Globalizzazione, digitalizzazione e sostenibilità: sono queste le tre parole d’ordine a cui il business model delle imprese turistiche deve mirare per sostenere il necessario cambiamento nel quadro tracciato da Deloitte.
Globalizzazione
Per quanto riguarda la globalizzazione, spesso “le imprese turistiche di piccole dimensioni faticano a tenere il passo di grosse società globali, che dispongono di un know how e di canali di distribuzioni con i quali risulta difficile competere – analizza Angela D’Amico, partner Deloitte Financial Advisory – Real Estate & Hospitality –. I piccoli gruppi tuttavia possono contare su maggiore conoscenza dei micro-mercati e in alcuni casi di una clientela fidelizzata e ricorrente”. Pertanto si potrebbe “assistere a delle partnership tra imprese locali e grandi gruppi internazionali – prosegue la manager – al fine di creare sinergie, offrire soluzioni integrate e programmi fedeltà completi”.
Digitalizzazione
In termini di digitalizzazione, “ci si aspetta un crescente utilizzo delle tecnologie nel comparto turistico, specialmente nell’ambito degli hotel con check-in e check out-automatici – afferma D’Amico – escludendo il settore del lusso nel quale il touch umano è sempre attuale e preferito dalla clientela più esigente”.
Sostenibilità
Il tema della sostenibilità è sempre più attuale ed “è un elemento molto apprezzato dai viaggiatori, i quali sono sempre più sensibili ai temi legati all’ambiente – sottolinea la manager -. Nel settore alberghiero, per citare un esempio, gli investimenti sono sempre più rivolti a creare strutture e servizi nel rispetto delle tematiche Esg”.
Ma quali le categorie più a rischio? “Il rischio – risponde D’Amico – è direttamente legato alla non capacità di adeguarsi all’evoluzione della domanda e all’ingresso di nuove tecnologie. In questo contesto in particolare potrebbero accusare una flessione le agenzie di viaggio tradizionali. L’incremento delle prenotazioni online e i cambiamenti generazionali hanno significamente diminuito i livelli di flussi per le agenzie di viaggio tradizionali. Nel settore hospitality invece le categorie più a rischio sono gli hotel che non sono in grado di innalzare i propri standard qualitativi”.
Gestire l’Ai
Se l’Ai oggi fa sempre più parte della digitalizzazione è necessario gestirla: in primis “le aziende dovranno integrare nella propria azienda o ricorrere alla consulenza di esperti del settore in grado di identificare i migliori usi nel loro specifico contesto e provvederne all’implementazione – sostiene D’Amico -. In secondo luogo i modelli di Ai necessitano di una grande quantità di dati che deve essere costantemente aggiornata al fine di performare nel modo più efficiente. Pertanto l’accesso ai big data risulterà essere una discriminante per beneficiare dei vantaggi dell’Ai”.
La concentrazione
Sembra tornata dunque l’epoca delle concentrazioni tra aziende e sono fondamentalmente tre le categorie economiche in cui si evidenzia questa tendenza: catene alberghiere, vettori e Ota. “Le principali catene internazionali sono costantemente alla ricerca di nuovi mercati e nuove strutture alberghiere, attraverso acquisizioni, contratti di management e contratti d’affitto o franchising – nota la manager -. Nel settore delle compagnie aeree negli ultimi decenni si è notato un significativo consolidamento – commenta D’Amico – con i principali gruppi che attraverso acquisizioni o partnership strategiche hanno ampliato significativamente il loro raggio d’azione, offrendo nuove rotte commerciali e ottimizzando la propria economia di scala. Infine, in un mercato dinamico come quello delle agenzie di viaggio online si è verificata un’alta concentrazione attraverso acquisizioni e fusioni su ampia scala che hanno generato la creazione di grandi gruppi i quali controllano le principali piattaforme a livello mondiale, riuscendo a ottenere un alto potere negoziale specialmente verso le strutture ricettive”.
Le previsioni per l’economia del turismo
Secondo il World Travel and Torism Council “non basterà un anno per la piena ripresa, rammenta la manager -: il 2023 sarà ancora un anno di crescita, ma bisognerà attendere il 2024 per vedere i numeri pre-Covid. Tuttavia, la velocità della ripresa varierà in base alla geografia – specifica D’Amico -. Sempre secondo uno studio del Wttc, l’area Asia-Pacifico raggiungerà i livelli del 2019 già nel 2023, per l’Europa invece bisognerà invece attendere l’anno successivo.
E l’Italia? “E’ un’eccezione a questa tendenza – conclude la manager -: il 2023 potrebbe essere l’anno del boom turistico. Secondo le previsioni, ci saranno oltre 440 milioni di presenze in Italia, con una crescita del 12% rispetto al 2022. Inoltre, si prevede un andamento positivo dei flussi turistici in tutte le destinazioni regionali italiane. Si tratta naturalmente di stime con un altissimo livello di incertezza. A rendere molto volatili queste previsioni c’è la crisi energetica in Occidente, la fiammata inflazionistica e il rallentamento della crescita economica che potrebbe sfociare in una recessione in molti Paesi”.
Nicoletta Somma