Come attrarre risorse umane: i network lavorano su attraction e retention

Attraction e retention, sono le due parole chiave su cui lavorare per attrarre (e trattenere) risorse nel mondo del turismo, a fronte del fatto che, l’incontro con il mercato del lavoro, è diventato molto complesso alla luce delle molteplici criticità esistenti. Tre network fanno il punto sulla situazione attuale, sul profilo dei giovani che si incontrano, sulle loro richieste ed esigenze, ma anche dal punto di vista delle aziende per capire cosa si sono inventate per soddisfare un mondo che è cambiato, dal punto di vista delle adv, del lavoro, dell’equilibrio tra lavoro e vita personale e per individuare le possibili soluzioni. A tessere le fila del discorso Gabriele Milani, direttore nazionale Fto, che ha interpellato tre manager del travel.

Trasformare il dipendente in ambassador

Un dato di fatto su cui si sofferma Chiara Calabrese, chief human resources officer Uvet, è quanto è successo in questi anni, durante i quali in molti “hanno cambiato azienda, ma non solo, hanno cambiato attività perché hanno sentito questa debolezza, questa non sicurezza legata al fatto di lavorare nel settore. C’è stato poi un cambio generazionale – osserva la manager -, le persone con esperienza che facevano da insegnanti ai giovani che arrivavano, ora sono sempre meno”. Detto ciò, cosa sta facendo l’azienda? “Stiamo lavorando sulla retention incentivando iniziative aziendali perché i dipendenti sentano fortemente l’appartenenza, ma anche percorsi interni di coaching, di mindfulness, attività ludiche che sono molto apprezzate, in quanto si è compreso che adesso c’è una attenzione diversa da parte delle aziende nei confronti delle persone. Dal canto nostro abbiamo intrapreso un percorso di sei mesi per tutti i dipendenti e per tutte le filiali di Uvet”.

Un aspetto su cui Calabrese pone l’accento è l’importanza di far sentire i dipendenti parte attiva anche nella fase del recruiting, ecco perché tra le mosse del network c’è stata quella di avviare un programma dove i dipendenti diventano ambassador, “si fanno parte attiva, in questo modo abbiamo anche la garanzia della persona, perché se sponsorizza l’azienda in cui lavora vuol dire che ci crede”.

Sul fronte dell’attraction, Uvet sta collaborando con diverse università sul fronte dei percorsi formativi che ha in atto. La manager non nasconde che si avverte una certa fatica, in quanto si constata che, “per i giovani, quello nel turismo non è più un lavoro attrattivo”, per questo è importante far intravedere “percorsi di carriera precisi e chiari” perché possano sentirsi rassicurati nel poter fare dei progetti e vedere delle prospettive.

I giovani vogliono lo smartworking

Cosa chiedono i giovani oggi? Welfare e smartworking. Tra le domande poste c’è: “Quanti giorni ci date di smartworking a settimana? Noi abbiamo iniziato anni fa con il telelavoro. Ormai abbiamo il 40% di operatori che lavorano da casa il che è un doppio vantaggio, per loro è importante e lo è anche per noi in quanto rappresenta un considerevole contenimento di costi fissi”.

A dare un risultato effettivo e reale che Calabrese ha potuto constatare in questi ultimi due anni, è stato “ascoltare e capire le esigenze e cercare di conciliarle con quelle della azienda. In fondo non stanno chiedendo chissà che cosa – riconosce la manager di Uvet -. Se si lavora sulle richieste delle persone si può fare tanto. Un dato di fatto è che oggi i giovani vogliono lo smartworking, pertanto si cerca di conciliare questa esigenza, trovando delle soluzioni, magari pensando di concentrare lo smartworking tre mesi all’anno”.

Lavorare su welfare e flessibilità

Concorda su questi aspetti Claudia Costantini, hr manager Welcome Travel Group S p A, riconoscendo che si tratta di “problematiche comuni, anche noi stiamo lavorando tanto su attraction e retention. Si lavora con università e scuole per costruire insieme dei percorsi interni di stage nella azienda. Tra le difficoltà che a volte troviamo c’è la durata dei percorsi, in alcuni casi troppo lunga che fa scappare i ragazzi, in altri troppo corta, finalizzata al raggiungimento di crediti che poi non sono così interessanti per i ragazzi. Ci stiamo lavorando, negli anni abbiamo inserito tanti giovani, con profili e competenze importanti che abbiamo fatto crescere in azienda”. Secondo la manager ciò che oggi si deve fare è “creare degli spazi per loro, a volte abbiamo un middle management consolidato con competenze riconosciute all’interno della azienda che creano dei tetti. È qui che si deve lavorare per trovare percorsi alternativi per i ragazzi, progetti per coinvolgerli in situazioni nuove”.

