L’Italia è ancora la seconda destinazione con i prezzi alberghieri più elevati tra le mete del Mediterraneo. A dirlo Mabrian. La questione che si pone è come primeggiare sulla concorrenza se altre mete hanno prezzi inferiori. Ne abbiamo parlato con associazioni e operatori.
“Sicuramente puntando sulla qualità del servizio e dell’offerta – asserisce Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti -. Ma è chiaro che bisogna agire alla radice: l’aumento dei prezzi deriva dal caro-energia. Occorre proseguire nei sostegni, rinforzandoli per il comparto”.
Le strutture alberghiere vivono “un forte disagio – commenta Giancarlo Reverenna, delegato nazionale Fiavet-Confcommercio all’incoming e digitalizzazione -: in Italia abbiamo un’Iva che è il doppio rispetto agli altri Paesi del Mediterraneo. Non possiamo quindi fare una rincorsa sul prezzo, ma sui valori, su quello che esprime la nostra offerta per qualità e servizi. Abbiamo una ricettività alberghiera che è ancora a conduzione familiare e, fatta eccezione per le città d’arte, non ci sono strutture importanti in termini di numeri e accoglienza – aggiunge -. I costi fissi non possono, quindi, essere spalmati perché non c’è abbastanza capienza. Credo quindi, che fino al 2024-2025, anche se avremo ottimi numeri, non ci sarà la capacità di ottenere una marginalità congrua rispetto ai servizi offerti”. E’ un cane che si morde la coda: “Si genera una impossibilità di reinvestimento per aggiornare le strutture ricettive esistenti, senza contare che anche i costi del personale sono dal 10 al 35% più cari di Grecia e Spagna. La competitività quindi, anche in questo caso, non può essere sui costi, ma sull’aumento della qualità dei servizi”.
“E’ sicuramente difficile concorrere con destinazioni dove i costi di vita, di gestione delle imprese, di manodopera, le tasse sono inferiori rispetto a quelli italiani”, concorda Carlo Zanolla, contract manager Mamberto -. Per contro l’Italia è comunque vista agli occhi del mondo come meta di bellezza indiscussa”.
“I prezzi elevati dipendono spesso da una percentuale di riempimento che costringe gli operatori ad ammortizzare i costi fissi in periodi limitati – aggiunge Massimiliano Cossu, ceo Portale Sardegna e co-founder Welcome To Italy -. L’allungamento della stagione è la chiave di volta anche per recuperare competitività”.
“Abbiamo purtroppo costi più alti, in particolare quello del lavoro, per il famoso cuneo fiscale che penalizza sia i lavoratori che le aziende, ma in generale in Italia anche la tassazione è elevata”, annuisce Gino Acampora, presidente Acampora Travel.
La soluzione è “puntare sul turismo di alta gamma, che è meno sensibile al prezzo, ma ricerca esperienze uniche – suggerisce Dina Ravera, azionista di riferimento di Destination Italia -. Il nostro Paese è ricchissimo di elementi distintivi da ogni punto di vista: paesaggistico, artistico, culturale, enogastronomico, sportivo, del benessere e dello shopping. Gli ingredienti che mancano sono la capacità di proporre al cliente tutte queste esperienze in un’unica soluzione, garantendo una qualità assoluta nell’organizzazione e nel servizio delle stesse, e soprattutto la massima sicurezza, fattori questi che attualmente penalizzano il nostro Paese a favore di altre mete europee e non”.
Per Aldo Sarnataro, direttore commerciale di Neos, il problema del prezzo è relativo. “Il tema vero sono i servizi, sia pubblici che privati, che offriamo ai turisti stranieri. Parliamo quindi di collegamenti, tra aeroporti e destinazioni di soggiorno, che possano raggiungere anche i borghi più piccoli. E dall’altro lato, il privato, la qualità del prodotto e del servizio offerto – commenta il manager -. Ci sono strutture ricettive, in destinazioni primarie, che necessitano di ristrutturazione, proprio per competere ad alti livelli ed adeguarsi agli standard internazionali, una classificazione delle strutture a livello nazionale. Ciò che fa la differenza, in ogni cosa è il servizio: l’Italia ha il brand, è forte e riconosciuto, resta una delle mete ad altissimo potenziale, deve però gestirlo con una regolamentazione unica e con una consapevolezza maggiore”.
Il nodo gordiano resta. Ci vorrebbe un Alessandro Magno che, anche con un taglio netto, lo sciogliesse.
Nicoletta Somma