Francesco di Cesare: “Cosa cambia davvero il turismo”

Dopo due anni, o quasi tre, di enormi difficoltà sopportate, e in parte gestite, dagli operatori del turismo, si è sentito da più parti il desiderio di trarre un primo bilancio e capire se siano intervenuti nel frattempo dei fenomeni capaci di incidere in modo rilevante sulle future dinamiche di questa industria. Di questo argomento caldo – e delicato al contempo – ha voluto trattare Francesco di Cesare, presidente di Risposte Turismo.

Distinzione e driver reali

“Ho provato a distinguere – annuncia in questo editoriale che inoltra in esclusiva a Guida Viaggi – quelli che sono dei reali driver di cambiamento da quelli che non ne hanno avuto e non ne hanno la forza. Ne vedo due”. Secondo il presidente, il primo, più legato ai processi decisionali (in particolare dell’offerta, ma per certi versi anche della domanda), “coincide con l’essere diventato, il settore, data driven. Per lungo tempo, si potrebbe dire sempre fino a poco fa, nel turismo solo un limitato numero di aziende era abituato a fare uso quanto più possibile di numeri, di dati, di informazioni sulla base dei quali decidere e orientare la propria operatività – commenta -. Oggi non solo soluzioni tecnologiche più accessibili ed efficaci, ma un vero e proprio cambio d’approccio probabilmente favorito nelle imprese a conduzione familiare da un avvicendamento generazionale, fanno sì che l’abitudine a basare le proprie decisioni sull’analisi di dati sia decisamente più diffusa”. Un ragionamento che vale anche per le destinazioni turistiche, ormai sempre più frequentemente pianificate e gestite con l’ausilio di informazioni costantemente aggiornate, e un lavoro di data mining condotto in proprio o affidato a professionisti esterni.

Il cambiamento climatico

Il secondo driver per di Cesare è il cambiamento climatico. “I primi effetti sono già evidenti, ma sarà nei prossimi decenni che tale progressione determinerà cambi, forse veri e propri sconvolgimenti, nel mondo del turismo – dichiara convinto -. Alcuni prodotti saranno messi in crisi, perderanno le caratteristiche stesse che li hanno resi attrattivi, e per non uscire dal mercato dovranno essere ripensati”. Secondo il manager ci sono destinazioni che rischiano di sparire dalla geografia delle mete di vacanza. “Investimenti infrastrutturali e di altro genere potrebbero cessare di essere utili – assicura -. Gli stessi grafici di concentrazione stagionale cambieranno andamento. I criteri di scelta della domanda seguiranno nuove priorità o verranno ordinati diversamente. Non è uno scenario apocalittico, ma l’inevitabile adattamento di un comparto ad un fenomeno apparentemente irreversibile, rispetto al quale le attuali risposte – nelle soluzioni di produzione, nella scelta dei materiali, nei comportamenti di consumo – in chiave di sostenibilità non sono certo risolutive, per quanto doverose”.

Gli altri fattori

Per questo di Cesare sottolinea il fatto che altri fattori, viceversa, pensati come rivoluzionari per il turismo, non hanno avuto e non hanno quella forza. “La pandemia, ad esempio, con l’idea ingenerata che “d’ora in poi” una delle leve competitive più incisive sarebbe stata la rassicurazione in merito all’adozione di stretti protocolli sanitari – sostiene -. Affermazioni che partivano dalla convinzione che il turista non sarebbe più stato attratto dalla vista di cui potrebbe godere dalla propria stanza d’hotel, o da un prezzo particolarmente vantaggioso, ma dalla soluzione disinfettante del flacone posto sul tavolo della reception”.

Sempre sulla scorta di quanto abbiamo passato, si è sostenuto che l’essere umano – a casa propria o in vacanza – non avrebbe più vissuto con serenità luoghi troppo affollati, e si è immaginato che prodotti come la crociera, ad esempio, o strutture alberghiere di grandi dimensioni, o i palazzi dei congressi o finanche gli aerei sarebbero entrati in difficoltà strutturali, non congiunturali.  “Un’occhiata agli ultimi dati di vendita delle crociere, o al load factor dei voli, agli eventi tornati in presenza – dichiara – basterebbe a capire quanto ci si sbagliasse. E, ancora, si è detto che il turismo outdoor avrebbe dominato le scelte di vacanza. Ora, posto che alcuni tra i prodotti storicamente più venduti dell’industria delle vacanze siano per definizione all’aria aperta (si pensi al turismo balneare o al montano, per citarne due), e che pertanto certamente resterà (appunto, resterà, non diventerà) la modalità più frequente di fruire delle proprie vacanze, l’idea era quella di presentare alcuni prodotti, alcuni segmenti, come destinati a crescere esponenzialmente. Ma questo non sta accadendo”.

L’analisi delle nicchie

Risposte Turismo, la società presieduta da di Cesare, da sempre ha scelto di approfondire prodotti turistici, e i relativi settori, che fossero non così noti o quantomeno analizzati, e tra essi, ad esempio, il turismo sportivo (in esso in particolare il running tourism), o il turismo nautico, così come nuove soluzioni ricettive come il glamping, tutti riconducibili al turismo outdoor. “Certamente sono cresciuti e cresceranno – spiega -, stanno assumendo rilevanza per i turisti e per le destinazioni che cercano di attrarli, ma non in modo tale da cambiare i pesi tra tipologie di prodotti turistici. Ma non è che questo valga solo con riferimento alla pandemia. Ammetto di non essere un esperto, ma a chi vuole convincermi che i metaversi rivoluzioneranno il modo di fare turismo e la struttura dell’offerta che vi è dietro, io tendo a non credere. Gli scorsi dieci o vent’anni non è che siano stati privi di innovazioni che sembravano poter imprimere dei cambiamenti strutturali (anche ma non solo) al turismo”.  La realtà aumentata o l’intelligenza artificiale, strumenti che hanno liberato possibilità e soluzioni sui modi di promuovere un prodotto “ma certo non hanno stravolto né il modo di organizzare una destinazione né quello di andare in vacanza. Sarà giusto, direi necessario, seguire le evoluzioni dei metaversi, diventarne parte, sfruttarne le potenzialità, senza però dimenticare che l’hotel tre stelle a gestione familiare a pochi passi da piazza San Marco a Venezia o da piazza di Spagna a Roma continueranno ad avere il 90% di occupazione pur fornendo ancora le chiavi di ottone per aprire le porte delle stanze”.

L’ottica di lungo periodo

E conclude: “Qualsiasi cosa accada o venga inventata nel mondo, il turismo andrà per la sua strada? Certamente non è così, e nel corso degli anni alcune innovazioni hanno senza dubbio deviato il corso di questa industria. Si pensi ad esempio alla diffusione dei voli aerei low cost o all’introduzione delle nuove soluzioni di ricettività imperniate sull’uso di appartamenti privati come alternativa agli hotel, o, all’affermazione dei modelli di distribuzione e vendita basati sulle piattaforme online, capaci sia di indurre nuovi comportamenti d’acquisto da parte della domanda che di destrutturare l’assetto precedente della filiera. Continuiamo dunque a seguire i cambiamenti di quest’industria, proviamo ad interpretarli e se possibile anticiparli, ponendoci però il più possibile in un’ottica di lungo periodo per provare a riconoscere i veri game changer”.

Laura Dominici

 

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