L’economia dell’ospitalità coinvolge un numero estesissimo di comuni, 3.390, pari al 41,9% dei comuni italiani (8092) e si delinea come una piramide con una larghissima base: l’83% dell’intero valore aggiunto turistico nazionale si distribuisce nei primi 500 comuni, un numero molto molto ampio, che in qualche modo delinea anche la caratteristica peculiare del modello turistico del nostro Paese. E’ una delle risultanze emerse dal report realizzato da un gruppo di lavoro di Sociometrica, guidato da Antonio Preiti.
Gli otto miliardi di Roma
Roma è il comune nettamente al primo posto per la capacità di creare ricchezza turistica. Con i suoi 7,6 miliardi di euro distanzia nettamente gli altri che la seguono in graduatoria: Milano, Venezia e Firenze. Milano si inserisce al secondo posto del ranking, collocandosi prima delle due città “superstar” del turismo culturale come Venezia e Firenze. Lo studio analizza anche le presenze turistiche che appartengono all’economia “non osservata”, cioè alle presenze turistiche non registrate nelle statistiche ufficiali e che modificano la mappa del turismo italiano e della produzione di valore aggiunto. Questa componente è particolarmente significativa, oltre che nelle grandi città d’arte, in varie destinazioni balneari della Puglia, della Sicilia e della Campania.
Effetti moltiplicativi
Ma il turismo riesce non solo a creare valore aggiunto attraverso la sua attività specifica, ma per i suoi effetti moltiplicativi, sottolinea l’analisi, riuscendo a creare redditi in tutto il resto dell’economia. Dove il turismo è più importante, lì si registra la più alta percentuale di contribuenti più “affluenti”. Oltre alla capacità di produrre redditi personali, il turismo dimostra anche di avere grandi capacità di generare imprese. Naturalmente si tratta quasi sempre di piccole impese e tuttavia costituiscono un tessuto economico molto importante. Nella graduatoria assoluta prevalgono i comuni ad alta vocazione turistica, in particolare le destinazioni alpine (dove gioca un ruolo importante la presenza degli impianti di risalita, oltre che il basso numero di residenti). Questi comuni sono in grado di generare diffusa imprenditoria più di Milano, Bergamo, Brescia e degli altri comuni più noti per la loro potenza economica. Il report segnala, inoltre, che un numero elevatissimo di comuni (alcune centinaia), soprattutto montani, non avrebbero un reddito sufficiente a garantire un buon livello di vita collettiva se non ci fosse un’offerta di ospitalità organizzata, anzi sarebbero destinati a spopolarsi, come accade per comuni montani dove, invece, il fenomeno turistico non si manifesta.
Il ranking
Il ranking dei primi 500 comuni turistici d’Italia conferma il primato delle grandi “superstar” del turismo italiano. Al primo posto per creazione di ricchezza turistica c’è Roma, che da sola genera 7,6 miliardi di ricchezza dal turismo. Il Comune di Roma da solo produce perciò l’8,7% di tutta la ricchezza generata dai primi 500 comuni turistici italiani. Al secondo posto non c’è nessuna delle altre due “superstar” del turismo culturale in senso stretto, come Venezia e Firenze, ma Milano, che genera nel turismo 3,4 miliardi di euro, seguita appunto delle due grandi città d’arte appena citate, Venezia con 3,1 miliardi e Firenze con 2,8 miliardi di euro. Rimini è al quinto posto (1,6 miliardi di valore aggiunto), mentre curiosamente due piccoli comuni intorno a Jesolo, San Michele al Tagliamento e Cavallino-Treporti, generano rispettivamente 1,5 e 1,3 miliardi di euro dal turismo. Aggiungendo a queste due comuni e a Jesolo, anche Eraclea e Caorle, si arriverebbe a 4,4 miliardi di euro, superiori persino a ciascuna delle città che seguono Roma (Milano, Venezia e Firenze). Un’altra area che ha una grande continuità è quella di Rimini-Riccione, per la quale si arriverebbe a 4,1 miliardi di euro.
