
Dall’Agenda 2030 alle 5 P
Abbiamo aperto questo percorso di ricerca con Valentina Ubaldi e Paola Brovazzo di Zucchetti. Si è parlato dell’Agenda 2030 e delle 5P (persone, pace, prosperità, partnership, pianeta). Cinque punti nodali dai quali i travel manager moderni partono per la creazione delle proprie policy e l’organizzazione del travel program, gli stessi che rappresentamo i pilastri sui quali poggiano progetti di sostenibilità alla base del processo di mobility management.
La formazione è proseguita con Cecilia Pantaleo e Flavia Trezzini di AirPlus International Italia. Si è discusso di obiettivi Environmental, social and governance (Esg) e finanza sostenbile. Impatto sull’ambiente e sulla società di queste mansioni, in modo da includere tutte le iniziative che concorrono a determinare come l’azienda viene amministrata e caratterizzano l’immagine verso l’esterno della governance. Perché mobilità e trasferte diventano capisaldi dell’investimento sostenibile e responsabile e sono quindi alla base della redazione dei bilanci non finanziari.
Serve uno standard minimo
Ma come misurare la sostenibilità? Gli strumenti per il travel e la mobility sono già presenti sui mercati di riferimento e qui ci viene in aiuto il professor Andrea Guizzardi, ragionando sull’approccio strategico ai dati e alla loro analisi.
“Il punto è che non disponiamo di dati sufficienti a garantire un calcolo esatto nella misura delle emissioni connesse alla mobilità. Ad esempio, stile di guida, numero di persone trasportate o fonte utilizzata per la produzione di energia elettrica modificherebbero l’impronta ecologica delle trasferte se fosse possibile includerle nel calcolo. Il risultato è che calcolatori di emissioni differenti danno misure differenti di una stessa realtà mentre servirebbe uno standard minimo, condiviso da tutti, per garantire la comparabilità di quanto rappresentato nei bilanci non finanziari”.
Relazione difficoltosa
Il tema è caldo, come dimostra l’interesse dei travel manager iscritti al Corso per l’intervento di Giuseppe Viesti, Travel & Mobility manager di Ferragamo. Viesti ha condiviso la propria esperienza professionale sottolineando diversi aspetti pratici del ricoprire un duplice ruolo offrendo consigli consigli e anche condividendo dubbi.
“È mia personale opinione che la relazione fra travel e mobility manager sia difficoltosa da trovare e, in qualche maniera, legata al significato che si dà a queste parole. Per “travel” è oramai assodato parlare di colui che gestisce in vario modo le trasferte aziendali e in alcuni casi anche eventi. Sulla parola “mobilty”, invece, ci sono discordanze di interpretazione, o meglio significati diversi che vengono applicati. Qualcuno intende colui che si occupa di flotte aziendali (mobility o anche fleet manager), altri di trasferimento di dipendenti (expat, cambi sede etc), altri ancora della figura che gestisce il commuting casa-lavoro dei dipendenti. Non sta a me decidere se siano corrette o sbagliate. Se però pensiamo alle connessione fra travel manager e mobility manager legato alla Legge 77 del luglio 2020 e successivo D.I 179 del maggio 2021, ho seri dubbi si possa trovare qualcosa in comune”.
Manca la legittimità
“Mi meraviglio – prosegue Viesti – infatti della semplicità con cui si accostano queste due professioni come se fossero l’uno la naturale declinazione dell’altra. Basta leggere i requisiti e i compiti contenuti nel decreto 179 per capire che il mobility manager potrebbe essere fatto da qualcuno che non ha idea di cosa sia il travel e viceversa. Nozioni, tecnicità, peculiarità del ruolo non mi sembra siano sovrapponibili. Che poi, alla fine, qualcuno possa assolvere contemporaneamente alle due mansioni è assolutamente plausibile. Io sono uno di questi casi. Però il punto di contatto che io vedo purtroppo si concretizza nel fatto che nessuno dei due ruoli ha una ufficialità certificata in un albo professionale. È lodevole lo sforzo delle associazioni che promuovono l’una o l’altra figura, ma finché non troveremo il modo di avere una legittimità data da una certificazione attraverso un esame statale e un albo, resteremo nell’uno e nell’altro caso solo una delle job description più sexy da mettere sulle business card”.
“Travel e mobilità – hanno concluso i travel manager presenti – sono evidentemente processi differenti e il corso ci sta specializzando verso conoscenze e capacità per analizzare al meglio il nostro ruolo di travel manager e i cambiamenti che subirà rispetto ai nuovi scenari. Ciò che ci è finalmente chiaro, grazie a questo percorso, è che non è sempre responsabilità del travel manager il “fare” ma lo è sempre il conoscere”.