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Osmotica e fluida l’ospitalità del futuro sarà così

Osmotica, fluida, in grado di combinare le esigenze del turista e del residente, entrando in relazione con il territorio. L’ospitalità del futuro sarà così. Anzi lo è già, perché i suoi tratti distintivi si possono individuare oggi, guardando l’offerta attuale, che si presenta ricca e diversificata.

Siamo di fronte ad una nuova era dell’ospitalità. E il compito di analizzarla lo ha avuto Magda Antonioli, senior professor Università Bocconi e vice presidente European Travel Commission, durante il suo recente intervento in occasione dell’incontro sul tema “Ospitalità del futuro: da servizio rivolto al turista a luogo aperto al territorio e alla collettività”.

Accanto a lei, a testimoniare come gli spazi oggi si aprano al territorio, tre figure dell’ospitalità, Marco Piva, founder Studio Marco Piva, Maurizio Lai, architetto e designer ed Ettore Cavallino, senior director development luxury brands Europe & North Africa, Gruppo Accor, che si sono soffermati su progetti di ristrutturazione, di recupero e brand del lusso. Antonioli, invece, ha posto l’accento sull’hospitality, collegandola al turista, partendo dall’assunto che “nessuno si reca in un albergo per dormire, ma per fare qualcosa sul territorio”. Ecco quindi che la manager ha messo insieme tutti gli elementi chiave che compongono il mosaico che oggi  abbiamo davanti ai nostri occhi.

L’offerta ricettiva oggi

Architetti ed hotellerie hanno avuto modo di illustrare i loro progetti, quelli già realizzati e quelli in fieri, ponendo l’accento su più temi, tra questi è stato introdotto anche un ragionamento economico, con la consapevolezza che si devono “fare dei conti con dei centri di costo che nel caso degli alberghi di fascia più alta stanno diventando dei ricavi – ha sottolineato Antonioli -. Le nuove forme di ospitalità, sono osmotiche, abbracciano tanti aspetti – afferma -, ma soprattutto riguardano un incrocio fluido con varie funzioni per i residenti non solo per il turista, anche se l’albergo nasce per quest’ultimo”.

Come si compone l’offerta oggi? E’ molto ricca e va dai B&B ai Club, “ma ci sono anche gli studentati per gli studenti, i bike hotel, i lifestyle, i boutique hotel che si spostano anche su numeri inferiori. Le catene – afferma – entrano con 50, 60 chiavi, sono soprattutto suite. C’è anche il glamping di lusso, abbiamo tantissime forme in cui queste persone si mettono in gioco, non si parla solo del 5 stelle super lusso, ma anche di tante altre strutture tra ville e affitti”. Il settore conta 33mila imprese, che si sono ridotte in un anno a 32mila, ma che arriveranno a 29mila, “perché stanno chiudendo delle strutture, che forse dovevano essere chiuse anche prima, adesso si investe sulla qualità”.

Cosa chiede il turista

Da un lato ci sono i turisti che si muovono per conoscere, fanno esperienze, “hanno sempre più interesse a frequentarsi, alimentano un turismo di ritorno in Italia, vogliono un aspetto di lusso e di tipicità del territorio che in questo momento viviamo di più nelle catene straniere – sottolinea Antonioli -, che dobbiamo ringraziare perché promuovono il nostro prodotto e lo fanno benissimo, dando spazio alla nostra artigianalità”. Il che ci deve portare a fare un esame di autocritica, nel nostro caso, dovremmo “organizzarci per promuovere meglio le nostre tipicità e i nostri territori”, esorta Antonioli.

Gli elementi chiave forniti dal cliente sono chiari, “la gente cerca un turismo più attento al benessere, è tutta una ricerca di motivazioni, c’è chi vuole fare il viaggio da solo, ma non vuole restare da solo”. Può capitare che la persona di età più avanzata si rechi “nello studentato e voglia la camera, desideri mangiare lì, vedere le persone, lasciandosi conquistare da un’idea di co-working, questa è la società che ci aspetta“. La si vive in città, ma riguarda anche i centri minori che si stanno sviluppando tanto, “prima quando mai le catene uscivano dalle città d’arte e si spostavano su piccole dimensioni?”.

Antonioli riconosce che c’è un fermento che “premia il nostro Paese e premia la qualità”. Guardando al panorama alberghiero si ha che “le strutture a una o due stelle sono scomparse, anche i tre stelle hanno bisogno di essere ristrutturati. Nel caso dei 4 stelle superiori e dei 5 stelle lusso con catene o senza, ci sono dei casi fantastici, ci troviamo in una realtà molto importante. Cambia la gestione, una volta si avevano i muri, c’erano i proprietari, l’albergo individuale, adesso si va verso alberghi meno individuali, più strutturati, messi a rete. Chi fa la gestione non sono i proprietari, che spesso sono i fondi. Questa è la realtà che ci si trova di fronte. Un lusso che ci vede protagonisti nella parte di incentivo, ma non solo. Abbiamo 380 mld di fatturato di lusso solo italiano, che cresce. Abbiamo un design molto operativo”.

Il legame con il territorio

Però, ciò che è importante è che “non si deve abbandonare l’idea di cosa cerchi il turista, ci si deve muovere in una direzione attenta alla qualità, non possiamo permetterci di abbassare la guardia. La qualità c’è anche nelle strutture a 1 stella, perché la struttura è sempre più collegata con il territorio”. Ciò che preme ad Antonioli è focalizzare l’attenzione sul fatto che il “turista cerca l’ambiente, il settore si muove in questa direzione e la tecnologia è il partner che aiuta a conoscere cosa cerca”.

La riscoperta dei luoghi minori

E’ stato osservato anche che le nuove strutture riscoprono i territori che sono stati lasciati andare e anche questo è turismo sostenibile. Il borgo, l’Italia minore, “che può essere fondamentale per noi, perché si riscoprono dei percorsi, ma ci deve essere una mobilità – dice Antonioli -, magari lenta, non necessariamente l’Alta velocità perché non avrebbe senso”.

E’ una fruizione lenta del territorio “con fil rouge che sono i percorsi, è questo ciò che si intende come minore, utilizzabile senza la massificazione, perché il lusso, anche se democratico e democratizzato, è contrapposto alla massificazione”.

Stefania Vicini

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