Il sorpasso di Jesolo sulla Romagna
La “notizia dentro la notizia” è che l’area di Jesolo ha superato la Riviera Romagnola che finora era considerata la prima area balneare italiana. Da notare anche che la Costiera Amalfitana, che produce un valore aggiunto decisamente minore rispetto alle due aree citate, fermandosi a 832 milioni di euro, ma che nel complesso rappresenta un valore aggiunto rilevante. Dopo le quattro grandi città menzionate, e le due più grandi aree balneari del Paese in classifica si trova a breve distanza tra loro Napoli, Torino e Bologna, dove la prima, rispetto al passato, ha guadagnato varie posizioni. Alte due città si trovano tra le prime venti: Palermo e Verona, mentre al di fuori delle città e delle due aree balneari più grandi, trovano spazio solo Sorrento e Lignano Sabbiadoro, come destinazioni balneari e Lazise, come destinazione lacuale. Dal punto di vista macro-geografico, tra le prime venti destinazioni turistiche per capacità di generare valore aggiunto solo due sono meridionali: le citate Napoli e Sorrento.
Il peso dell’extralberghiero
Per calcolare il valore aggiunto di ciascun singolo comune o destinazione turistica è fondamentale la stima del peso delle presenze turistiche non ufficiali o “non osservate”. Quello che si scopre è che in alcune destinazioni turistiche il peso delle presenze non ufficiali è preponderante rispetto alle classiche presenze turistiche alberghiere e nelle strutture extra-alberghiere ufficiali. Analizzando le prime dieci destinazioni turistiche per le quali il peso percentuale delle presenze non ufficiali supera massimamente quelle ufficiali, troviamo che sono tutte (tranne la prima) balneari e tutte (tranne la prima) localizzate nel Mezzogiorno. È noto come gli affitti brevi incidano molto sui flussi complessivi nelle grandi città d’arte, ma l’analisi comune per comune offre una visione molto più precisa, perché tra le prime trenta destinazioni ci sono i casi di Siracusa, dove le presenze ufficiali sono stimate il doppio rispetto a quelle ufficiali, e i casi di Palermo, Catania e Napoli dove superano il 100% di quelle ufficiali. Si è visto quanto ciascun comune generi ricchezza nel turismo, ma gli effetti benefici dell’industria dell’ospitalità non si limitano alla produzione di valore aggiunto diretto, perché hanno un effetto moltiplicatore molto elevato.
L’intensità del turismo
Lo studio passa poi ad individuare l’intensità con cui il turismo si manifesta in ogni singolo comune. Le presenze (cioè il numero di notti) rappresentano l’elemento migliore per misurare l’intensità del fenomeno. In testa alla graduatoria, basata su un rapporto (presenze/popolazione), ci sono logicamente i comuni più piccoli, ma per avere una visione più distintiva sono stati suddivisi i comuni italiani in cinque classi di ampiezza. La classifica generale vede al primo posto è Limone sul Garda, per il quale, con una popolazione residente di 1.152 abitanti, si trova al primo posto in assoluto come rapporto presenze turistiche e residenti. Al secondo posto c’è Andalo, seguita da Corvara e Campitello di Fassa. Fra le grandi città con 200mila abitanti o più, Venezia è quella che ha la maggiore proporzione di presenze turistiche rispetto alla popolazione residente, con quasi 5mila presenze turistiche per ogni residente. Venezia stacca nettamente tutti gli altri comuni. Al secondo posto c’è Firenze, con quasi 3mila presenze turistiche per abitante. Anche Firenze si stacca nettamente dalla posizione successiva, quella di Roma, dove si supera di poco le mille presenze turistiche per residente. Altre tre città che hanno una intensità di turismo rilevante sono: Verona, Milano e Bologna, mentre nelle successive posizioni le distanze tra un comune e l’altro sono via via minori. All’ultimo