Accordi e direttiva: si rischia uno “stato di guerra”

La riforma della direttiva pacchetti e la proposta di limitare o abolire gli acconti messa sul piatto dalla Commissione Europea continua a creare nervosismo nel settore. Dalla Francia, con Seto, il sindacato dei tour operator, al Belgio con Ectaa, The European Travel Agents’ and tour Operators’ Associations, fino all’Italia, con Assoviaggi, l’allarme è generale. 

Le premesse 

“Stiamo collaborando con il Ministero, che è l’interlocutore della Commissione Europea - afferma Gianni Rebecchi, presidente Assoviaggi – nella proposta di modifica della direttiva”. L’idea con cui è stata proposta questa normativa nel 2015 era quella di tutelare i consumatori nell’acquisto online di un insieme di servizi turistici collegati, che prenotando sulle Ota altro non sono che un pacchetto. In Italia la direttiva è stata recepita l’anno successivo con la abolizione del fondo di garanzia pubblico e l’obbligo per gli operatori di dotarsi di uno strumento che proteggesse dall’insolvenza. Il Codice nazionale del Turismo è stato di conseguenza modificato in diversi articoli. Con il Covid lo Stato italiano ha deciso di ricorrere a un articolo della Costituzione che tutelasse il proprio sistema economico: ecco i voucher, scelta poi seguita da altri Paesi e sostanzialmente dall’Europa. 

L’intenzione della Commissione, riconosce Rebecchi, è “di tutelare ancor di più il consumatore, dal momento che la pandemia ha messo in luce il problema dei rimborsi. La direttiva, però, è stata pensata in un momento, per così dire, di pace, ma introducendo le modifiche annunciate si mette il sistema in uno stato di guerra. Una pandemia, almeno si spera, non accade ogni giorno e se domani si chiudesse di nuovo tutto – ipotizza il presidente - non ci sarebbero comunque risorse sufficienti a rimborsare tutti i consumatori. Quale assicurazione o fondo potrebbe farlo?”, si domanda Rebecchi. E la risposta è, naturalmente, nessuno. 

Gli acconti 

Rispetto alla questione acconti, il presidente è ancora più critico: “Un’ipotesi del genere denota la mancanza di conoscenza delle dinamiche di un intero settore. Se esiste l’obbligo per l’operatore di dotarsi di un fondo, perché le compagnie aeree non sono tenute ad avere uno strumento simile di tutela? Noi lo chiediamo da tempo; se dobbiamo proteggere il consumatore, tutti devono offrire le medesime garanzie”. Rebecchi va oltre: “I voucher vanno introdotti come elemento di rimborso, che riconosce un credito”. Esistono un limite massimo e uno minimo nella richiesta degli acconti? “Non c’è una quota predefinita o una percentuale fissa - ricorda il presidente -, diciamo che nella media in Italia è del 30%”. 

Le soluzioni 

Quali le possibili soluzioni? Se Iata, lascia intendere Rebecchi, sulla tematica non interviene (come in molti altri casi, aggiungiamo), le compagnie aeree ”potrebbero includere nel loro esercizio, suggerisce il presidente, una parte destinata all’accantonamento. Se, per fare un esempio, un vettore trasporta 8 mln di passeggeri e per ognuno fosse messo da parte un euro, i conti sono presto fatti”. Oppure sarebbe auspicabile “l’istituzione di un fondo europeo in caso di eventi catastrofici o non prevedibili - ipotizza il presidente - che si affiancasse alle garanzie private”. E comunque, ci tiene a sottolineare Rebecchi, “nemmeno nel mondo bancario il consumatore è garantito così tanto”. Insomma, “facciamo regole uguali per tutti e soprattutto che ciascuno le rispetti”. 

L’ipotesi sistema ammortizzatori fiscali 

Se si guarda alla tematica dal punto di vista delle tutele assicurative, l’avvocato Carmine Criscione, legale di Welcome Travel, osserva che, a suo avviso “bisognerebbe rendere obbligatorie per legge le polizze mediche per destinazioni nelle quali la sanità pubblica non ha livelli di organizzazione medi oppure è sottratta, in parte, alla gestione pubblica”. Si dovrebbe anche “prestare maggiore attenzione al cosiddetto fondo di garanzia che oggi è fondamentalmente gestito quasi esclusivamente da consorzi o altre forme associative mentre le assicurazioni ed ancora meno le banche non hanno mostrato alcuna attenzione a questo strumento, finendo per svilire la portata dell’art. 47 comma III del Codice del Turismo – asserisce Criscione -. Inoltre, il peso economico dei costi della garanzia insolvenza e fallimento sono a totale carico dei professionisti, già falcidiati dalla pandemia e da altri eventi successivi deleteri (guerre ed annullamento voli), mentre si potrebbe quantomeno prevedere un sistema di ammortizzatori fiscali per favorire l’attivazione di garanzie ‘effettive ed adeguate’ come prescrive l’art. 47 comma 4 del Codice del Turismo”. 

Stefania Vicini-Nicoletta Somma 

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