Alzare la tassa di soggiorno alla cifra di 10 euro a tutte le città che abbiano registrato, almeno nelle ultime rilevazioni, presenze turistiche di almeno 20 volte superiori ai residenti: a stabilire questa possibilità per i comuni italiani la Legge di Bilancio 2023. La norma specifica che dal 2023 al 2025 si dovrà tenere conto della media di turisti nel triennio 2017-2019, così da evitare il periodo della pandemia. Ma cosa ne pensano le associazioni e, soprattutto, gli operatori?
Il fronte associativo
“Tassare i turisti non ci sembra una buona strategia, proprio in un momento di ripresa come questo: si rischia di scoraggiare i visitatori, soprattutto le famiglie, offrendo loro un incentivo per ridurre la durata del soggiorno. L’esatto contrario di quello che dovremmo fare”. Così si esprime Vittorio Messina, presidente nazionale di Assoturismo Confesercenti, che motiva così la sua posizione: “L’imposta di soggiorno è già una gabella poco gradita, anche perché, in teoria, avrebbe dovuto essere un’imposta di scopo destinata agli investimenti per lo sviluppo del turismo, ma le risorse sono arrivate al comparto con il contagocce, e solo in alcuni territori. Con questo nuovo intervento, poi, l’imposta diventa un vero e proprio esborso, da 280 euro a settimana per una famiglia con due figli”. Insomma, si tratta di una “stangata da evitare assolutamente – conclude Messina -, anche in considerazione del fatto che l’imposta di soggiorno già costa agli ospiti delle strutture ricettive italiane più di mezzo miliardo di euro l’anno: tra questa e l’Iva su prodotti e servizi turistici, i visitatori del nostro Paese sono tra i turisti più tartassati al mondo”.
“La tassa di soggiorno non è una tassa di scopo – afferma Giancarlo Reverenna, delegato nazionale Fiavet-Confcommercio all’incoming e digitalizzazione – e, se lo fosse, avremmo una potenzialità di spesa non indifferente per il turismo. D’altra parte se non ci fosse un operatore, agenzia di viaggi e/o tour operator, o un albergatore che si impegna per attrarre turisti la tassa non entrerebbe nelle casse dei comuni”.
Gli operatori
“Sicuramente per il turista è un’ulteriore spesa che va a pesare sul budget della vacanza – esamina Carlo Zanolla, contract manager Mamberto -, anche se è una tassa a cui i viaggiatori si sono ormai abituati e rassegnati ed è presente anche in altre città europee. Di certo una tassa di soggiorno alta deve dare garanzia di servizi e infrastrutture funzionanti”.
“I target di clientela che soffriranno di più saranno certamente le famiglie con la classica vacanza estiva della durata media di 7 giorni e uno o due figli a seguito – dice Massimiliano Cossu, ceo Portale Sardegna e co-founder Welcome To Italy -. La tassa di soggiorno raggiunge valori che, di fatto, possono rendere proibitiva la vacanza, con un potenziale danno per la domanda e quindi per l’industria turistica. Il messaggio che arriva a noi operatori, reduci da due anni di pandemia, non è certamente confortante”.
Sulla stessa linea e ancora più adirato Gino Acampora, presidente Acampora Travel: “Non si può sempre penalizzare il turismo quando servono fondi per sanare i disastri delle cattive amministrazioni dei nostri politici. Il nostro comparto è già penalizzato datante tasse, dalla stessa imposta di soggiorno ai costi Ztl di ingresso alle città, tasse di sbarco eccetera. E’ ora di finirla! Si pensi a ridurre i tanti sprechi e la corruzione dilagante nella gestione dei soldi pubblici e si lasci in pace il turismo, una delle poche cose positive che ci resta in Italia”.
Il commento di Enit
“La riflessione importante da affrontare riguarda la ricerca del giusto equilibrio tra la salvaguardia della destinazione turistica e la promozione delle mete attraverso politiche mirate e chiare che oltre a favorire il turismo lo rendano anche di qualità”. Così Ivana Jelinic, ceo di Enit, commenta la questione tassa di soggiorno. “L’imposta – prosegue la manager – è destinata a finanziare gli interventi in materia di turismo, compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali, nonché i servizi pubblici locali. Nell’ottica della partecipazione al potenziamento e al rilancio del nostro turismo, di cui tutti noi usufruiamo, non è una misura da demonizzare sic et simpliciter. Una maggiore trasparenza sulla destinazione e il reale utilizzo della tassa da parte delle amministrazioni comunali, che potrebbero dar riscontro degli interventi specifici messi in campo con l’imposta, consentirebbe – conclude Jelinic – ai viaggiatori di avere contezza degli interventi e di sentirsi partecipi del cambiamento e del miglioramento. Protagonisti del turismo che tutti vorremmo”.
Nicoletta Somma