Scardinare certe convinzioni

La pandemia ha portato una “instabilità del settore su cui si deve lavorare e si devono scardinare certe convinzioni, in questo scuole e università giocano un ruolo fondamentale. A volte mi sono sentita dire dai ragazzi che hanno finito la scuola, ‘vado a fare il cameriere in Germania perché mi pagano di più’, questo – afferma la manager – ci deve spingere a guardare di più al futuro, ai progetti, a ciò che il settore può offrire. Parliamo di mestieri tipici del nostro settore, ma anche di mestieri che non lo sono, ma che sono trasversali. Per esempio di competenze digitali, di It, ci confrontiamo con un mondo fuori che non è quello del turismo, che ha retribuzioni molto alte e che genera per noi dei costi elevati, ma ci confrontiamo anche con realtà che hanno opportunità che nel nostro settore facciamo fatica a dare”.

La manager constata anche che “la passione per il turismo da parte dei giovani è un po’ scemata, per cui occorre lavorare molto sul welfare, sulla flessibilità, dare la reale opportunità di coniugare vita privata e lavoro, che non è più solo lo smartworking come si credeva anni fa, cioè andare a prendere i figli a scuola per accompagnarli alle attività, in quanto oggi sono sempre di più i giovani a cercare lo smartworking, perché per loro è importante alle 18.30 andare in palestra, è fondamentale vivere la socialità del luogo in cui si trovano e su questo le aziende devono fare dei grossi passi avanti. Noi ci stiamo provando, stiamo lavorando in questa direzione, lavorando sulla formazione e creando quella disponibilità mentale che è fondamentale per accogliere giovani e talenti nuovi”.

Cambia l’identikit del giovane

Oggi è cambiato il profilo del giovane che si presenta a un colloquio. E’ quanto osserva Amanda Schupbach, hr development manager Gruppo Gattinoni. A suo dire il tema della retention ha vissuto “una emergenza nel post pandemia che sta scemando. Adesso il vero tema è renderci attrattivi per le nuove assunzioni, in particolare per i giovani”.

Sono due i temi fondamentali. Uno è legato alla “possibilità di crescita, al prevedere dei percorsi da fare per chi entra in azienda, considerando anche che altri settori offrono percorsi molto più rapidi nella crescita”. L’altro tema evidenziato dalla manager è legato al fatto che “oggi i professionisti del settore turistico viaggiano meno rispetto a prima. Una volta si lavorava nel settore per viaggiare, invece, adesso molti giovani che fanno il loro ingresso nel travel hanno meno opportunità in tal senso, che è poi l’attrattiva maggiore del nostro settore. Dal canto loro i giovani sicuramente desiderano viaggiare, basta vedere i post su Instagram”.

La manager non concorda con la visione di un mondo giovanile pigro e non desideroso di fare sacrifici, “non corrisponde alla maggior parte dei giovani che vedo”, afferma. A suo dire si devono anche diversificare i tipi di profili, “su quelli universitari abbiamo una partnership anche noi con la Bicocca e quest’anno abbiamo inserito molti giovani motivati e con tanta voglia di fare. Si parla di una fascia di persone che di solito ha all’attivo cinque anni di università e che si aspetta un certo tipo di ruolo, ma ricordiamoci che nelle nostre aziende ci sono tanti impieghi che non sono per chi ha fatto un percorso universitario e al momento sono questi i giovani che dobbiamo cercare di attrarre maggiormente anche perché son quelli con cui facciamo più fatica ad entrare in contatto”.

Comunicare il turismo

La manager non ha dubbi, “si deve cercare di comunicare il nostro lavoro, oggi le adv hanno una maggiore libertà rispetto a prima, perché possono effettuare ricerche che prima non potevano fare, possono combinare i servizi in modo diverso. E’ pertanto un lavoro attrattivo, ma si deve comunicare”.

Un concetto su cui Milani concorda completamente, cioè “rendere più attrattivo il nostro settore” e ai tre network lancia la proposta di portare delle testimonianze concrete di persone che sono cresciute nelle loro aziende, per raccontare il loro percorso, il tipo di lavoro che fanno, le loro esperienze. E’ un campo su cui lavorare tutti assieme per comunicare il turismo con un messaggio positivo.

Stefania Vicini

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