“Maggioranza e opposizione si uniscono per sbloccare l’aumento delle tasse sui turisti”. E’ questo il senso – dice Federalberghi – di un emendamento alla legge di bilancio, presentato da deputati dell’opposizione e accolto dai relatori di maggioranza, che facilita, a partire dal 1º gennaio 2023, il raddoppio del valore massimo dell’imposta di soggiorno, portandolo da 5 euro a 10 euro a notte per persona.
Brutto regalo per le imprese
Come sottolinea una nota di Federalberghi, la misura interessa i capoluoghi di provincia in cui la media delle presenze turistiche nei tre anni precedenti è di venti volte superiore al numero dei residenti.
‘“E’ un pessimo regalo di Natale – dice Federalberghi – per le imprese e i lavoratori del turismo delle destinazioni interessate, che con grande fatica si stanno risollevando dal baratro in cui erano sprofondate durante la pandemia e sono tuttora alle prese con la stangata del caro energia”.
Emendamento incomprensibile
Si susseguono i commenti dal fronte associativo. In una nota Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria, mette in luce il suo pensiero. “In un momento così delicato in cui il turismo, finalmente dopo oltre due anni di restrizioni, stava ripartendo ci lascia sorpresi la tempistica di un emendamento alla manovra, a firma del PD, in materia di imposta di soggiorno approvato in Commissione Bilancio – dichiara Lalli – attraverso il quale diventa possibile alzare l’imposta di soggiorno a 10 euro nelle città che, in base alle ultime rilevazioni, abbiano avuto presenze turistiche venti volte superiori a quelle dei residenti. E’ un provvedimento che, in una fase di riavvio del turismo, rischia di compromettere il delicato recupero di destinazioni che stavano appena rialzando la testa, di caricare di ulteriori costi i turisti e di burocrazia gli albergatori”.
Lalli sottolinea che “i Comuni non possono pensare di continuare a far cassa a colpi di tasse che colpiranno la fascia di turisti che pernotta nelle strutture ricettive e che non toccherà invece quella enorme platea di soggetti che a vario titolo e non sempre legalmente, offre alloggio nelle destinazioni turistiche”.
La stangata
“Tassare i turisti non ci sembra una buona strategia – rincara Vittorio Messina, presidente nazionale di Assoturismo Confesercenti – proprio in un momento di ripresa come questo. Si rischia di scoraggiare i visitatori, soprattutto le famiglie, offrendo loro un incentivo per ridurre la durata del soggiorno, e di spingere fuori mercato le città d’arte. L’esatto contrario di quello che dovremmo fare”, sottolinea il presidente nazionale di Assoturismo Confesercenti, commentando l’emendamento.
“L’imposta di soggiorno è già una gabella poco gradita, anche perché – in teoria – avrebbe dovuto essere un’imposta di scopo destinata agli investimenti per lo sviluppo del turismo, ma le risorse sono arrivate al comparto con il contagocce e solo in alcuni territori. Con questo nuovo intervento, poi, l’imposta diventa un vero e proprio esborso, da 280 euro a settimana per una famiglia con due figli”.
Messina la definisce “una stangata da evitare assolutamente anche in considerazione del fatto che l’imposta di soggiorno già costa agli ospiti delle strutture ricettive italiane più di mezzo miliardo di euro l’anno: tra questa e l’Iva su prodotti e servizi turistici, i visitatori del nostro Paese sono tra i turisti più tartassati al mondo”.
Basta tirare la corda
Dal fronte alberghiero arriva l’allarme anche di Associazione Italiana Confindustria Alberghi, che dice: “Basta tirare la corda, sta per rompersi”. Nella nota si fa presente che “il settore è stretto tra aumenti spaventosi dei costi, primo tra tutti è quello dell’energia e la crescita astronomica del costo dei mutui accesi per resistere alla crisi Covid. Già a fine 2020 il ricorso all’indebitamento bancario nel settore alberghiero era di +45,6% a fronte del dato medio italiano di +34,5%. Una situazione molto delicata per le imprese del settore: la domanda turistica sta andando bene, ma l’incremento dei costi sta azzerando i margini rendendo sempre più difficile il recupero dei due anni di fermo causati dalla pandemia”.
Il peso del carico fiscale
L’associazione porta a considerare che “l’aumento della tassa di soggiorno varato nella Legge di Bilancio pesa su un equilibrio ancora difficile. Il paradosso è che il settore dà già moltissimo ai comuni tra Imu, Tari, tassa di soggiorno ordinaria e molte imposte minori, ma a quanto pare non basta e si pensa di poter spremere ancora le imprese. Le 22.000 aziende del settore alberghiero sono strangolate dal carico fiscale e dagli aumenti che in alcuni casi stanno superando ampiamente il dato già impressionante dell’inflazione. Le città che sono le prime destinazioni del provvedimento, in questi mesi hanno vissuto di una domanda estera sostenuta, ma già oggi scontano l’apprezzamento dell’euro e, con la stretta sui tassi che la Bbe ha già annunciato per i prossimi mesi, vedono ridurre drasticamente la propria attrattività e competitività rispetto ad altri mercati.
Il carico ulteriore di una tassa che arriva a 10 euro al giorno a persona non può non pesare sui costi di viaggio e scoraggerà ulteriormente la domanda – viene ribadito -. Ancora una volta una tempesta perfetta sulle imprese del settore che danneggia il turismo e favorisce quelle forme di ospitalità che ancora oggi attendono di essere censite e regolamentate proprio da quei comuni che preferiscono alzare l’imposta sugli alberghi, invece di andare a recuperare le risorse che sfuggono alla tassazione.
Una drammatica miopia che colpisce un settore, quello alberghiero, che contribuisce in modo sostanziale all’economia dei territori, del Paese, e all’occupazione in Italia”, conclude la nota.