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Italia degli hotel, un business per gli stranieri

Verrebbe da dire che le considerazioni emerse nel corso del primo summit alberghiero di Pambianco riconfermano giudizi già noti sulla dispersione alberghiera, sulla forza degli investitori internazionali rispetto a quelli italiani e sulla necessità di un cambio di passo, sostenuto da atti concreti da parte del governo. Eppure, leggere in successione le slides che fotografano lo stato dell’arte del comparto alberghiero-turistico italiano fa sempre il suo effetto.

I volumi del comparto

E’ toccato ad Alessio Candi, responsabile divisione consulting di Pambianco, tracciare lo scenario del settore: nel 2022 su quasi 32mila hotel soltanto 2.105 sono alberghi di catena (6,6% di peso sul mercato) e tra le società top in termini di fatturato troviamo Starhotels (241 milioni nel 2022), Hotelturist (135), Alpitour con la sua divisione alberghiera (134), Sardegna Resorts (110), Bluserena (96). Ben poco, certo, rispetto ai colossi stranieri, con il numero uno Marriott che fattura quasi 20 miliardi, oltre 8 ne registra Hilton, seguito da Hyatt con 5,5, Accor oltre 4 miliardi e InterContinental 3,6.

L’Italia, però, indiscutibilmente attrae gli investitori, come si può evincere dalle ultime transazioni in Toscana, a Roma e a Cortina d’Ampezzo. Delle 46 operazioni che superano i 20 milioni di euro, nel 2022, se ne sono registrate 46 per un valore di 1,4 miliardi di euro con un valore medio di 30,4 milioni e 22 sono state Italia su Italia, mentre ben 24 hanno riguardato l’estero sull’Italia. Per quanto riguarda le gestioni, il 55% (stima Deloitte) riguarda contratti di affitto, contro un 31% di management contract e un 14% di gestione diretta. Le società sono al 56% gruppi e per il 44% indipendenti. Lato stelle, abbiamo un 38% di 4 stelle, 36% di 5 stelle, 23% di 3 stelle e 3% di 2 e le location sono in prevalenze nelle città, 45%, seguite da mare (37%), montagna (11), country resort (4), lago (3).

Contenitore piccolo

“L’Italia – sottolinea Candi – è un contenitore piccolo e, in prospettiva, destinato ad una clientela internazionale di alto livello e non ad un turismo di massa. Nel post Covid, inoltre, si punta sempre di più alla gestione alberghiera piuttosto che alla proprietà immobiliare ed è in crescita la formula del franchising delle grandi catene internazionali, che porta know how ai player italiani, che hanno una presenza all’estero ancora limitata”.

Tra le linee di cambiamento, il manager evidenzia la riqualificazione alberghiera soprattutto a Roma e Milano, lo sviluppo su città d’arte e località di vacanza, la difficoltà a reperire risorse, la centralità dei temi Esg e gli investimenti sempre più rilevanti nel digitale, così come si evince la necessità di un adeguamento infrastrutturale dei trasporti in Italia”.

Laura Dominici

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