Punto di svolta per le agenzie “in-store”

La chiusura delle agenzie di viaggio “in-store” è un fenomeno che si sta diffondendo su scala mondiale, segnando un vero e proprio punto di svolta nel settore del travel retail. La pandemia ha certo accelerato la digitalizzazione del modello di agente di viaggio, creando più chiusure di negozi man mano che le agenzie su strada passano alle operazioni online. Ma questo – come spiega un’analisi di GlobalData – è anche frutto di un adattamento necessario al cambiamento delle preferenze dei consumatori.

“La sopravvivenza a lungo termine delle agenzie di viaggio in-store è stata discussa per diversi anni per via della crescente popolarità delle prenotazioni online – argomenta Johanna Bonhill-Smith, travel & tourism analyst di GlobalData -. Il successo nel 2021 dipenderà in gran parte da buoni livelli di cash-flow, un’area in cui le agenzie di viaggio online (Ota) continuano ad essere un passo avanti rispetto alle agenzie tradizionali in stile mattone e malta, grazie ai loro modelli di business asset light“.

Solo il 17% degli intervistati globali nel sondaggio sui consumatori del terzo trimestre 2019 di GlobalData ha dichiarato di aver prenotato con un agente di viaggio in-store, dimostrando che prima del Covid-19, la prenotazione in-store stava già diminuendo in popolarità. Un sondaggio più recente di GlobalData, cher risale al dicembre 2020, ha poi messo in luce che il 47% degli intervistati globali comprerebbe più prodotti online piuttosto che visitare un negozio e il 60% farebbe operazioni bancarie online nel new normal”.

“La mancanza di entrate e l’alta richiesta di rimborsi – spiega Bonhill-Smith – ha richiesto un grosso sacrificio a molte agenzie di viaggio tradizionali. Gli alti costi fissi, compresi gli affitti sulle vie principali, avrebbero impoverito ulteriormente le riserve di liquidità degli agenti in-store rispetto alle Ota. Le chiusure dei negozi sono state considerate essenziali per molti semplicemente per rimanere a galla durante il 2020 e alcune sono state rese permanenti“.

Sta Travel, uno specialista di voli a lungo raggio con più di 50 negozi nel Regno Unito, ha dovuto cessare l’attività nell’agosto 2020 perché i costi si stavano accumulando in un momento in cui le entrate erano scarse. Flight Centre ha chiuso 421 dei suoi 740 negozi durante la pandemia, mentre Hays Travel ha dichiarato che si aspetta di operare un ritorno “ibrido” alla vendita al dettaglio con alcuni negozi che riaprono e altri che rimangono chiusi in relazione alla tabella di marcia del governo britannico. Molti dipendenti hanno dichiarato di essere felici di lavorare da casa, il che potrebbe comportare la chiusura di più negozi permanenti. Il tour operator Tui è il più recente ad annunciare che prevede di chiudere altre 48 filiali nel 2021. Questo, in aggiunta ai 166 negozi Tui che sono stati chiusi nel 2020, lascia l’azienda con circa 314 filiali mentre mira a digitalizzare le sue operazioni.

Bonhill-Smith aggiunge: “Ora si riduce alla sopravvivenza del più adatto. Il rollout delle vaccinazioni in tutto il mondo, insieme al presunto rilascio di passaporti vaccinali digitali, ha offerto un faro di speranza per il settore dei viaggi. Tuttavia, la notizia di nuove varianti del virus, unita ai blocchi in corso in tutta Europa, suggerisce che il 2021 sarà ancora un anno lontano dalla normalità”.

Le tradizionali agenzie di viaggio in-store sono state sempre più sotto pressione per rimanere competitive all’interno del mercato globale. Minori sono i costi fissi per le agenzie di viaggio, maggiore sarà la loro flessibilità nel servire lo spazio di viaggio futuro. Pertanto, è probabile che seguiranno altre chiusure di negozi mentre entreremo nella new normality.

Detto questo, il discorso calato nella realtà italiana fa riflettere sulla selezione dei partner che i principali tour operator italiani stanno operando all’interno della propria politica commerciale. Uno sfrondamento in parte dovuto ad una numerica che si sta progressivamente ridimensionando e che mette in luce come sia aumentata proporzionalmente la quota di punti vendita affiliati ad un network. Nel caso di Costa Crociere, poi, la scelta di lavorare con 5500 adv racconta più di una semplice selezione, visto che metà delle agenzie sono di proprietà.

Laura Dominici

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