Lavorare nel turismo non piace più? Ecco le soluzioni

Sono stati 16,5 milioni i posti di lavoro che il turismo ha generato complessivamente in 15 Paesi dell’Unione Europea. Lo rivela il report 2019 di EurostatTourism satellite accounts in Europe”. Per quanto riguarda l’Italia il settore dava lavoro a 4,2 milioni di persone, il nostro era il Paese europeo in cui le attività turistiche generavano il maggior numero di posti.

Un altro dato interessante lo rivela il 53° Rapporto Censis sulla situazione sociale italiana, tra il 2017 e il 2018 il contributo diretto del turismo al Pil era aumentato dell’1,9%, con un valore economico di poco meno di 96 miliardi di euro. Considerando anche gli impatti indiretti e indotti il valore economico del turismo in Italia contribuiva al 13% del Pil del Paese.

Sottratti 300mila lavoratori al turismo

A portare l’attenzione su questi dati è FareTurismo, l’appuntamento dedicato a formazione, lavoro, politiche turistiche, organizzato da Leader srl, che quest’anno si terrà dal 21 al 23 marzo all’Università Europea di Roma. Un dato su cui fa riflettere è che “la pandemia ha sottratto 300mila lavoratori al turismo”. I motivi si sanno. Il lungo periodo di stop ha causato “l’esodo verso altri settori o il ricorso a sussidi statali; in aggiunta, la precarietà maggiore nel turismo (41%) rispetto al mondo del lavoro in generale (22%) e la cospicua quota di impieghi stagionali (14% contro il 2%) richiedono normalità e qualità del lavoro sia attraverso il costante aggiornamento professionale per gli occupati sia la certificazione delle competenze per i neo addetti”, sottolinea una nota di FareTurismo.

Quanto al tema formazione e aggiornamento, la stima era che “il 68% della forza lavoro impiegata nel turismo avrebbe avuto bisogno di riqualificazione negli anni successivi, mentre negli altri settori il rinnovamento formativo riguardava il 54% del personale. Inoltre, solo il 6% delle imprese dichiarava di riuscire a trovare senza difficoltà le figure professionali ricercate, a fronte di un 76% che sosteneva che le competenze erano reperibili, ma solo in parte (dati Iulm)”.

Il mercato del lavoro nel 2021

L’Osservatorio sul mercato del lavoro nel turismo sul 2021 realizzato da Federalberghi in collaborazione con Fipe ed Ebnt su dati Inps, ha evidenziato che “l’area dei servizi ha rappresentato oltre il 73% dell’occupazione del Paese. Commercio e turismo hanno occupato più lavoratori dell’intera industria manifatturiera (5.107.000 vs 4.252.000)”. Nel 2021 il settore turismo ha risentito delle restrizioni imposte dalla pandemia. Numeri alla mano, in media d’anno ha visto “1.030.116 lavoratori dipendenti e 173.414 aziende con almeno un dipendente. Il valore minimo di aziende (122.611) e dipendenti (625.525) si è registrato nel mese di febbraio, il valore massimo ad agosto con 207.510 aziende e 1.391.222 lavoratori”.

Perso il 20% delle risorse umane

Queste sono le cifre. Da diversi mesi il settore fa i conti con una carenza di personale, messa in evidenza da più parti. Lo si è detto, la pandemia ha innescato un esodo verso altri settori che ha creato un problema non indifferente al comparto, che adesso fa fatica a trovare risorse. In un incontro di qualche mese fa con il ministro del Turismo, Daniela Santanché, Franco Gattinoni, presidente di Fto, non ha esitato a dire pubblicamente che servirebbe qualche “aiuto nel sostenere la fiscalità, perché abbiamo perso tante persone ed abbiamo bisogno di assumere. Io stesso non riesco ad assumere perché il nostro lavoro ha perso appeal”, disse. A rafforzare il concetto Gabriele Milani, direttore nazionale Fto, sottolineando che, quello del travel, “non è più un settore sexi, abbiamo perso il 20% delle risorse umane”.
Recente l’appello lanciato da Advunite in merito alla ricerca di personale e prima ancora il messaggio lanciato da Leonardo Massamanaging director di Msc Crociere, parlando del cruise, il manager ha invitato a cercare “lavoro nell’industria delle crociere, perché continuerà a crescere“.

Perché non piace più

Quindi lavorare nel turismo non è più attraente? Verrebbe da chiedersi perché, cosa è successo, ma soprattutto cosa si può fare per recuperare questa situazione? A rispondere alcuni player della distribuzione organizzata. “Sì, il turismo perde appeal nei giovani lavoratori”, è la constatazione di Claudio Busca, direzione generale retail del Gruppo Bluvacanze. I motivi? “Anzitutto per stipendi troppo esigui per un mestiere molto professionalizzato in cui sono indispensabili conoscenze tecnologiche, legali, fiscali nonché commerciali e culturali quasi manageriali, anche al front desk”. Anche Paola Frigerio, leisure, marketing & network director di Frigerio Viaggi, trova che ci sia “una certa verità”, in questo sentire e questo perché “il turismo è un settore molto logorante, devi essere un po’ psicologo, un po’ avvocato, conoscere la geografia turistica, non consiste solo nel dare informazioni sul viaggio. E’ un lavoro difficile, servono hard skill, ma anche soft skill notevoli”. Però, la manager vede un cambio di mentalità nelle nuove leve che si approcciano a questo lavoro. Concorda Alfredo Vassalluzzo, founder Travelbuy, constatando che “ci sono tante persone che si formano per questo settore e sono portatrici di nuove idee molto valide”.