posto delle 15 città italiane superiori a 200mila abitanti in fatto di intensità di turismo è Messina, dove ci sono “appena” 40 presenze turistiche per abitante. Passando alle successive due classi d’ampiezza dei comuni (la prima che comprende le città fra i 100mila e i 200mila abitanti e la seconda che comprende quelle da 30mila abitanti a 100) si osserva che Rimini nella prima categoria svetta rispetto a tutte le altre (Tab. 7), perché per ogni residente ci sono oltre 5mila presenze turistiche, mentre la seconda, Ravenna, si ferma a mille e settecento presenze per residente. Dalla terza posizione in poi si scende di parecchio, perché Trento si ferma sotto la soglia delle mille presenze, Siracusa su 672 e così via. Interessante è la classe d’ampiezza che va dai 10mila ai 30mila abitanti. C’è qui l’ossatura di gran parte della geografia italiana del turismo, in particolar modo di quella balneare, perché vi appartengono sia gran parte dei comuni dell’area di Jesolo, che della Riviera Romagnola, oltre a tanti comuni della Puglia e della Campania. Ai primi tre posti si trovano tre comuni intorno a Jesolo, poi la stessa Jesolo e tre comuni della Riviera Romagnola, come Cesenatico. Cervia e Bellaria. Da segnalare anche Peschiera del Garda, Sorrento e Vieste. Sintetizzando l’analisi delle cinque classi d’ampiezza dei comuni, possiamo dire che le grandi città (Venezia fa caso a sé), Firenze (un po’ meno), Roma, Verona, Milano e Bologna, affiancano al turismo, che pur gioca un ruolo molto importante, un’economia multisettoriale e con capacità di generare ricchezza e reddito attraverso varie modalità; nei comuni più piccoli (fra i top 500) il turismo è pressoché il settore economico di gran lunga più importante, mentre nei comuni medi ci sono situazioni molto differenziate rispetto al peso del turismo nell’economia cittadina. Le concentrazioni territoriali più significative si rilevano nel turismo alpino, in particolare nelle province di Trento e di Bolzano; nel turismo balneare, dove la primazia è delle aree di Jesolo e della Riviera Romagnola che, insieme, dominano rispetto a tutte le altre aree balneari, anche se la distribuzione delle presenze turistiche non ufficiali porta in alto (rispetto a quanto risulta seguendo quelle ufficiali) le aree della Puglia, della Sicilia e della Campania. Fondamentale è perciò la rete di piccoli e piccolissimi comuni che hanno una capacità eccezionale di generare dal turismo reddito che poi si distribuisce all’intera popolazione e la posizione centrale e preminente di Roma che, pur avendo una popolazione molto più grande rispetto a tutte le altre città, ha un peso del turismo ragguardevole.
L’indice di imprenditorialità
Per quanto riguarda poi l’indice di imprenditorialità di ogni comune (dice quant’è la propensione di un comune nel creare imprese) la sorpresa è che i comuni che sono maggiormente in grado di generare imprenditorialità sono proprio i comuni a più alta vocazione turistica. Al primo posto fra i comuni che hanno la più elevata presenza di “unità locali” rispetto alla popolazione si ritrova Corvara, subito dopo ci sono Sestriere, Courmayeur, Selva di Val Gardena e come per tutte le altre (tranne Lignano Sabbiadoro) si tratta di località alpine. È evidente che si trovino in cima alla classifica, oltre che per essere piccoli comuni, anche per la peculiarità di ospitare impianti di risalita e il mondo dello sci che produce numerose piccole e medie imprese. Ci sono poi anche destinazioni balneari come Forte dei Marmi, Laigueglia, Positano, Cattolica e Jesolo. La capacità di generare imprenditoria diffusa a Milano “si ferma” a circa 15 unità locali per 100 abitanti, come a Bergamo; mentre a Prato, Brescia, Treviso, Monza, Varese e Modena ci “si ferma” intorno a 12. L.D.