Parlando del turismo come opportunità di lavoro o di iniziativa imprenditoriale, Andrea Cani, presidente Enjoynet, osserva che “la logica assistenzialista (reddito di cittadinanza) adottata negli ultimi anni ha sicuramente influito, al pari dell’incertezza legata alla stabilità del settore. È auspicabile, da un lato, una maggiore flessibilità del mercato del lavoro per fronteggiare i picchi stagionali, dall’altro, una rinnovata attenzione alla formazione”.

Certamente il turismo da parte del consumatore “ha molto appeal – afferma Ivano Zilio, presidente di Primarete -, ma per un certo numero di addetti al lavoro e soprattutto per le new entry la pandemia ha smorzato questo entusiasmo. Ogni soffio che ci sfiora crea una forte incertezza”, dice il manager.

Cosa fare?

Il terreno d’azione sembra essere quello della formazione, ma una formazione che sappia essere veramente innovativa. C’è già chi si è messo all’opera in tal senso. “Stiamo lavorando per essere più appetibili per le nuove leve – dichiara Adriano Apicella, a. d. di Welcome Travel Group – per intercettare neo diplomati, ma siamo rimasti colpiti dall’instabilità e perso figure professionali in adv che rimangono in settori che sono più stabili. Quindi non è un male del turismo, è perché siamo un settore instabile, ma dobbiamo dimostrare che siamo appetibili come retribuzione e come comparto”.

Un’innovazione che viene perseguita in ambito formativo, guardando a format adottati oltre confine. Come sottolinea Apicella “ci sono modelli di formazione da aula e in adv usati in altri mercati europei che possono essere adottati anche in Italia”. Il manager accenna alla possibilità di seguire dei corsi parauniversitari che prevedono 6 mesi in aula e altrettanti in adv. “E’ un discorso da lanciare a livello istituzionale – dice -. Si deve rialzare il ruolo e la leadership nella distribuzione organizzata. Si deve far capire che abbiamo un ruolo, da qui il lancio della campagna estiva, che abbiamo fatto sui valori che il cliente può trovare in adv. Si deve sfruttare questo momento”.

Secondo Busca nello specifico, per le adv “potrebbe tornare d’appeal se chi certifica la professionalità (un docente, un formatore) è in grado di creare un contesto qualificante, ad esempio quanto un percorso accademico in discipline economiche – suggerisce il manager -. Gli agenti di viaggi devono essere formati come professionisti al pari di altri settori in cui la responsabilità nei confronti dei clienti è elevata. Sia le aziende sia le università dovrebbero lavorare insieme a progetti di education di più alto profilo nel nostro specifico comparto, come accade nella moda e nel design così come negli atenei svizzeri focalizzati sull’hospitality. E tutto questo deve essere comunicato al cliente finale con modelli nuovi e industriali”.

Il tempo libero organizzato

Attenzione però, ovviamente il turismo dalla parte del cliente finale, cioè i viaggi, non ha perso appeal, tutt’altro. E il post pandemia lo ha confermato. “Il turismo nel dopo Covid è tornato molto più che d’appeal – commenta Sergio Testi, direttore generale Gruppo Gattinoni -. Il tempo libero organizzato (cioè la nuova versione del turismo), è diventato un’esigenza a cui il cliente non può più rinunciare ed è disposto – per nostra fortuna – a sacrificare altre spese per poter soddisfare quella di un viaggio o di una vacanza”. Per incrementarne l’appeal, “già oggi positivo, sarà opportuno lavorare alla trasformazione dell’offerta con sempre maggiori innovazioni e personalizzazioni”, suggerisce il manager.

C’è poi chi osserva che “il turismo di massa ha fatto il suo corso – asserisce Bosia -, ma se lo interpretiamo come stacco dalla quotidianità e abbinamento desiderata/tempo libero si aprono prospettive interessanti. Il turista sempre più interpreta la vacanza non solo come stacco e divertimento, ma abbinandola al proprio essere, al proprio stile di vita e al proprio modo di pensare. Ognuno vuole la propria vacanza; anche quella verso destinazioni più gettonate costruita su misura ed è qui che interviene l’agente di viaggi, nel decodificare le aspettative di vacanza”.

Nasceranno nuovi modi di prenotare

Turismo sulla cresta dell’onda quanto alle richieste, sono tutti concordi, semmai c’è chi riflette su “come sia di moda prenotarlo, oggi ci sono infiniti modi per accedere ai prodotti turistici e ne nasceranno sempre di nuovi e più performanti – osserva Stefano Colombo, sales & operations manager distribuzione di Uvet -. La scelta sarà dove posizionarsi,, ma in qualsiasi posto il cliente deciderà di andare, dovrà sempre comprare un trasporto, una camera di hotel o di altra tipologia di alloggio e comprerà sempre esperienze locali”. Dal canto suo il manager si immagina “una forte interazione tra chi vende altri prodotti, ma sfrutta il fascino esotico delle vacanze, un coinvolgimento maggiore con le persone più seguite ed in grado di creare contenuti interessanti, infine immagino una attività sempre più spinta verso gli interessi delle persone al di là della proposta di viaggio, vendere più la reason why rispetto al prezzo e alla destinazione”.

Secondo Cani “il turismo è destinato a crescere ancora. La vera sfida sarà convogliarlo anche in futuro verso le agenzie di viaggi”. Certo, resta fondamentale conoscere “profondamente il cliente per potergli proporre qualcosa di interessante, bisogna puntare sui suoi interessi (affettivi, emotivi) – afferma Michele Zucchi, a.d. di Euphemia – ed è per questo motivo che i Crm stanno avendo tanto successo. Viaggiare rimane un bisogno, ma il prodotto deve essere personalizzato”.

Stefania Vicini

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